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Savoia Caricaaat!

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Savoia
In un’ansa del fiume Don, tre battaglioni siberiani, cinque volte superiori di numero e in armamenti, furono messi in fuga da una carica andata-ritorno del Savoia Cavalleria che, nell’azione, catturò cinquecento prigionieri, quattro cannoni, dieci mortai e ben cinquanta mitragliatori

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Quando all’alba del 24 agosto del 1942 nella piana di Isbuscenskij, località russa sul fiume Don, risuonò il preavviso del comandante, il Colonnello Alessandro Bettoni, «Attenti per la carica», i seicentocinquanta cavalieri del Reggimento Savoia Cavalleria cominciarono a fremere assieme ai loro cavalli e poi, all’ordine «Passooo – Sciabol manooo -Trottooo – Galoppooo – Caricaaat!», come una freccia a lungo incoccata, si lanciarono alla carica. Questo avveniva mentre intorno a loro fischiavano le pallottole e deflagravano le cannonate dei russi che cercavano di fermarli senza peraltro riuscirvi. La carica del Savoia fu una grande dimostrazione di coraggio, più che un determinante fatto tattico, certamente impensabile in una guerra di metà Novecento.

Probabilmente non era mai accaduto prima di allora che a una preordinata carica di cavalleria partecipassero, di loro iniziativa, anche medici, infermieri, cucinieri e i muli delle salmerie, con il basto di medicinali, viveri e pentole da campo. Ci fu addirittura chi, come il Maggiore Dario Manusardi, per partecipare alla carica rubò il cavallo al Comandante del Raggruppamento, il Generale Barbò e, non avendo una sciabola a portata di mano, caricò agitando il frustino da cavallerizzo, perché quando si caricava la vera arma del cavaliere era il suo cavallo che, se non colpito dal fuoco nemico, irrompeva nel suo schieramento e lo scompaginava.

Pare di vederlo il Manusardi mentre calava il frustino sulla faccia dei fanti russi che trovava sulla sua traiettoria; pare di sentirlo il fracasso del pentolame da campo, della casse di cottura, mentre cucinieri e infermieri della retroguardia tiravano malamente i muli per la briglia per non mancare all’appuntamento con la gloria: per il loro incarico non operativo, non erano tenuti a partecipare al combattimento ma vollero lo stesso esserci. Oggi, in tempi di parossismo dei diritti anche quando non sono tali, per qualcuno resta difficile spiegarsi una decisione del genere, ma chi è stato soldato sa che, prima di partire i cavalli per la carica parte il cuore dei cavalleggeri di ogni ordine e grado, ecco perché nessuno, cuciniere, infermiere o medico che sia, è capace di rimanersene fermo nella retroguardia se il suo cuore si proietta in avanti e va all’assalto assieme ai suoi commilitoni! Forse anche per questa ragione il motto della Cavalleria italiana è “Il cuore oltre l’ostacolo”.

Ritornando col pensiero in quell’ansa del fiume Don nel 1942, tre Battaglioni siberiani, cinque volte superiori di numero e in armamenti, furono messi in fuga dal Savoia Cavalleria che, nell’azione, catturò cinquecento prigionieri, quattro cannoni, dieci mortai e ben cinquanta mitragliatrici. Mentre i russi si sbandavano sotto la carica andata-ritorno degli italiani (nel senso che dopo aver sorpassato i russi uno Squadrone ritornò indietro per caricare ancora), gli allora alleati tedeschi si stropicciarono gli occhi. La verità è che anche se valorosi, i nostri cavalieri non erano, come si direbbe oggi, in palla con i tempi. Infatti, mentre nella steppa nitrivano i destrieri e luccicavano le loro invitte sciabole al primo sole del mattino, negli Usa Enrico Fermi in laboratorio otteneva la prima reazione atomica controllata… eravamo già alle sciabole contro l’atomo. Ma fu proprio per quell’impari e inconsapevole raffronto che la carica ebbe i connotati di un’azione epica come ben traspare dalla bellissima copertina approntata per la commemorazione dal Tenente Colonnello Donato Tesauro che, da quanto ci risulta, vuole donare il bozzetto originale (un acquarello su carta 40×20) al Comando del Savoia.

Anche se oggi il glorioso Reggimento non piomba più sul nemico con i cavalli schiumanti ma calandosi degli aerei, ricordiamo gli umili eroi di Isbuscenskij come immaginiamo essi vorrebbero essere ricordati: «Passooo – Sciabol manooo – Trottooo – Galoppooo – Caricaaat!».

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