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I Carabinieri tra il caos e l’ordine democratico

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l'arma dei Carabinieri
I militi della Benemerita, più che un gruppo, più che un Corpo sono sempre stati una compatta comunità ideale e, in tempi di ondeggianti connotazioni morali e di vacche magre elettorali per le Sinistre, ciò non è funzionale a chi è abituato a raggiungere il potere mediante la rottura dell’ordine costituito

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All’alba dello scorso 24 novembre, a Milano, uno scooter con a bordo due giovani di origine egiziana, Fares Bouzidi e Ramy Elgaml seduto sul sedile posteriore, non si fermava a un posto di blocco dei Carabinieri che, come impongono le regole d’ingaggio, si sono visti costretti a rincorrerli con due gazzelle. L’inseguimento, durato venti minuti, è tragicamente terminato dopo otto chilometri, dei quali alcuni percorsi contromano, perché lo scooter si ribaltava provocando la morte di Ramy. L’indomani, una torma d’immigrati nordafricani, antagonisti, anarchici, centri sociali e i soliti filo palestinesi (che non si capisce che cosa c’entrassero), per protestare contro la “brutalità” dei Carabinieri hanno messo a ferro e fuoco il quartiere del Corvetto e, nei giorni a seguire, anche le maggiori città italiane con truculenti slogan contro le forze dell’ordine in generale.

In verità la Sinistra, nelle sue diverse declinazioni, non è stata meno devastante dei manifestanti violenti perché, a prescindere dai fatti e giusto per far surriscaldare ancora di più il già rovente clima sociale, si è subito schierata contro i Carabinieri, anzi qualcuno come l’ineffabile sindaco di Milano, quel Beppe Sala per il quale l’insopportabile violenza nella sua città sarebbe soltanto una percezione, ha anche stabilito quanto sarebbe dovuto durare l’inseguimento, perché venti minuti gli erano sembrati troppi. Ecco, se nel loro braccare i malviventi, i Carabinieri si attenessero alla tempistica suggerita dal sindaco delle ztl per porre fine a un inseguimento, nelle carceri italiane ci starebbero soltanto gli agenti di custodia. Poi, dopo il caos, le violenze di piazza e le sentenze emesse nei talkshow è arrivata la figura di palta per i Soloni: dalle indagini effettuate dalla Procura di Milano è, infatti, emerso che nel disgraziato caso di Ramy i Carabinieri intervenuti non avrebbero commesso nessuna violazione o illecito!

A questo punto dobbiamo interrogarci sul perché la Sinistra, come i malfattori di fine Ottocento, nutre una storica avversione per le forze dell’ordine, in particolar modo per i Carabinieri. Per carità, qualsiasi Corpo di Polizia può avere qualche mela marcia al suo interno e l’Arma Benemerita non fa eccezione, ma da parte della Sinistra italiana v’è proprio una predisposizione psicologica contro di essa. Perché? La risposta, in verità, non necessita di una profonda analisi sociologica ma soltanto di un piccolo passo indietro. 

I Carabinieri, più che un gruppo, più che un’Arma, più che un Corpo, sono sempre stati innanzitutto una compatta comunità ideale e, in tempi di ondeggianti connotazioni morali e di vacche magre elettorali per le Sinistre, questa inalterata compattezza non è funzionale a chi, fin dai tempi di Marx, è abituato a raggiungere il potere mediante la rottura dell’ordine costituito. Insomma, la rivoluzione, o la rivolta sociale propugnata da quel pericoloso coglione del segretario della Cgil, Maurizio Landini, continua a essere la strada preferita dei post comunisti per tentare di agguantare il potere.

E, per fissare un tale obiettivo, essi devono preventivamente neutralizzare in qualche modo i difensori dell’ordine democratico, ovvero Polizia e Carabinieri, additandoli al popolo (come nel caso italiano) come gli scherani del governo fascista di Giorgia Meloni, un governo che è talmente “fascista” da consentir loro il titillamento dei peggiori istinti delle piazze. Questo, però, significa che, oltre a essere dei pericolosi mestatori, i rivoluzionari tanto al chilo sono pure ignoranti nel senso che ignorano la storia oppure… la temono.

Infatti, l’assoluta fedeltà dei Carabinieri allo Stato liberaldemocratico da chiunque governato è riscontrabile in tre date: 1814, 1861 e 1946, come dire l’anno della loro fondazione nel piccolo regno sardo piemontese, l’anno in cui l’Italia divenne uno Stato monarchico dal Veneto alla Sicilia e l’anno in cui gli italiani scelsero liberamente la repubblica. Ebbene, in queste tre circostanze epocali coloro che nacquero come “Carabinieri Reali”, il cui motto non a caso è Nei secoli fedele, non si fecero traviare dalle passioni e servirono sempre la forma di Stato scelto dal popolo italiano.

Secondo noi è proprio questa granitica fedeltà alle istituzioni a renderli invisi ai post marxisti che, per raggiungere il potere hanno evidentemente bisogno di renderli innocui col discredito. Ma coloro che titillati da una Sinistra scellerata, se non proprio criminale, già sognano la presa del Palazzo d’Inverno, se ne facciano una ragione, perché tra il caos e le regole della democrazia, tra la nostra pacifica Italia e i suoi nemici esterni e interni, ci saranno sempre loro a fornire l’esempio, i militi della sterminata legione di caduti perché usi obbidir tacendo e tacendo morire. Ebbene, quella invitta schiera saprà sempre ispirare un novello Salvo D’Acquisto, o un Capitano Emanuele Basile, o Carabinieri come Antioco Deiana e Emanuele Tuttobene, oppure un loro Generale come Carlo Alberto Dalla Chiesa.

(Copertina di Donato Tesauro)

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