Povero Afghanistan: veni, vidi, perdidi
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I talebani che ormai sono entrati a Kabul non hanno capito quanto sia importante il Ddl Zan e quanto sia opportuna l’eutanasia di cui ha appena finito di parlarci il ministro – per noi senza – Speranza. Bisogna riarticolare la nostra politica estera, si potrebbe far pattugliare il Panshir dalle navi delle Ong e nominare Carola Rackete quale comandante del Regional command west, quello che abbiamo lasciato ad Herat, appena riconquistata dal pargolo del Mullah Omar
– By Cybergeppetto –
Dopo aver tentato di abolire la povertà, la classe dirigente occidentale sembrava voler addirittura abolire la guerra cominciando dall’Afghanistan. In prima linea fra tutti, i penta-siderali italiani dichiaravano di aver posto fine ad una ormai ventennale operazione multinazionale ed interforze. I novelli Cesari del Nac, il consiglio degli ambasciatori della Nato, avevano infatti deciso di passare il Rubicone e di dichiarare che l’Afghanistan era pronto a proseguire da solo. Proclami trionfalistici sui giornali mainstream italiani ci avvertivano che avevamo vinto la guerra, grazie, pare, all’alto ufficio del ministro degli affari esteri [Di Maio] e con il contributo determinante di tutto il governo, pieno di ministri-chiave in settori strategici che vanno dall’Interno alla Salute, dalla Scuola all’Economia.
Ma quei fascisti, sovranisti e, forse, no vax dei talebani sembrano non voler sentir storie, potrebbero anche non aver letto i giornali italiani ed essersi persi i relativi talk show radical chic, sicché appena la Nato è partita, hanno incominciato a riprendersi il Paese che i politici occidentali descrivevano come bello e pacificato nelle loro accattivanti presentazioni elettroniche, quelle che vengono redatte da una particolare genia di combattenti, i powerpoint warfighters dal nome di un famoso software di presentazione.
Vuoi vedere che c’è stato un banale errore di geografia? Forse il fiume in questione non era il Rubicone, i moderni Cesari dovevano essersi confusi o non avevano letto il cartello che li avrebbe avvertiti che si trattava del Panshir, in Afghanistan, il fiume della omonima e famosa valle in cui a suo tempo il dominus era il comandante Massud.
Cosa può aver indotto in errore i signori ambasciatori, i signori ministri degli esteri ed i signori capi di governo? “Alea iacta fuit?” Ma poi ‘sto benedetto dado l’avrà tratto qualcuno? Hanno usato i gratta e vinci, piuttosto? Che fine ha fatto tutta la schiera di analisti e sapientoni strategici? È che i “think tank” non hanno più benzina intellettuale nel motore e nemmeno le corazzature. Nel frattempo, abbiamo tutti scoperto con orrore che il figlio del Mullah Omar è vivo e marcia con noi, anzi, peggio, ci corre dietro le chiappe.
A questi talebani gli dobbiamo far vedere i muscoli! Come? Intanto gli dobbiamo chiedere il green pass per entrare nei ristoranti di Kabul che hanno occupato in queste ore, poi dobbiamo multarli quando entrano con i carri armati nella Ztl e, soprattutto, dobbiamo chiedergli il tampone ogni due giorni se vogliono uscire dalla botola del loro sistema d’arma, così vediamo se la finiscono di fare i bulli. Qualche seduta di rieducazione dagli assistenti sociali che c’erano a Bibbiano a suo tempo potrebbe risolvere definitivamente il problema…
Bisogna ammetterlo, i talebani non hanno capito quanto sia importante il Ddl Zan e quanto sia opportuna l’eutanasia di cui ha appena finito di parlarci il ministro – per noi senza – Speranza. Bisogna riarticolare la nostra politica estera, si potrebbe far pattugliare il Panshir dalle navi delle Ong e nominare Carola Rackete quale comandante del Regional command west, quello che abbiamo lasciato in Afghanistan ad Herat, subito riconquistata dal pargolo del Mullah Omar.
Bisogna fare in fretta, il nostro attuale Cesare potrebbe presto cadere sotto le coltellate dei talebani che incarnano i peggiori disvalori razzisti, sovranisti, negazionisti ed anti Lgbtq. Bisogna rafforzare le misure di sicurezza al Senato di Roma per evitare che risuonino ancora una volta quelle sinistre parole: “Quoque Tu, Brute Omar, fili mi!”.
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