L’America vista dall’Italia
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Immaginando per un attimo di guardare le cose con gli occhi di un elettore medio americano, il gesto della speaker della Camera del 4 febbraio scorso ci è parso quello di un’anziana, stizzosa signora che ha fatto prevalere sul suo ruolo istituzionale di terza carica dello Stato la ragione di parte, lasciandosi andare nell’inqualificabile gesto di strappare una copia del discorso del “suo” comandante in capo e presidente, che è stato come strappare quei fogli in faccia ai suoi elettori che, per adesso, sono la maggior parte degli americani, gli stessi che lo hanno scelto quattro anni fa
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Poiché noi esseri umani viviamo in quella che Gillo Dorfles ha definito iconosfera, assimiliamo prima il senso delle immagini e poi quello delle parole. Sicché, se andiamo a guardare la foto con la quale nel 1936 Robert Capa fissò la morte in combattimento del miliziano repubblicano, il nostro pensiero corre automaticamente alla guerra civile spagnola.
C’è un’altra foto che, secondo noi, è capace di spiegare fin da adesso perché la sinistra americana, quella dei democratici per intenderci, alle elezioni presidenziali del prossimo mese di novembre rimedierà un’altra prevedibile batosta: è la foto che ritrae il presidente della Camera dei Rappresentati, Nancy Pelosi, nell’atto lo scorso 4 febbraio di strappare platealmente una copia del discorso di Donald Trump sullo stato dell’Unione d’avanti al Congresso. Forse la signora Pelosi non lo aveva messo in conto, ma quella foto è la riuscita estetizzazione dell’intolleranza e della violenza ideologica di coloro che sono soliti caricare a testa bassa la realtà invece di provare ad analizzarla e poi interpretarla. La sua performance al Congresso, peraltro, ci ha colpiti anche perché sembrava di stare in Italia dove la Sinistra (“democratica” e anch’essa senza leader, senza programma e senza rotta politica), ogni giorno si rimangia qualcosa delle proprie promesse elettorali, ogni giorno strappa un patto con gli elettori pur di impedire di governare ai fruitori di maggior consenso come di solito avviene in democrazia.
Sebbene con dei metodi operativamente diversi perché negli USA il contesto istituzionale è, per loro fortuna, diverso, i democratici americani hanno tentato di fare la stessa cosa con Trump fin dal giorno dopo la sua elezione alla Casa Bianca, tirandogli addosso l’accusa di ogni malfatto, compreso quello di aver taroccato il responso delle urne grazie a pilotate interferenze della Russia di Putin, invece d’interrogarsi sulla ragione della loro sconfitta che, peraltro, è anche molto semplice da individuarsi: mentre loro, teorici e velleitari, si rivolgevano ai fricchettoni della East Coast, Trump riusciva ad arrivare al cuore e alla pancia degli elettori americani dell’America più profonda!
Lungi dall’aver saputo fare tesoro di questo rilevamento, i democratici USA – che anche in ciò sono simili alla Sinistra italiana – invece di costruirsi un nuovo consenso elettorale, hanno aperto una sconsiderata, improduttiva, caccia all’uomo della Casa Bianca. Le pregresse, e indimostrate, relazioni sessuali del presidente, infatti, come la sua presunta incapacità di governare e lo stesso impeachment per abuso di potere finito in una bolla di sapone, sono stati il frutto di questa perversa e sterile strategia dei democratici americani e dei loro corifei che non sono pochi in patria e all’estero.
Ma, alla fine, la grande artefice della molto probabile rielezione di Trump alla Casa Bianca sarà stata la signora Nancy Pelosi, la pasionaria dell’impeachment, l’ispiratrice di alcune, importanti azioni politiche e pseudopolitiche contro il presidente degli Stati Uniti.
E sì, perché immaginando per un attimo di guardare le cose con gli occhi di un elettore medio americano, il gesto della speaker della Camera del 4 febbraio scorso ci è parso quello di un’anziana (e poco saggia) signora che ha fatto prevalere sul suo ruolo istituzionale di terza carica dello Stato la fazione, la ragione di parte, lasciandosi andare nel gesto inqualificabile di strappare una copia del discorso del “suo” comandante in capo e presidente, che è stato come strappare quei fogli in faccia ai suoi elettori che, fino a prova contraria, sono la maggior parte degli americani.
Un’iniziativa infelice, oltre che oggettivamente sguaiata, quella della signora Pelosi al Congresso perché, dopo il pretestuoso tentativo di mettere sotto accusa Trump per abuso di potere e il caos organizzativo venuto fuori delle primarie democratiche in Iowa, il suo gesto non depone certo a favore di una classe dirigente democratica capace, serena, politicamente attrezzata, con la lucidità e l’esperienza occorrenti per poter governare un Paese vasto e complesso come gli Stati Uniti. A fronte, peraltro, di alcuni dati oggettivi di politica interna ed estera: con Donald Trump alla casa Bianca si sono ridotte le tasse aziendali, è cresciuto il PIL, sono aumentati i salari e, di conseguenza, i consumi, è diminuita la disoccupazione, si sono accresciuti i posti di lavoro, la Corea del Nord è stata indotta a più miti consigli, lo strapotere commerciale della Cina è stato ridimensionato con la politica dei dazi e le velleità panislamiche dell’Iran sono morte col Generale Soleimani lo scorso 3 gennaio. E non è finita qui perché, a quanto pare, il presidente ha nel paniere anche un taglio alle tasse che riguarderà le classi medie.
E, alla fine della fiera, è proprio questo che, secondo noi, la maggior parte degli americani si aspetta dai suoi presidenti, cioè politiche di benessere e di sicurezza, non certo le performance populiste dei democratici o quelle isteriche della signora Pelosi… non si offendano gli amici americani, ma quando parliamo dei loro democratici ci sembra proprio di stare in Italia dove, però, per eliminare un personaggio politico scomodo non si ricorre all’impeachment ma ai PM, che da noi sarebbero pure “indipendenti” dell’esecutivo.