Per gli islamisti, ebrei e occidentali sono gli sconfitti dalla storia
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La religione rivelata da Maometto era quella di un profeta armato e militarmente vincente, in contrasto con la vicenda terrena di Cristo, che fu crocefisso come un malfattore sul Monte Calvario, e con quella degli ebrei i quali, dopo che Tito nel 70 d.C. ebbe distrutto irrimediabilmente Gerusalemme, inermi e indifesi si sparpagliarono in tutte le province dell’Impero Romano con sorte alterna
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Ci illudevamo che certe bestialità contro gli ebrei ormai appartenessero al passato e, invece, lo scorso 7 ottobre, nei kibbutz di fronte alla striscia di Gaza, v’è stata una riproposizione in scala ridotta delle peggiori efferatezze naziste a opera dei terroristi di Hamas. Evitiamo di dettagliare la ferocia con la quale essi hanno violentato, ucciso, rastrellato e catturato civili israeliani di ogni età e sesso, bruciando perfino i neonati nelle culle, perché più che far sensazionalismo col sangue altrui a noi preme dimostrare che, coloro i quali in queste settimane vanno blaterando di una qualche forma di accordo politico tra Hamas e Israele, non sanno di che cosa parlano.
Quale forma di accordo duraturo sarà mai possibile tra Israele e un’organizzazione terroristica di stampo islamista, che vuole la sua cancellazione dalla faccia della terra? Nessun accordo sarà possibile evidentemente, se prima non si elimina un serpente che ha i due denti veleniferi rispettivamente a Gaza e in Libano mentre la sua testa si trova a Teheran, in modo da poter restituire il governo della Striscia di Gaza ai dirigenti dell’Autorità Nazionale Palestinese, che saranno anche incredibilmente corrotti, ma almeno hanno un approccio più laico col problema israelo-palestinese. E questo tipo di approccio sarebbe molto importante per evitare che la lotta politica e militare, grazie soprattutto al supporto materiale e ideale del regime degli ayatollah, si sposti sul piano religioso con la conseguente islamizzazione del conflitto in corso e col concreto pericolo di sfociare in una guerra di civiltà tra Occidente cristiano e orbe islamico.
L’islamizzazione di questa guerra, per adesso areale, porterebbe fatalmente a uno scontro frontale che troverebbe precedenti soltanto nelle Crociate: al credente musulmano, infatti, non è concesso di poter scegliere la via della persuasione pacifica del malvagio oppure dell’infedele, ma soltanto di osservare i duri precetti del Corano a riguardo, e questo, di certo non favorisce la maturazione democratica dei popoli di fede islamica, figuriamoci quella di una banda di orribili tagliagole come Hamas. Ciò perché la fede religiosa indotta dal Corano, in mano ai terroristi e agli integralisti, diviene concupiscenza in quanto essi amano Dio (se lo amano per davvero) soltanto per se stessi, per godere del suo trionfo, per averlo protettore nelle proprie imprese, specialmente in quelle peggiori, grazie anche al fatto che l’uccisione di un infedele è santificante per i precetti religiosi islamici portati all’estremo. Infatti, il grido di guerra dei massacratori arabo-nazisti dello scorso 7 ottobre è stato Allah Akbar – Dio è il più grande, che non è diverso dall’assoluto convincimento che i nazisti portavano impresso perfino sulla placca del cinturone dei soldati: Gott mit uns – Dio è con noi. Quanta differenza, però, tra l’esortazione evangelica «Amerai il tuo prossimo come te stesso» e il manuale dei terroristi di Hamas che, secondo il Washington Post che ne avrebbe visionato le 17 pagine, impartirebbe perfino le istruzioni su quali siano i migliori punti del corpo per accoltellare i nemici: il collo nella zona delle clavicole, la colonna vertebrale e le ascelle… una roba da macellai.
Pur essendo lontanissima da noi l’idea di indugiare in una sorta di sciovinismo teologico, non possiamo fare a meno di rilevare che in Occidente un manuale del genere sarebbe inaccettabile per la nostra visione etica, come lo furono i deliranti programmi delle Brigate Rosse, ai quali in alcuni punti il manuale parrebbe tragicamente somigliare. Non per caso nelle manifestazioni pro-Hamas dei giorni scorsi si è visto anche l’ex brigatista rosso ed ex ergastolano Francesco Giordano, riconosciuto assassino del giornalista Walter Tobagi.
Sospettiamo, peraltro, che Hamas, come tutti gli altri gruppi di terroristi islamici che l’hanno preceduta, abbia sviluppato quattro cellule operative, come dire i combattenti veri e propri, un gruppo di protezione il cui compito è di proteggere alle spalle i combattenti, un gruppo di controllo il cui ruolo è di custodire gli eventuali ostaggi e un gruppo di negoziazione. Quest’ultimo gruppo avrebbe due regole di base: i rapitori devono rimanere calmi in qualunque situazione e, nel caso di traccheggiamento dell’avversario, devono assassinare gli ostaggi, o parte di essi, perché i nemici devono convincersi della serietà dei rapitori, per la credibilità delle loro operazioni presenti e future. Insomma, pare di capire, che più ostaggi si uccidono e più Hamas diventa credibile. Ma allora gli ostaggi israeliani catturati lo scorso 7 ottobre sono in pericolo! Sì, in mortale pericolo, ammesso che siano ancora tutti vivi, visto che non più tardi di quattro giorni fa Hamas ha comunicato che 50 degli ostaggi nelle sue mani sarebbero stato uccisi dai bombardamenti israeliani: non ci abbiamo creduto neppure per un nanosecondo perché se fosse stato vero, Hamas avrebbe subito esibito i loro corpi dilaniati dalle bombe allo scopo di provocare un vero e proprio shock nell’opinione pubblica israeliana e occidentale. E, come abbiamo visto lo scorso 7 ottobre, i terroristi palestinesi hanno abbastanza pelo sullo stomaco per mettere in scena esibizioni di questo tipo.
D’altronde, fino a oggi non abbiamo colto neppure un barlume di dolente ineluttabilità nella condotta dei terroristi islamici perché, come sempre fanno, essi giustificano le proprie orrende azioni con un’interpretazione strumentale del Corano: «I loro passi saranno sempre diretti contro i miscredenti e i colpi inferti a essi, o da essi ricevuti, considerati da Noi come buone opere da far valere nel Giorno del Giudizio» (Corano: IX, 120). Oddio, non si coglie, in verità, un barlume di realismo neppure da parte degli occidentali che continuano a ritenere il terrorismo islamista, quello di Hamas in particolare, un’entità con la quale poter trovare una qualche forma di coesistenza, senza vedere che – proprio sotto i loro occhi! – sta prendendo forza una ventata di panislamismo che, dottrinalmente parlando, ammette soltanto due scelte: la conversione o la morte sotto la sacra scimitarra dell’Islam. Come dire che pian piano nel mondo islamico inizia a prendere forma una Crociata al contrario che già sta provocando lotte sotterranee per decidere se a guidarla dovrà essere l’Iran o la Turchia. Con l’aggravante che quest’ultima, retta da un integralista che veste Armani, Erdogan, fa parte dell’Alleanza Occidentale, divenendone fatalmente il cavallo di Troia.
Ma un altro aspetto, a nostro avviso, è il più pericoloso in assoluto in questa lievitante contrapposizione, ed è quello della mentalità: vincente per l’Islam, perdente per l’Occidente. Cercheremo di spiegarci meglio a riguardo. Nella sostanza, il Corano originario non si discostava così tanto dalla Bibbia o dall’Evangelo, tant’è che la Costituzione medinese prevedeva rapporti equilibrati con ebrei e cristiani, i popoli del libro, almeno fino a quando gli integralisti non vi aggiunsero il jihad o guerra santa contro gli infedeli. Da quel momento il Corano divenne categorico con i seguaci di Allah: «Vi è prescritta la Guerra Santa- (II: 216)» e quell’esortazione divenne il propellente degli eserciti musulmani nelle loro guerre di conquista. Peraltro, la religione rivelata da Maometto era quella di un profeta armato e militarmente vincente, in contrasto con la vicenda terrena di Cristo, che per le mene del Sinedrio fu crocefisso come un malfattore sul Monte Calvario, e con quella degli ebrei i quali, dopo che Tito nel 70 d.C. ebbe distrutto irrimediabilmente Gerusalemme, inermi e indifesi, si sparpagliarono per tutte le province dell’Impero Romano. Eppure, alla fine di un travagliato percorso storico, i credenti ebraici e quelli cristiani-occidentali sono riusciti a sviluppare organiche forme di reciproco rispetto e di tolleranza.
Infatti, anche per questa ragione, noi cristiani-occidentali ed ebrei, per gli islamisti siamo soltanto dei decadenti infedeli razionalisti e corrotti, oltre che deboli e per di più sconfitti dalla storia. Questo perché il loro fanatismo impedisce di comprendere il funzionamento dei meccanismi della periodizzazione storica e l’essenza del pensiero di un filosofo occidentale, l’inglese John Loche: «Non vi può essere nulla di contrario alla ragione in una vera religione».
Va da sé che, coloro i quali ritengono che con questa gente, gli islamisti, Hamas e similari, si possa trattare, o sono dei pericolosi imbecilli, o sono in malafede. In ambedue i casi essi stanno gettando le premesse per una guerra di mondi che lasceranno in eredità ai loro figli, invece di rimuoverne adesso le cause, prima che l’incendio diventi inarrestabile e costringa, oltre a Israele, l’intero Occidente a difendersi con ogni mezzo. Anche se, evidentemente, contiamo poco sulla capacità negoziale dell’Islam radicale, non è con un messaggio bellicista e senza speranza che vogliamo chiudere questa disamina ma, semmai, con una ragionata speranza di incontro tra Occidente e Islam, sulla strada aperta da tre pensatori di quel mondo, ovvero l’egiziano Sayyd Qutb (assassinato dai Fratelli Musulmani), il francese Mohamed Arkoun e il sudanese Mahmud Taha (condannato a morte per apostasia). Per quest’ultimo il Maometto della Mecca predicò un Verbo universale, aperto, tollerante, umanista, illuminato, tutto teso a una via etica della vita dell’uomo, secondo modelli condivisibili dentro e fuori dell’Islam. Ebbene, l’ecumenico messaggio di Taha potrebbe costituire una grande opportunità per quei musulmani che credono ancora nella possibilità di dialogo paritario con l’Occidente ebraico e cristiano. Ove vi rinunciassero per paura degli integralisti o per sfiducia, gli sconfitti dalla storia sarebbero loro.
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