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Le ricorrenze della Patria in mano ai guitti con la livrea rossa

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Sorvolando sul fatto che nel settimo centenario di Dante, Roberto Benigni ha detto al Quirinale le stesse banalità con le quali salutò la fine delle celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia, proponendosi come corazziere e barbiere di Sergio Mattarella, è sconcertante il convincimento di coloro che continuano a parlare di equidistanza politica del presidente della repubblica per una imparzialità che questi non riesce ad esprimere neppure nella scelta delle personalità che dovrebbero celebrare le ricorrenze della Patria. I celebratori del Quirinale, infatti, sono sempre di area Pd
– Enzo Ciaraffa –

Nei giorni scorsi Roberto Benigni è stato invitato – in virtù di quali meriti accademici non è dato di sapere – a celebrare i settecento anni della morte di Dante Alighieri al Quirinale, nel Salone dei Corazzieri, alla presenza di Mattarella e del ministro della cultura. Da quello che ho visto sui media, nella circostanza, Benigni non ha detto nulla di eccezionale perché, dopo aver letto il XXV canto del Paradiso/Divina Commedia, si è prodotto nella sua arte di guitto di successo, tirando la volata al Pd dal quale provengono il padrone di casa, il ministro della cultura e lui stesso. Ma Benigni, come il Pd, non ha più nulla da dire, neppure come guitto, perché, nonostante la diversità del tema, ha detto le stesse ridanciane baggianate di nove anni fa, e posso testimoniarlo.

Mi spiego.

Il presidente della repubblica Giorgio Napolitano mi fece pervenire l’invito ad essere presente al Quirinale il giorno della chiusura ufficiale delle celebrazioni unitarie che si sarebbe tenuta il 17 marzo del 2012 nel Salone dei Corazzieri, ciò per averlo accolto, immagino, nella mostra organizzata presso il Salone Estense di Varese il 21 marzo dell’anno prima, in occasione del 150° dell’Unità d’Italia.

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L’invito era stato destinato anche ad altri soggetti e personalità che, in qualche maniera, avevano contribuito alla realizzazione delle celebrazioni unitarie in Italia perciò, quando arrivai, il Salone dei Corazzieri era stracolmo di ospiti, per la maggior parte ruotanti, in qualche modo, nell’orbita culturale del PD. Sicché mi sorbii il saluto del padrone di casa (del PD), la lezioncina di Giuliano Amato (del PD) e, infine, la performance di Roberto Benigni (del PD) che, in quella circostanza, si propose alla sua giullaresca maniera come corazziere del presidente Napolitano.

Sorvolando sul fatto che, nel settimo centenario di Dante, Benigni ha detto le stesse cose di nove anni fa proponendosi, stavolta, come corazziere-barbiere anche di Sergio Mattarella, trovo commovente il convincimento di coloro che continuano a parlare di equidistanza politica del Quirinale e ad imbrodare il suo inquilino per una imparzialità che questi non riesce ad esprimere neppure nella scelta di qualcuno che celebri le ricorrenze della Patria: com’è che i celebratori del Quirinale sono sempre di sinistra? Invitare qualche volta che so, il professor Domenico Fisichella, il professor Marcello Pera o il filosofo Marcello Veneziani no, vero? Capisco, essi sono sì dei monumenti viventi al sapere ma, ahi loro, di area culturale moderata, e il super partes all’amatriciana al Quirinale sedente questo non lo può assolutamente accettare.

La verità è che Mattarella è un uomo d’onore, direbbe e ridirebbe il Marco Antonio shakespeariano di turno… se ne avessimo uno capace di capire che cosa sia l’antifrasi.

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