Tirare i sassi alle istituzioni è sempre pericoloso per la democrazia
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Il concetto di sacralità di un popolo va di pari passo con quello della Salus pubblica che non può esistere senza la moralità delle istituzioni, e queste purtroppo non lo sono affatto, incarnate come sono da personaggi politici ai quali, paradossalmente, abbiamo messo in mano le sorti del nostro Paese benché nella vita reale non affideremmo loro neppure la gestione di un condominio, per paura che si vendano pure l’inferriata del giardino
– Enzo Ciaraffa –
Nell’articolo pubblicato lo scorso 24 maggio (https://www.vincenzociaraffa.it/una-ragazza-pericolosa/) attribuimmo una certa pericolosità sociale alla nuova segretaria del Pd Elly Schlein: il nostro non era un giudizio di merito ma soltanto morale e politico. Questo il passaggio che dava senso all’articolo in questione: «…lo Stato centrale è oggi debole più di ieri, sia rispetto all’Europa, sia per dinamiche interne che esterne […] A tutto questo aggiungeteci una signorina americana, milionaria, che paga trecento euro l’ora una persona soltanto per farsi dire come abbinare i colori e che, indossando giacche di una taglia più grande, pensa a giocare all’anarco-comunista». Per farla breve, secondo noi, il ribellismo, anche nei confronti delle istituzioni, padre di ogni licenza, che ha ripreso a serpeggiare nella nostra società ha varie cause, alcune anche remote, solo che adesso, con l’avvento di una radicale di sinistra alla segreteria del Pd, i ribellisti pensano di aver trovato la loro Pasionaria e lei il suo esercito.
Tutto questo, ovviamente, non ha nessun legame diretto con la professoressa accoltellata dallo studente di Abbiategrasso perché aveva avuto un brutto voto, né con lo sconcertante assassinio di Giulia Tramontano a Senago da parte del compagno e padre del bambino che portava in grembo, tantomeno ha a che vedere con l’anziano di Monopoli che, dopo una lite con la figlia, è salito in auto e l’ha uccisa investendola, e tuttavia è indicativo del clima morale che aleggia su di una società che di tutto ha bisogno fuorché di ribelli un tanto al chilo. Ma anche se la segretaria del Pd è una persona perbene, cosa di cui noi siamo convinti peraltro, e pur non avendo intenzione d’indugiare nel modus operandi della sua parte politica, che a momenti addebita al governo in carica anche il diluvio universale, sta di fatto che il clima sociale in Italia si sta riscaldando (per molte ragioni) e la nuova segretaria del Pd sta contribuendo parecchio al rialzo della temperatura con il suo radicalismo politico che, beninteso, è legittimo ma fuori posto in questo momento storico dove ognuno, anche e soprattutto da posizioni diverse, dovrebbe dare il proprio contributo costruttivo per uscire dalla merda dove ci hanno lasciato settant’anni di politica consociativa centri+sinistre.
Tra l’altro, in un contesto politico e sociale così deteriorato, dove le istituzioni civili e perfino la Chiesa non stanno dando un bell’esempio di sé, dove la macchina della Giustizia è sempre più inefficiente e politicamente schierata, dove aumenta di giorno in giorno un generalizzato senso d’impunità negli individui, l’assassinio pare essere diventato un evento banale, un fatto di ordinaria bestialità o, peggio, un dato statistico, e non il sacro dramma della nostra esistenza.
Però, il concetto di sacro va di pari passo con quello della Salus pubblica e delle istituzioni ma, ahinoi, quest’ultima non può esistere senza la moralità delle istituzioni medesime che non lo sono affatto, se non altro perché incarnate da personaggi politici ai quali, paradossalmente, abbiamo messo in mano le sorti del nostro Paese pur se nella vita concreta non affideremmo loro neppure la gestione di un condominio, per paura che si vendano pure l’inferriata del giardino.
Ecco, questo è l’humus mentale e morale nel quale dovrebbe nascere la pianta delle virtù dei cittadini, ovvero l’ossequio generalizzato alle leggi dello Stato, alle istituzioni, la dedizione allo studio inteso come dovere verso se stessi, la propria famiglia e la società, la concezione della sacralità della vita umana, il rispetto per le donne, l’amore per i bambini e per gli indifesi. Per dirne soltanto alcune. Ebbene, se a tutto questo aggiungiamo il lievitante ribellismo sociale con il quale abbiamo aperto questo contributo, si capisce perché la cosa più saggia da farsi in un momento storico così particolare sarebbe quella di non esasperare gli animi e le posizioni politiche gratuitamente.
Con ciò cosa vogliamo dire, di limitare il diritto previsto dall’articolo 49 della nostra Costituzione dove si afferma che «Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale»? Per niente!
E allora immaginiamo che vi stiate domandando se è possibile coniugare i diritti sanciti dalla suprema lex con la saggezza politica. È possibilissimo, anzi, possiamo sostenere che la nostra Costituzione, a differenza della Carta dei diritti di alcuni Paesi che si fonda sul presupposto contrario (la pericolosità del potere politico…), dà per scontata la saggezza della politica. Ma se le cose stessero veramente così, allora si dovrebbe appartenere alla sinistra radicale, o di qualsiasi altro partito e/o movimento, senza diventare fiancheggiatore morale di chi impedisce l’applicazione dei precetti Costituzionali. Per esempio, in un contesto politico “saggio” si dovrebbe essere partigiani e antifascisti (o anti qualsiasi cosa) senza per questo diventare dei fascisti di segno opposto; si potrebbe non condividere le idee di una persona senza per questo impedire di esprimerle civilmente; si potrebbe avere a cuore la sorte del pianeta senza prendersela con la bellezza e con l’arte, due concetti che hanno fatto emergere l’umanità dalla preistoria.
E veniamo alle domande finali che, a ben vedere, hanno in sé anche le risposte: veramente c’è qualcuno in Italia che pensa possa nascere qualcosa di buono per il Paese in questo pot-pourri di impunità, di cieca passione, d’inadempienze e di esasperazione delle tensioni sociali come linea politica? Qualcuno è davvero convinto che il legare mani e piedi alle forze dell’ordine possa giovare all’ordine pubblico?
Chi segue il nostro blog la risposta a questa domanda può bene immaginarla e, peraltro, essa non sarebbe molto diversa da ciò che pensava nel 1974 una persona assolutamente sopra le parti: «A me non fa tanto paura il sentire che ci sono in giro per il mondo attentati, furti, rapine, sequestri e omicidi. Essi sono sempre esistiti. Fa paura il modo nuovo, con cui molta gente guarda a questi fenomeni. La legge, la norma è considerata una cosa da mettersi in burla o come repressione e alienazione. Si prova un gusto matto a dir male di qualunque legge. L’unica cosa oggi proibita – si dice – è il proibire, e uno che tenti di proibire fa figura di appartenere alla vecchia e sorpassata “società oppressiva”. Qualche magistrato nel sentenziare dà l’impressione di aprire arbitrari “pertugi” nella siepe del Codice; molto spesso nella stampa vengono irrise le forze, che hanno il compito di far rispettare l’ordine pubblico».
Non ci crederete, ma le suddette, profetiche parole non le hanno scritte un bieco reazionario o degli incalliti liberalconservatori come noi, ma un uomo che di più puri e miti al mondo non ve n’era: papa Giovanni Paolo I, al secolo Albino Luciani, quando era Patriarca di Venezia. Ma le parole di quel “breve” papa dimostrano anche che, a distanza di mezzo secolo, l’agire dei diversi attori dell’ordito istituzionale del Paese non è cambiato, se non in peggio. Ecco perché un po’ di acqua sul fuoco delle posizioni radicali non potrebbe che farci bene.
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