La passione può essere partigiana, la notizia no
Share
I funzionari del contestato Palazzo Chigi hanno soltanto messo in atto le misure volte a tutelare la sicurezza e l’operatività del governo come gli imponeva indirettamente l’articolo 78 della Costituzione. Questo prevede che, sia in stato di guerra che in caso di crisi, il governo debba essere in grado, in ogni momento, di esercitare i poteri attribuitigli dal Parlamento. Se i membri del governo, braccio operativo di ogni Stato, dovessero giacere in sala di rianimazione, esso non potrebbe evidentemente esercitare tali poteri, condannando così alla catastrofe il proprio Paese
– Enzo Ciaraffa –
Fummo tra quelli che salutarono con perplessa simpatia il primo governo Conte perché, pur senza crederci fino in fondo, speravamo facesse sfracelli del perverso sistema di potere vigente in Italia incarnato dal PD ma, per il repentino e inverecondo trasformismo, siamo oggi tra quelli che più hanno in uggia il suo secondo governo. Tuttavia, avendo fatto nostro un pensiero-guida di Salvemini sull’informazione, se non possiamo essere del tutto imparziali a causa delle nostre passioni, abbiamo il sacrosanto dovere di essere almeno intellettualmente onesti. Questa doverosa premessa per ricordare che un’inchiesta, un servizio o uno scoop giornalistico, se non inquadrati in una corretta cornice storica, sono soltanto la gratuita voglia di suscitare indignazione nel lettore anche quando non ve ne sono gli oggettivi presupposti.
In questi giorni di passione della Sanità nazionale, dove sono morti di coronavirus 22.000 infetti e 120 medici che cercavano di salvarli, è scoppiata la polemica degli “acquisti egoisti di Conte” a seguito di un’inchiesta pubblicata qualche giorno fa da un noto quotidiano romano. Ridotta ai minimi termini la questione sollevata è questa: per affrontare l’emergenza coronavirus, il presidio sanitario della presidenza del consiglio dei ministri si è dotato di mascherine, camici per i visitatori, taniche di gel disinfettante, guanti monouso, farmaci vari, bombole di ossigeno e due elettrocardiografi, insomma tutto quanto le occorreva per attivare un servizio di primo soccorso mirato. E dove sarebbe lo scandalo? Al riguardo i funzionari di Palazzo Chigi hanno soltanto messo in atto le misure volte a tutelare la sicurezza e l’operatività dell’intero governo come imponeva loro indirettamente l’articolo 78 della Costituzione. Questo, infatti, prevede che, sia in stato di guerra che in caso di crisi, il governo debba essere in grado, in ogni momento, di esercitare i poteri attribuitigli dal Parlamento. Se i membri del governo, braccio operativo di ogni Stato, dovessero giacere in sala di rianimazione, esso non potrebbe esercitare tali poteri, condannando così alla catastrofe il proprio Paese. Peraltro, crediamo esista uno specifico protocollo che, in caso di pericolo, stabilisce le misure da adottare per mettere in sicurezza le più alte cariche dello Stato, e la ragione della sua stesura è semplice oltre che di buonsenso: in caso di guerra o di grande catastrofe chi dirigerebbe il Paese se la sua testa pensante, il governo, si trovasse ad essere fuori combattimento?
Anzi, certe misure volte a garantire l’attività decisionale del governo in caso di pericolo non sono di oggi, e non sono soltanto italiane, poiché ogni grande Paese, con in testa USA, Russia e Cina, ha da anni provveduto a realizzare piani e ricoveri del proprio governo per ogni evenienza, dall’attacco nucleare alla catastrofe naturale. L’Italia poi, fino all’implosione dell’Unione Sovietica e del Patto di Varsavia, a partire dal Lazio, pullulava di siti strategici, poco noti o per niente noti, dai quali in caso di guerra (e quella in atto contro il Covid-19 lo è) il governo e gli Stati Maggiori avrebbero potuto dirigere le operazioni: chi scrive, in ragione della sua professione ebbe modo di visitarne uno sul Monte Soratte e uno tra le montagne della Calabria. In questa cornice dovrebbe essere inserita, secondo noi, la storia degli approvvigionamenti sanitari di Palazzo Chigi se vogliamo raccontarla senza faziosità o preconcetti.
Poi, è chiaro, dopo possiamo tornare a dividerci sulla politica, possiamo non essere per niente d’accordo – e infatti non lo siamo – sul buon funzionamento della “testa pensante” del governo Conte e su come stia dirigendo l’emergenza sanitaria in atto. In proposito ci sarebbe tanto da rinfacciargli, a lui e ai media che acriticamente lo fiancheggiano, ma sarebbe comunque un’altra storia.