Un uomo che meritava ancora tante feste di Natale
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I Comuni italiani sono diventati solo dei percettori di tasse anche quando, per il fatto di aver imbastito qualche manifestazione natalizia qua e là, sostengono di lavorare per l’inclusione. Fosse stato così, nel garage di via Castagnole nell’opulenta Treviso la morte non avrebbe trovato nessuno
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La fine di un anno m’induce sempre a meditare retroattivamente su persone ed avvenimenti che me lo hanno reso per qualche ragione ricordevole. Stante la premessa, voglio parlare di un uomo il cui nome probabilmente non dirà niente a nessuno in una società moralmente onnivora che metabolizza ogni ingiustizia e, quel che è peggio, le dimentica rapidamente.
Marco Magrin aveva 53 anni e un passato complicato alle spalle che stava cercando di cancellare ridisegnandosi una vita normale, anche se il suo lavoro di sfilettatore di pesce in un’azienda del settore ittico gli forniva appena i mezzi per poter sostenere una vita normale, figuriamoci pagare la pigione e le diverse utenze ad essa connesse. Siccome questo è un Paese dove la pietà e l’umana solidarietà sono diventate motivo di esaltazione politica o di una visione ideologica dei diritti, fatalmente gli è arrivato lo sfratto da parte del proprietario della casa dove abitava a Monigo, in via Castagnole, un sobborgo di Treviso. Costui è un attivista antisfratto, di quelli che sono favorevoli all’occupazione abusiva delle abitazioni purché siano degli altri, che aveva reagito a qualche pigione arretrata facendo subito cambiare la serratura dell’appartamento e lasciando il suo sfortunato inquilino in mezzo alla strada da un giorno all’altro.
Ebbene, il povero Marco, senza scendere in piazza a protestare, senza andare ad occupare case d’altri, pur avendo il cuore da tempo in disordine si era acconciato a vivere nel garage condominiale, senza elettricità, senz’acqua e senza servizi igienici, confidando in tempi migliori. Non aveva detto a nessuno della sua triste vicenda, né in fabbrica, né agli amici del bar che frequentava e, a quanto pare, non lo aveva comunicato neanche al Comune di Treviso, anzi, dava ad intendere in giro di abitare ancora nella precedente abitazione. «Perché questa bugia?». Si è domandato più di qualcuno. Rispondere alla domanda al posto del morto per infarto, come stabilito dalla perizia, non sarebbe onesto, perciò ci limitiamo a fare soltanto una congettura: un uomo, che dopo parecchi intoppi esistenziali sta tentando di ridisegnarsi una vita “normale”, a 53 anni non ammette facilmente di aver fallito e, soprattutto, se ne vergogna con parenti e conoscenti.
Eppure il nostro è un Paese dove i Comuni e una certa magistratura proteggono gli occupatori abusivi di appartamenti, anzi, uno di essi per le sue bravate nel campo è stato pure eletto al parlamento europeo. Per carità, non vogliamo colpevolizzare nessuno in particolare, però ci lascia perplessi il fatto che, proprio in questi giorni, collegarsi col sito dell’assessore al sociale, e settori collegati, del Comune di Treviso è impossibile perché ad ogni tentativo compare questa scritta: “Impossibile raggiungere il sito – Concessione negata da amministrazione – info”. Indecente! Sicché ci angustia davvero tanto il pensare che Marco potrebbe essere ancora vivo se gli fosse stato concesso di abitare in un ambiente salubre, se i Comuni interessati (quello di residenza e di domicilio) che dovrebbero quantomeno tenere aggiornata la lista degli indigenti della giurisdizione, si fossero fatti sentire almeno in prossimità del Natale con qualche iniziativa di supporto materiale. La verità è che i Comuni italiani sono diventati dei semplici percettori di tasse anche quando, per il solo fatto di aver imbastito qualche manifestazioncella natalizia qua e là, sostengono di lavorare per promuovere l’inclusione. Balla colossale! Fosse stato veramente così, lo scorso 30 novembre nel garage di via Castagnole, nell’opulenta Treviso, la morte non avrebbe trovato nessuno.
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