La parità di genere tra folclore e ipocrisia
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La verità è che la parità affettiva dei diritti delle donne non è ancora diventata mentalità operante ma soltanto una moda lessicale. Come dire, un modo come un altro di sentirsi à la page, specialmente se si posseggono i mezzi e la posizione per poter rispolverare ed esibire ad ogni piè sospinto, specialmente l’8 marzo, tutto il consunto armamentario del peggior femminismo tardo, e fintamente, progressista. Al riguardo basta andare a vedere come, proprio i progressisti nostrani, hanno trattato le donne nel redigere la lista dei ministri da inserire nel governo Draghi un mese fa
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Sui diritti delle donne e sull’effettiva parità di genere in ogni campo ormai tutto è diventato stucchevole: il politically correct e la secolare ipocrisia delle figure istituzionali italiane, delle leggi italiane, della politica italiana e, spesso, anche dei media italiani. La riprova? Sono appena terminati i ludi circensi dell’8 marzo intorno alla Giornata Internazionale della Donna, che è venuto fuori un illuminante episodio che la dice lunga su quale sia realmente la condizione lavorativa delle donne italiane, specialmente nell’ambito dello sport.
La situazione è questa: la giocatrice di pallavolo femminile della “Volley Pordenone”, Lara Lugli, dopo aver comunicato alla società di essere rimasta incinta nel corso della stagione agonistica 2018 – 2019, è stata sciolta dal contratto, sebbene la giovane avesse abortito spontaneamente un mese dopo senza essere riammessa nella squadra. Quando, qualche anno dopo, l’atleta ha richiesto la corresponsione delle mensilità arretrate alla società, questa l’ha citata per danni, in quanto la sua uscita dalla squadra a campionato aperto l’avrebbe penalizzato con la classifica e con gli sponsor.
Siamo certamente consapevoli che una donna incinta non possa, sul piano fisico, svolgere attività agonistica, così come immaginiamo che le società sportive si tutelino contrattualmente da evenienze del genere. Fin qui tutto logico e razionale … ma chi tutela le donne, visto che la maternità è una scelta ma talvolta anche un imprevisto?
In una società dove il politicamente corretto al femminile è arrivato a punte di parossismo tali da stravolgere perfino la lingua italiana ed il buonsenso, come’è possibile che una donna venga poi lasciata sola nel momento più delicato e importante della sua vita? E dove erano coloro che, innamorati dei termini impossibili, sono soliti accapigliarsi ogni giorno per un direttoreal posto di una direttora,per un dirigente al posto di una dirigenta o per un ministro al posto di una ministra,mentre Lara Lugli abortiva in desolante solitudine? Dove erano le martellanti campagne dei media sulla realizzazione dell’effettiva parità nel mondo dello sport? Dov’era il Coni?
La verità è che quello della parità affettiva dei diritti delle donne non è ancora diventato una mentalità operante ma è soltanto una moda lessicale. Come dire, un modo come un altro di sentirsi sempre à la page, specialmente se si posseggono i mezzi e la posizione per poter rispolverare ed esibire ad ogni piè sospinto, specialmente l’8 marzo, tutto il consunto armamentario del peggior femminismo tardo, e fintamente, progressista. A riguardo, basta andare a vedere come, proprio i progressisti, hanno trattato le donne nel redigere la lista dei ministri del PD da inserire nel governo Draghi un mese fa.
Ha, quindi, ragione da vendere il nostro vignettista Donato Tesauro, a ritenere che le donne, anno dopo anno, secolo dopo secolo sorreggono con le loro braccia il macigno di problemi, insufficienze e sviste di leggi manchevoli o, quando esistenti, declinate e/o declinabili al maschile.
Perciò, signori dei media e della politica, uscite da quel mondo che esiste soltanto nella vostra testa e provate a scendere in mezzo alle donne non soltanto l’8 marzo, se non altro per evitare che si ripetano situazioni come quella della pallavolista di Pordenone che – ed è questo che non volete proprio capire! – ha potuto subire una doppia ingiustizia nell’ambito di una legge dello Stato evidentemente insufficiente, nel caso la numero 91 del 23.3.1981.
Oppure il fatto che il torto sia stato perpetrato nel “rispetto” di una legge vi mette a posto la coscienza e … arrivederci a marzo dell’anno prossimo?
(Copertina: Donato Tesauro)
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