Vorrei dire anche io qualcosa sul Mes
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Per risparmiare 5 miliardi in dieci anni, dovremmo rischiare di venir commissariati ed essere assoggettati allo stesso scempio fatto in Grecia, cioè costretti a vendere le industrie gioiello, porti, aeroporti, a subire tagli al welfare e ai salari con un danno ben superiore al misero risparmio. Nessuno rischierebbe tanto per così poco. E infatti nessun Paese in difficoltà sta attivando il Mes: né Grecia, né Spagna, né Portogallo. E allora viene da domandarsi perché il PD ne fa il padre di tutti i buoni investimenti
– Silvio Cortina Bascetto –
Il dibattito sull’utilizzo, o meno, da parte dell’Italia del famigerato Mes è diventato centrale, non solo per la sua rilevanza economica ma anche per l’influenza sul futuro del governo. Vediamo i fatti a linee generali. L’utilizzo del Mes ci consentirebbe di risparmiare 5 miliardi di interessi in dieci anni su di un prestito di 37 miliardi. È da tenere ben presente, però, che è pur sempre un prestito, non sono soldi regalati, andranno restituiti sia pure con interessi minimi o addirittura zero. E qui finiscono i lati positivi.
Vediamo, invece, i suoi lati in ombra o addirittura negativi. Il Mes viene erogato sub condicione, cioè con delle condizioni alle quali il Paese richiedente si deve attenere, in primis deve avere un debito pubblico sostenibile e un piano di rientro nei parametri europei. Nel caso tali condizioni non siano soddisfatte il Paese debitore viene di fatto commissariato, come dire che da quel momento la sua politica economica è subordinata a una commissione che detta gli interventi da farsi a seconda della gravità della situazione, come tagli al welfare, nazionalizzazioni, tagli alle pensioni, tagli ai salari, aumenti di tasse, eccetera.
Per venire incontro ai Paesi membri colpiti dalla pandemia, il commissario europeo per l’economia, Gentiloni, e il vice presidente della commissione europea, Dumbrovskis, hanno assicurato che i soldi del Mes potranno essere richiesti e fruiti senza le accennate condizionalità se, però, finalizzati a spese sanitarie relative alla crisi epidemica e, essendo essi i “controllori” del fondo dovremmo stare teoricamente tranquilli. Ed è qui è la trappola.
E sì, il Mes è regolato – nero su bianco – da un trattato sottoscritto dai governi dell’Unione Europea a trazione franco-tedesca, mentre le assicurazioni del nostro commissario europeo e del vice presidente della commissione europea sono soltanto parole, hanno perciò un valore molto relativo. Perché? Perché se questi personaggi, o anche uno soltanto dei due (ma chi li ha mai votati?) dovessero lasciare il posto che adesso occupano per un qualunque motivo, anche personale, chi ci dice che il loro successore la penserebbe allo stesso modo? Siccome io sono come la buonanima di Andreotti perché valuto che in politica a pensar male s’indovina sempre, chi ci dice che se avvenisse un cambio di governo con maggioranza di centrodestra i due suddetti signori non si rimangerebbero la parola adducendo, magari, mutate condizioni economiche o errata politica economica del governo che impedirebbe loro di chiudere gli occhi, come promesso, sul nostro enorme debito? Ad esempio, nel caso venisse approvata una flat tax … .
Eppure secondo qualche benpensante noi, per risparmiare 5 miliardi in dieci anni, dovremmo rischiare di venir commissariati ed essere assoggettati allo stesso scempio fatto in Grecia, cioè costretti a vendere le industrie gioiello, porti, aeroporti, a subire tagli al welfare e ai salari con un danno ben superiore al misero risparmio. Con l’aggravante che sta per iniziare il semestre europeo della Germania e della Merkel che, giusto per ricordare, quando le toccò nel 2008 addomesticò/ignorò le risultanze del referendum con il quale nel 2005 francesi e olandesi avevano bocciato la Costituzione europea facendo digerir loro un “nuovo” trattato europeo.
Con tali premesse e prospettive, penso che nessuno rischierebbe tanto, per così poco. E infatti nessun Paese in difficoltà sta attivando il Mes: né Grecia, né Spagna, né Portogallo. E allora viene da domandarsi perché il PD ne fa il padre di tutti i buoni investimenti. È semplice: il PD vuole il Mes perché sa che nel giro di pochi anni il nostro enorme debito pubblico farà scattare comunque le “clausole di rientro” e così il governo in carica sarà costretto a un piano lacrime e sangue per ridurre il debito. Sicché se ci saranno loro a Palazzo Chigi diranno che è l’Europa che ce lo impone, se ci invece ci sarà il centrodestra, allora diranno che è colpa della politica economica sbagliata.
Lascio indovinare a voi chi verserà sangue e lacrime come le nazionalizzazioni, la super patrimoniale, la supertassa sulla casa, l’aumento dell’Irpef, l’aumento tariffe: tutta una “cura” pensata apposta per il ceto medio. Qual è lo scopo pratico? Riportare il debito a una frazione ragionevole del PIL, magari all’80%, il che significa ridurlo di 700 miliardi di euro, e così poter ricominciare ad utilizzarli per ciò che più piace alla sinistra: la spesa assistenziale parassitaria che gli può permettere di riconquistare voti, l’importazione di clandestini dall’Africa per far lucrare le munifiche cooperative rosse e avere, nel contempo, manodopera a basso costo da sfruttare. Senza contare che poi con una bella sanatoria e uno ius soli questi poveracci saranno i loro elettori del futuro.
E non ha importanza se per ottenere tutto questo si renderà il nostro Paese più povero e spogliato di interi settori produttivi. D’altronde questa è stata sempre la storica risultante dell’applicazione ideologica delle ricette economiche della sinistra: più povertà ma, ovviamente, democraticamente distribuita.
No grazie.