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Sopra camicia bianca e cravatta, niente

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Di Maio oggi inneggia a quegli stessi poteri nazionali e transnazionali che quando si spacciava per tigre rivoluzionaria voleva abbattere, ciò prima di diventare gatto domestico, filo europeo e filoatlantico

 – Enzo Ciaraffa –

Luigi_Di_Maio,_2017,_Milano 2Riuscite ad immaginare Maximilien de Robespierre che si mette d’accordo con il re Luigi XVI per realizzare quella Rivoluzione francese che avrebbe fatto cadere, di lì a poco, la sua testa coronata nel paniere della ghigliottina? Crediamo di no, dal momento che Luigi XVI incarnava l’ancien regime mentre Robespierre la Repubblica rivoluzionaria. Assurda, vero, una congettura del genere?

Eppure – ammesso che abbia mai preso in mano un testo di storia – v’è Luigi Di Maio che, evidentemente, riterrebbe Robespierre uno sprovveduto per non essersi accordato con la monarchia del 1789 per abbattere la… monarchia. Sì, perché il nostro uomo pensa che oggi sia possibile fare la “rivoluzione” dei Cinque Stelle assieme al Pd che, fatta la tara sui tempi e sulla caratura dei personaggi, rappresenta la più becera conservazione, una conservazione che è molto più ampia di quanto non si dica perché passa anche per Bruxelles, Berlino e Parigi. E stiamo parlando di quegli stessi poteri nazionali e transnazionali che la tigre rivoluzionaria Di Maio voleva abbattere prima di diventare gatto domestico, filo europeo e filoatlantico.

Peraltro, Giggino Robespierrino pare non abbia capito che buona parte dei voti incettati dal M5S provengono dal Pd e che se lui vi si appiattisce sopra adesso che questo partito ha preso mazzate da tutte le parti, alla prossima tornata elettorale quei voti o ritorneranno da dove son venuti vista l’inaffidabilità degli attuali detentori, o – com’è più probabile – andranno al centrodestra a trazione Salvini.

Fossimo, perciò, nei panni del poco immaginifico Giggino Di Maio, staremmo attenti a non compiere passi falsi in questo delicato momento storico, è in gioco il futuro di sessanta milioni di persone e il destino del Paese per i prossimi cento anni. Meditando magari sul fatto che, a conti fatti, Salvini rappresenta più voti di lui. Operi, dunque, con tranquillità, tanto anche se dovesse continuare a sbagliare, anche se l’Italia dovesse andare gambe all’aria com’è probabile che accada, a lui la testa non la taglieranno come a Robespierre.

Anche perché non si può tagliare una testa che non c’è.

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