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Urgono due vaccini, uno per il coronavirus e l’altro per i globalisti

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Quello al quale stiamo assistendo in queste ore è un gigantesco funerale che, oltre ad avere interessato più di 8.000 deceduti in pochi giorni, sta accompagnando al cimitero anche  la democrazia, coinvolgendo la nostra percezione e qualità del tempo ed è normale, se esse vengono contenute entro limiti fisiologici, che s’ingenerino irrequietezza, noia, nervosismo, impazienza e frustrazione tra gli individui, dei deficit psicologici ai quali una classe dirigente e scientifica da incubo orwelliano non riesce a fornire risposte e soluzioni, a fronte di organismi comunitari che rischiano di implodere da un momento all’altro

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I periodi d’inattività forzata e di confinati in casa, come quello che stiamo vivendo a causa del coronavirus, sono deleteri per l’individuo civilizzato e iperdinamico perché alterano la sua percezione del tempo che, se inizia a scorrere più lentamente dell’abituale, finisce con l’inibire alcuni suoi stimoli interni ed esterni, oltre al suo già tormentato rapporto col presente, col futuro e con i propri simili. Sicché l’emergenza sanitaria in atto, condannandoci a rimanere prigionieri della nostra casa, come dire fisicamente separati dai nostri simili, e dal branco, ha realizzato l’inconfessato sogno dei globalizzatori poiché è riuscita a “virtualizzare” la nostra vita e il nostro tempo grazie alla tecnologia informatica.

Al riguardo e per conto della Società Nescafé, l’Istituto Doxa ha condotto una ricerca su di un campione rappresentativo di 600 italiani compreso nella fascia di età 18 – 64 anni sul tema Italiani e il valore del tempo con il dichiarato obiettivo di voler «… sensibilizzare la community sul valore del tempo attraverso ispirazioni e suggestioni su come farlo al meglio e un nuovo esperimento sociale volto a emozionare gli italiani, coinvolgendoli con il racconto di storie reali in cui questi momenti trovano un nuovo significato fatto di gesti, connessioni e relazioni». Sicché a seguito di domande del tipo che percezione hai del tempo oppure come vivi momenti apparentemente senza significato, il 40% degli italiani ha evidenziato il disagio di vivere momenti di scarso valore, e tra questi i giovani e, soprattutto i giovanissimi, sono una netta maggioranza. Gli ultra quarantacinquenni, invece, pare di capire che neppure se le pongano certe domande e, secondo noi, se ne capisce bene il perché: un giovane può “pensarsi addosso”, un soggetto dalla mezza età in poi ha, di solito, una famiglia alla quale deve provvedere e il cui benessere e/o malessere, specialmente in momenti difficili come questi che stiamo vivendo, è il “suo” valore del tempo in rapporto a tutto il resto.

Non ci esprimiamo, per carità, sulla giustezza dello studio della prestigiosa Doxa perché non siamo psicologi e neppure sociologi; sulla sua dubbia utilità però sì, mentre nel nostro Paese stanno morendo in media settecento persone al giorno a causa del coronavirus e, a dirla tutta, troviamo lo studio un po’ grottesco, come certa pubblicità delle agenzie di pompe funebri.

D’altronde quello al quale stiamo assistendo in queste ore è un gigantesco funerale che, oltre ad avere interessato più di 8.000 deceduti in pochi giorni, sta accompagnando al cimitero anche la democrazia, coinvolgendo la nostra percezione e qualità del tempo. È normale pertanto – e non ci voleva la Doxa per capirlo –  che se esse vengono contenute entro limiti fisiologici s’ingenerino irrequietezza, noia, nervosismo, impazienza e frustrazione tra gli individui, dei deficit psicologici questi ai quali una classe dirigente e scientifica da incubo orwelliano non riesce a fornire risposte e soluzioni, a fronte di organismi comunitari, come l’UE, che rischiano d’implodere da un momento all’altro.

Il problema da porsi, semmai, dovrebbe essere capire come, sul piano pratico più che su quello psicologico, gli italiani pensino si debba porre rimedio a questa situazione che sul medio termine certamente finirà con l’annichilirci tutti quanti, svuotandoci di stimoli e di capacità reattiva di fronte all’incalzare della nera armata della speculazione globale che, grazie a quella che in un suo saggio la scrittrice Naomi Klein ha definito shock economy, proverà ad arruolare sterminate masse di nuovi schiavi tra i sopravvissuti del coronavirus.  D’altronde, nel corso della sua storia l’Italia ha già vissuto l’esperienza rappresentata dalla Klein nel suo saggio come, ad esempio, dopo la peste nera del Milletrecento e la febbre spagnola d’inizio Novecento giacché questi morbi, in periodi pur molto distanti nel tempo, sterminarono complessivamente quasi la metà degli abitanti del nostro continente con conseguenze sulla storia che ci condizionano ancora oggi. Nel Trecento, allo spopolamento demografico operato dalla peste seguì l’abbandono di terre ed attività che, niente di nuovo sotto il sole, furono accaparrate dai capitalisti del tempo per quattro soldi e che, grazie alle nuove ricchezze, alcuni di essi poterono dar vita alla rutilante dittatura delle Signorie.  Invece, dopo la febbre spagnola, che coincise anche con la fase finale della Grande Guerra, nacquero in Europa altre brutali dittature del capitale che nel caso italiano ebbe il volto del fascismo.

Per concludere, secondo noi in questo momento agli italiani non serve un’indagine statistica per conoscere il valore che essi stanno dando al tempo nell’era del coronavirus ma, più semplicemente, essi hanno bisogno della “certezza del tempo futuro”, quella che, grazie ad una classe dirigente da incubo orwelliano, ormai non hanno più già da tempo.

 

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