Si è messa in marcia l’armata europea della conservazione
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Grillo, che sarà anche un guitto ma certamente non è un fesso, ha capito benissimo che cosa si sta muovendo, tant’è che ha iniziato quella che in artiglieria si chiama interdizione lontana, iniziando cioè a sparare da lontano sull’Unione europea e tirando fuori dalla naftalina il referendum sull’euro
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Abbiamo sempre sostenuto che il tallone di Achille dell’Unione europea fosse la mancanza di un’armata comune. E, invece, ci sbagliavamo. Un’armata essa ce l’ha ed è anche piuttosto potente, composta da banche, banchieri, dai media asserviti al capitale, da burocrati non eletti, da politici di lillipuziana caratura, ed ha anche uno stratega che siede a Berlino con il suo attendente che, invece, è distaccato all’Eliseo. Come dire che ci troviamo in presenza di un’armata della conservazione o, se preferite, dello status quo, che in un’eventuale alleanza di governo Salvini–Di Maio, vedrebbe l’accelerarsi della propria fine che, beninteso, può procrastinare ma non evitare.
Avevamo scambiato per rispetto della volontà del popolo italiano l’iniziale distacco della nomenclatura europea dalle ultime faccende politiche di casa nostra: era, invece, soltanto attesa! È, infatti, diffuso principio tattico che muovere le truppe troppo presto può nuocere allo svolgimento della manovra esattamente come il muoverle troppo tardi. E, poi, perché correre il rischio di uscire allo scoperto visto che si stavano concretando i presupposti per ottenere una vittoria a tavolino, senza impiego di truppe? Ma qualcosa deve essere all’improvviso cambiato perché l’UE ha cominciato a dare segni d’inquietudine e la sua Armata ha iniziato a levare il campo.
Perché questo repentino cambiamento? Grazie ad una legge elettorale da incubo, dopo le elezioni del 4 marzo, nessun partito o movimento può governare da solo, sicché si sono creati i presupposti per dover richiamare in gioco lo sconfitto bardo della conservazione, il Pd. Complice, così, la “sovrumana” intelligenza del Giggino nazionale, si è tentato di far convolare a nozze Pd e M5S, al fine di ottenere una maggioranza di governo che fosse rassicurante e, nel contempo, capace di annacquare molte delle posizioni anti europeiste dei grillini con l’immarcescibile fedeltà del Pd all’Unione Europea di Angela Merkel. Quando, però, se n’è accorto, Renzi, per non diventare ininfluente e definitivamente tagliato fuori dai giochi politici, ha interrotto (forse solo provvisoriamente) i preparativi.
Che l’armata della conservazione europea abbia iniziato a mettersi in marcia si capisce da molti segnali, uno fra tutti i media che hanno preso a dar la colpa della mancata alleanza centrodestra-M5S a Salvini, l’unico politico che in questi giorni ha fatto professione di moderazione e pragmatismo. Basta leggere i titoli della maggior parte dei quotidiani di oggi per rendersene conto, i quali tendono a creare quelle condizioni psicologiche capaci di impedire un’alleanza in extremis tra M5S-centrodestra, anche perché non è tramontata l’idea di mettere a capo del governo un partigiano dell’armata europea quale che sia la formula di governo che adesso s’inventerà Mattarella.
Grillo, che sarà anche un guitto ma certamente non è un fesso, lo ha capito benissimo, tant’è che ha iniziato quella che in artiglieria si chiama interdizione lontana, iniziando cioè a sparare di nuovo sull’Unione europea da grande distanza e tirando fuori dalla naftalina il referendum sull’euro. A questo punto crediamo che l’improvvido Giggino – che in questi due mesi non ha voluto adattarsi al principale rito del proporzionale, e cioè alla mediazione – senta già suonare le campane a morto del suo funerale politico.
Non ci stupiremmo se in questi giorni rientrasse inopinatamente dal suo giro intorno al mondo Alessandro Di Battista che, beninteso, continua a non essere amato da Beppe Grillo per la sua indipendenza intellettuale. Ma che volete, anche il presidente Usa Truman dovette servirsi, finché fu possibile, dell’ingestibile MacArthur per non farsi buttar fuori dalla Corea.