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Maledetto, non è lui l’assassino!

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Sharon Verzeni
A quattro giorni dalla scoperta dell’assassino, reo confesso, della ragazza di Terno d’Isola, dovrebbe essersi placata la brama di sangue di quei giornalisti che non vedevano l’ora di poter saltare alla gola di Sergio Ruocco, il fidanzato della vittima

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Finalmente l’assassino di Sharon Verzeni, la giovane barista uccisa lo scorso 29 luglio a Terno d’Isola, ha un nome e un cognome: Moussa Sangare, un italiano trentunenne di origini africane che ha confessato ai Carabinieri di averla brutalmente accoltellata senza sapere neppure il perché, senza alcun motivo.

Abbiamo esordito con un “finalmente” perché, volente o nolente, adesso, dovrebbe essersi placata la brama di sangue di quei giornalisti che non vedevano l’ora di poter saltare alla gola di Sergio Ruocco, il fidanzato della povera Sharon, nonostante il suo alibi e i suoi precedenti di persona perbene fossero stati ritenuti inattaccabili dagli investigatori sin dall’inizio. Infatti, tutte le volte che i nostri colleghi riferivano di quest’uomo nei loro servizi, un tantino frustrati e delusi aggiungevano invariabilmente «…però non è indagato» intendendo, in realtà, che non era ancora indagato e che non vedevano l’ora che lo diventasse. Ciò perché – ed è questo il terribile vezzo di certi giornalisti – al cospetto della professionale e corretta prudenza degli inquirenti, loro una tesi l’avevano già bella e pronta, e scalpitavano per spararla in prima pagina al minimo accenno di convalida. Stavolta, però, la soffiata non è arrivata e anch’essi hanno dovuto apprendere la notizia dell’arresto del vero assassino dal comunicato ufficiale della Procura di Bergamo.

Ma, conoscendo i nostri polli, siamo convinti che su questo caso essi non demorderanno. Sposteranno semplicemente le artiglierie nel senso che, se prima non vedevano l’ora di poter tirare in ballo il fidanzato di Sharon, ora, accertato che l’assassino è un immigrato di colore di seconda generazione, si lanceranno di certo in un’analisi psico-sociologica che, se non lo assolverà, di certo tenderà a ridurre le responsabilità del “povero negro”. Non capiscono costoro, i pro-integrazione tanto al chilo, che, continuando con questa solfa, “i poveri negri” rimarranno tali per sempre, perché non si riuscirà a integrarli con gli autoctoni nei diritti, nei doveri e, quando occorre, nelle colpe.  

La verità sulla quale i giornaloni di Sinistra non ve la racconteranno giusta, perché non è funzionale alle lore tesi e a quelle dei loro referenti politici, è che Moussa Sangare è stato individuato e consegnato alla giustizia grazie alla testimonianza di due nordafricani. Come dire che, a differenza dei compagni nostrani, loro, gli immigrati, hanno saputo prendere le distanze da un soggetto dedito alla droga, violento, ripudiato dalla sua stessa famiglia e, cosa molto di sinistra in verità, che viveva in una casa occupata abusivamente a Suisio, a cinque chilometri da Terno d’Isola.

Ottimo lavoro quello fatto dai Carabinieri e dalla Procura di Bergamo, anche se ci lascia perplessi un’osservazione metafisica, più che giuridica, di Maria Cristina Rota, il procuratore aggiunto che ha guidato le indagini sul caso: «Non c’è nessun movente. La signora Verzeni si è trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato». Vuoi vedere che la colpa è di Sharon?

Va da sé che su quest’ultima affermazione non siamo d’accordo con lei, signora Procuratore, perché in un Paese civile (e reso sicuro da governanti e magistrati efficienti…) un cittadino deve avere anche la possibilità di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato, senza per questo rimetterci la pelle. Altrimenti dovremmo vivere come vacche al pascolo in un recinto elettrificato a basso voltaggio, dove appena ci avviciniamo troppo alla recinzione una leggera scossettina ci rimanda indietro, al posto giusto dove dobbiamo stare. E chi la deciderebbe la parte giusta dove dobbiamo stare? Un magistrato? La politica? Ma per favore, cercate di fare bene il vostro mestiere e la metafisica esistenziale lasciatela ai filosofi!

Tra l’altro, se ci concede una licenza signora Procuratore, ciò che ha detto non c’entra un cacchio con la libertà e la democrazia garantiti dalla suprema lex del nostro ordinamento, ovvero la Costituzione. È vero che con i “se” e con i “ma” non si fa la storia, però si formano le opinioni e la nostra è questa: se a carico di Moussa Sangare – peraltro segnalato dai vicini al sindaco, all’assessore, ai Vigili e ai Carabinieri – fossero state adottate le minime misure di tutela previste dal nostro ordinamento nel caso di soggetti tendenzialmente pericolosi (come la diffida, l’allontanamento coatto dall’abituale residenza, peraltro illegale, e…), oggi Sharon Verzeni sarebbe indaffarata nei preparativi del suo matrimonio. E, invece, stavolta sì che la povera ragazza si trova nel posto sbagliato e, data la giovane età, al momento sbagliato: a due metri sottoterra. Compianta soltanto dai familiari e dal fidanzato sospettato per un mese da un tipo di giornalismo che preoccupa e fa rabbrividire.

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