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La sindrome di Garibaldi ha colpito anche il ministro Sangiuliano?

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Sangiuliano
Viene da domandarsi perché persone importanti, accorte, di costumi solitamente austeri, a un certo punto della loro vita diventino farfalloni o, se vogliamo, allupati coglioni nelle mani della prima avventuriera belloccia che gliela mette sotto il naso. Crediamo c’entri molto la psicologia, un campo nel quale noi non siamo esperti, anche se un’idea a riguardo ce la siamo fatta

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Dopo parecchi rifiuti, la marchesina Giuseppina Raimondi, di diciannove anni, accettò le profferte amorose di Garibaldi che di anni ne aveva cinquantatré: «Ti amo, fammi tua!». Siccome, a modo suo, Garibaldi era democratico e coscienzioso, preferì mettere subito le cose in chiaro con una giovane così nobile e pure disponibile: «Ecco la voce del dovere, io ho nell’isola una donna plebea [Francesca Armosino] e da quella donna ho una bambina, questo sarebbe il minore ostacolo perché io non posso più amarla e non devo unirmi a lei giammai!». Quel giammai era, in realtà, un caso mai, perché con la plebea di Caprera l’eroe dei due mondi avrebbe concepito un altro figlio. 

Comunque, messi da parte i finti scrupoli, Garibaldi impalmò la sua Giuseppina il 24 gennaio del 1860. All’uscita della cappella privata dei marchesi Raimondi a Fino Mornasco, dove si era celebrato il rito religioso, qualcuno che non volle farsi i fatti suoi mise in mano al trepidante e attempato sposo una lettera, rigorosamente anonima ovviamente, con la quale lo in­formava che la novia portava nella pancia il figlio di un altro che – il massimo della figura di merda – era un suo garibaldino! «Signora, siete una zoccola». Queste furono le poco lapidarie parole che Garibaldi diresse alla poco illibata sposina prima di abbandonarla sull’altare per sempre. Inutile dire che l’eroe dei due mondi, l’invitto brando del Risorgimento, divenne lo zimbello di tutte le cancellerie europee. Basti pensare che per rimediare alla figuraccia, accettò la folle impresa (perché quando fu concecipita tale era) della spedizione dei Mille.

Nel 1948, un anno difficile per tutti in Italia, il capo del governo, il super cattolico Alcide De Gasperi, fu costretto a porre un interro­gativo ai suoi più stretti collaboratori: «E adesso che cosa ne facciamo di Sforza?». Era successo che, per quanto lui ne avesse sostenuta la candidatura per la presidenza della repubblica al posto di Enrico De Nicola, il ministro degli Esteri Carlo Sforza dovette rinunciare alla designazione perché erano venute fuori alcune storie goderecce, di letto insomma. In realtà quelle di Sforza erano state storie che, a confronto coi bunga-bunga che fino a qualche anno fa hanno agitato il mondo politico italiano, e con le vicende d’alcova d’oggidì, potevano definirsi un capolavoro di signorilità e di discrezione, anche se perse la presidenza della repubblica. Poi qualcosa deve essere cambiato in peggio nei politici italiani con l’ormone esuberante.

Gianfranco Fini fu un accorto, perfino barboso e intelligente politico di destra fino a quando non intrecciò una relazione sentimentale con una signora di vent’anni più giovane di lui e la sposò. Ebbene, da quel momento commise errori uno appresso all’altro e perse tutto. Prima fece confluire il suo partito, erede del MSI, Alleanza Nazionale, nel Popolo delle Libertà di Berlusconi, poi tradì Berlusconi e fondò un altro partito che si chiamava “Futuro e libertà”, che vantava più esponenti che voti. Infine inciampò sulla falsa vendita (al cognato) di un immobile del partito a Montecarlo per il quale, sebbene con pene diverse, lo scorso 30 aprile sono stati condannati in primo grado lui, la moglie, il suocero e il cognato.

È di queste ore, invece, la vicenda di un austero ministro della cultura, Gennaro Sangiuliano (coniugato), che è andato ad infilarsi in una storiaccia con una bella e pressoché sconosciuta influencer che circolava nei palazzi del governo con degli occhiali-videocamera, titolare di un negozio di abiti da sposa, tale Maria Rosaria Boccia. Senza girarci molto intorno, sarebbe accaduto questo: mentre intratteneva un’amicizia molto intima con lei, Sangiuliano l’avrebbe coinvolta nell’organizzazione del G7 Cultura: non si è capito in base a quali expertise, sorvolando tra l’altro su alcuni protocolli riguardanti la sicurezza di un avvenimento che coinvolgerà importanti capi di Stato e di governo del mondo. Ammesso che questo G7 si farà ancora dopo quanto accaduto. In ogni caso, per i toni che sta assumendo la faccenda, probabilmente la scorribanda del ministro in letti altrui gli costerà il ministero.

Viene da chiedersi allora, perché persone importanti, accorte, di costumi solitamente austeri, a un certo punto della loro vita diventano farfalloni o, se vogliamo, allupati coglioni nelle mani della prima avventuriera belloccia che gliela mette sotto il naso. Crediamo c’entri molto la psicologia, un campo nel quale noi non siamo esperti, anche se un’idea a riguardo ce la siamo fatta. La parolina magica, quella che secondo noi spiegherebbe perché talvota i potenti cascano in trappole letterecce come dei coglioni, è appunto “Potenza”. Ci spieghiamo meglio.

Un uomo importante ma avanti con l’età, che intrattiene una relazione con una partner molto più giovane, sa di non poter stare alla pari con le sue aspettative fisiche  e allora fa ricorso ad un particolare tipo di Viagra, che possiamo riassumere in un pensiero che, più o meno tutti hanno avuto (o avrebbero voluto avere) in situazioni analoghe: «Io sono un uomo potente e importante, pertanto posso fare per te quello che nessun’altro può fare… magari non duro molto a letto, ma posso farti provare altre soddisfazioni». È da quel momento che uomini normalmente assennati ed affidabili, iniziano a commettere tutta una sfilza di cazzate. Peggio di adolescenti allupati e alla prime armi.

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