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Padri, sparite!

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Viene da domandarsi, sconsolati e delusi, se i politici italiani non abbiano nulla di più serio a cui pensare che la cancellazione dei cognomi dei papà dalla carta d’identità dei figli, cose serie come per esempio la guerra, il costo della vita, l’aumento dei prezzi, gli stipendi, le pensioni e i medici di base prossimi all’estinzione

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C’è un vecchio commilitone che, quando deve dissentire da una mia analisi, lo fa sempre con la stessa premessa – vasellina: «Sai che ti sono amico…». Ebbene, nel caso del senatore piddino Dario Franceschini, del quale non sono amico, forte anche del fatto che secondo il tribunale di Ravenna attribuire a qualcuno una tale qualifica non è reato, andrò direttamente al punto: in tempi oscuri e difficili come questi in cui viviamo, come fa un senatore della Repubblica a essere così coglione da proporsi l’insulso obiettivo di cancellare il cognome dei papà allo scopo di realizzare una presunta parità di genere? E poi, a proposito di coerenza, non fu proprio Franceschini che nel 2009, anno in cui fu eletto segretario del Partito Democratico, che mise in scena una specie di (non richiesto) giuramento sulla Costituzione nelle mani del suo papà Giorgio ex partigiano? Nelle mani del padre, non della madre, o della sorella, o della zia… non fu anche quella una disparità di genere?

Ebbene, sedici anni dopo quella performance, il suddetto senatore si è fatto promotore di una proposta di legge che, anagraficamente parlando, vorrebbe cancellare i padri dai documenti d’identità dei figli ai quali, secondo lui, si dovrebbe assegnare soltanto il cognome della madre. E come se tale proposta non fosse già abbastanza contro il buonsenso Franceschini l’ha pure motivata nero su bianco: «Dopo secoli in cui i figli hanno preso il cognome del padre, stabiliamo che prenderanno il solo cognome della madre. È una cosa semplice e anche un risarcimento per una ingiustizia secolare che ha avuto non solo un valore simbolico, ma è stata una delle fonti culturali e sociali delle disuguaglianze di genere».

Quello che sostiene Franceschini a proposito della secolare ingiustizia contro le donne è sbagliato e giusto allo stesso tempo. È storicamente sbagliato perché la società umana nacque matriarcale, anzi, fintanto che non si riuscì a mettere in relazione il coito con il parto, alcune femmine del clan venivano considerate delle vere e proprie divinità, mentre i campioni prescelti tra i maschietti per accoppiarsi con loro se la passavano piuttosto male perché, dopo essersi accoppiati, venivano sacrificati agli spiriti della terra. Poi è certamente innegabile che le donne hanno subito secoli di maltrattamenti e ingiustizie da quando gli uomini sono stati in grado di comprendere il loro contributo alla fecondazione. Sicché, già a partire dalla società primitiva, le parti si sono capovolte e il ruolo delle femmine è diventato ancillare, se non unicamente quello di accogliere il seme maschile e servire il neo dio-maschio. Ma c’è un però: se la proposta di Franceschini dovesse sfociare in una legge (anche se la vediamo difficile…) ritorneremmo, in qualche maniera, indietro di cinque-seimila anni, perché verrebbe sacrificato di nuovo il maschio, anche se stavolta alla divinità dell’anagrafe.

Che dire… probabilmente hanno ragione quei colleghi che ritengono l‘insensata proposta del senatore ferrarese del Pd come un diversivo per distrarre gli italiani dall’ennesima stronzata di quell’altro piddino di Romano Prodi che, durante un’intervista, ha tirato i capelli alla giornalista che gli aveva fatto una domanda scomoda. E sì, perché la Corte Costituzionale ha già da tempo deliberato che i figli possono portare il cognome di entrambi i genitori, proprio per realizzare in concreto la parità di genere. Comunque sia, a noi liberali starebbe bene anche che, una volta diventato maggiorenne, un figlio possa decidere autonomamente il cognome che intende adottare, come già avviene in molti Paesi, ma l’idea di poter realizzare l’uguaglianza di genere facendo sparire il cognome del papà dalla discendenza dei figli, a noi sembra quella che Fantozzi-Villaggio avrebbe definito una cagata pazzesca. E ci perdoni Villaggio che, a differenza dei politici nostrani era una persona intelligente, se lo abbiamo tirato in ballo in occasione del cinquantenario dello sfigato personaggio del ragionier Ugo Fantozzi.

(Copertina di Laura  Zaroli)

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