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Wuhan, la Sarajevo del dragone cinese

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Se l’attentato di Sarajevo del 1914 portò, dopo 51 mesi di guerra, alla farsa della conferenza della pace di Versailles dove, in realtà, i vincitori pensarono soltanto a spartirsi i dividendi territoriali sottratti ai vinti, il Coronavirus di Wuhan porterà, più semplicemente, alla spartizione di dividendi aziendali da parte dei soliti pescecani
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Chissà quale follia collettiva s’impadronì dell’Europa e del mondo intero all’indomani del 28 giugno 1914, quando a Sarajevo un giovanissimo patriota serbo-bosniaco uccise in un attentato l’erede al trono asburgico e la moglie. Sì, perché esattamente ad un mese da quella data entrarono in una guerra che sarebbe durata 51 mesi Serbia, Austria-Ungheria, Germania, Turchia, Regno Unito, Russia, Francia, Italia, Stati Uniti e il Giappone, mobilitando 70 milioni di uomini, dei quali un settimo non fece più ritorno a casa. Per quanto all’epoca le nazioni belligeranti facessero parte di due opposti sistemi di alleanza militare, eccetto la Germania che soffiava sul fuoco, nel 1914 una guerra mondiale in realtà non la voleva nessuno, eppure si fece, con un effetto a catena che oggi è più facile disaminare ma che all’epoca non compresero neppure gli stessi belligeranti.

A questo punto qualcuno si starà domandando come sia stato possibile trovarsi coinvolti in una guerra senza volerlo. È possibilissimo, perché una dichiarazione di guerra, chiunque la faccia, mette in moto dei meccanismi di necessità, di opportunità, di paura e di coinvolgimento emotivo molto difficile da tenere separati sicché, miscelandosi, essi finiscono fatalmente per dar luogo ad incontrollabili esplosioni.

Ebbene, la Sarajevo di questi giorni si chiama Wuhan ed è una città di 11 milioni di abitanti che, trovandosi situata nella Cina Centrale, è un centro nevralgico per il movimento di persone e merci attraverso quel grande Paese, una caratteristica questa che è diventata una maledizione. Infatti a Wuhan, che ha lo stesso numero di abitanti della Repubblica Ceca, un mese fa è comparso il Coronavirus 2019-nCoV il quale, dopo avere attraversato tutta la Cina è arrivato anche in Europa e, considerato che per ogni sette uomini che circolano sulla terra uno è cinese, è facile ipotizzare che il nuovo virus si propagherà in tutto il mondo senza, tuttavia, provocare lo spopolamento della terra.

Questa evenienza, peraltro, non giustifica le reazioni che stanno prendendo i leader di molti Paesi sull’onda dell’emotività di fronte al fatto che, fino a ieri, il coronavirus ha provocato 304 morti e 14.500 infetti in Cina, 18 casi in Europa dei quali due in Italia, sette negli USA, due casi in Russia e uno soltanto mortale nelle Filippine. Considerato che la Cina ha un miliardo e mezzo di abitanti, possiamo realisticamente parlare di un numero di morti insignificante dal punto di vista della statistica, appena il 2% degli infettati, rispetto al 15% di mortalità causato dal virus della SARS e al 30% causato dal virus della MERS. Ma il raffronto si fa ancora più rassicurante in termini di statistica se pensiamo che in Italia, che per numero di abitanti è appena un ventiquattresimo della popolazione cinese, nel 2018 i morti per influenza stagionale furono 115 (fonte: Istituto Superiore di Sanità), cioè appena duecento in meno di quelli provocati finora dal Coronavirus 2019-nCoV in un Paese che ha un miliardo e mezzo di abitanti! Insomma, numeri alla mano, il nuovo virus non sembrerebbe più pericoloso di quelli dello stesso ceppo che l’hanno fin qui preceduto.

Eppure, al cospetto di questi dati, invece di unire gli sforzi per produrre nel più breve tempo possibile un vaccino specialmente dopo che il virus incriminato è stato isolato da nostri  ricercatori dell’Istituto Spallanzani, i governi stanno perdendo la trebisonda. Quello italiano, ad esempio, seguendo sempre la solita scia dell’emotività, dopo aver dichiarato l’emergenza sanitaria, ha dato il via libera alla circolazione di merci provenienti dalla Cina; dopo aver dichiarato di non voler chiudere le frontiere, ha disposto il blocco dei voli aerei da e per la Cina; ha consentito il libero accesso a scuola dei bambini cinesi che ultimamente sono stati in madrepatria ed ha disposto, invece, la quarantena per gli italiani che saranno rimpatriati dalla Cina col ponte aereo. Oddio, per propensione all’irrazionalità della politica non siamo i soli se pensiamo che, senza avere in mano dati di pericolosità imminente, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato l’emergenza globale, gli USA hanno dichiarato lo stato di emergenza nazionale, la Russia ha chiuso i confini con la Cina, il Regno Unito ha rimpatriato il proprio personale diplomatico, l’Australia ha interdetto l’accesso ai visitatori provenienti dalla Cina e che tutti i governi del mondo si stanno regolando, suppergiù, allo stesso modo. Perché tanta esagerazione? Forse che l’ONU, l’Unione Europea e gli altri governi sanno qualcosa che noi comuni mortali non sappiamo? Perché, a fronte di qualche centinaio di morti Li Keqiang, il primo ministro di un Paese che viaggia con un PIL in rialzo al 6,2% come la Cina, ha chiesto medicine e supporti sanitari all’Unione Europea?

Come si vede sono molte le domande che fino a questo momento non hanno trovato una risposta convincente e, pertanto, ogni ipotesi trova legittimità purché sensata, e quella della fuga di agenti patogeni da un laboratorio di Wuhan secondo noi non lo è… figuriamoci se, con l’intelligence che hanno, gli americani avrebbero lasciato passare sotto silenzio un accadimento del genere in casa del loro più acerrimo competitore! Ma, allora, chi è che sta soffiando sul fuoco della paura? Perché la corsa al riarmo psicologico, ai provvedimenti straordinari dopo lo scoppio della bomba patologica a Wuhan, una città che, per gli effetti a catena che sta producendo, può essere considerata la Sarajevo cinese? Beh, le risposte a queste domande potrebbero essere tante ma ne azzardiamo soltanto alcune.

A soffiare sul fuoco della paura sono gli stessi leader globali che, impegnati tra di loro in una sorta di gara a chi prende il provvedimento più drastico per arginare una pandemia che non c’è, stanno perdendo di vista il vero obiettivo, che sarebbe quello di tutelare la salute dei loro cittadini, solo per rincorrere il consenso e, soprattutto, per fissare obiettivi che con la stessa salute hanno poco a che fare. E, d’altronde, che non tutti gli obiettivi dei governi siano nella circostanza tesi esclusivamente alla salvaguardia della salute pubblica lo ha affermato a chiare lettere il segretario al commercio statunitense, Wilbur Ross, in un’intervista: «Accelererà [il Coronavirus] il ritorno di posti di lavoro nel Nord America, sia negli Stati Uniti sia probabilmente in Messico». Non sappiamo se le previsioni di Ross si avvereranno, sta di certo che, a causa dell’infezione in atto, le importazioni dalla Cina subiranno una certa contrazione anche perché, a causa del virus, molte aziende operanti in Cina hanno iniziato a ridurre, o addirittura a sospendere, le loro attività.

E non crediamo che altrove i calcoli generali siano, alla fine, così diversi da quegli degli USA perché, diciamo la verità, sotto sotto fa piacere ai Paesi, che arrancano dietro a un PIL che non cresce da anni, vedere lo strapotere economico del gigante asiatico nella polvere a causa di un virus “pompato” ad arte. La ragione è semplice: se la Cina che lavora sottocosto esporta meno, loro vendono di più.

E, poi la paura per quella che ormai viene presentata come la peste nera del nuovo millennio scatenerà la corsa al vaccino non appena questo sarà disponibile. Immaginate che cosa significherà dover produrre e vendere circa 8 miliardi di vaccini per quanti sono gli abitanti della terra? Voi magari no, ma le dieci multinazionali del farmaco certamente sì.

Come dire che se l’attentato di Sarajevo del 1914 portò, dopo 51 mesi di guerra, alla farsa della conferenza della pace di Versailles dove i vincitori pensarono soltanto a spartirsi i dividendi territoriali, il Coronavirus di Wuhan alla fine porterà, più semplicemente, alla spartizione di dividendi aziendali.

E così anche questa “guerra” l’avranno vinta i pescecani.

 

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