La Chiesa contro i comunisti che ha allevato nei suoi oratorii
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Fintanto che il papa sparava a palle incatenate su conservatori e sovranisti, andava tutto bene per la Sinistra e per il mainstream, salvo quando la Santa Sede ha preso posizione sul Disegno di Legge Zan. Sicché, quelli che fino a ieri parlavano di papa Francesco come del Che Guevara vestito di bianco, oggi incominciano a gridare all’attentato all’autonomia dello Stato, proprio loro che lo hanno tenuto arruolato fin dal giorno della sua proclamazione
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Passati gli entusiasmi iniziali, quando ogni cosa che papa Francesco diceva sembrava rivoluzionaria, siamo arrivati a concludere che, fin dagli inizi, egli ha avuto in testa la lucida strategia di spalancare al secolo le braccia della Chiesa per farne ricetto non di virtù eroiche ma, piuttosto, di debolezze umane. Ma qualche lettore si starà già domandando se uno dei compiti “istituzionali” della Chiesa non sia proprio questo, farsi curatrice e sostegno delle debolezze umane. Certamente è così, ma con qualche puntualizzazione. Il compito della Chiesa non è quello di scimmiottare il secolo ma di studiarlo e di capirlo, per potergli indicare la rotta morale, come fece – per fare l’esempio a noi più noto – papa Leone XIII con la coraggiosa enciclica sociale Rerum Novarum.
Ma è dalla morte di Giovanni Roncalli, il papa dell’ultimo Concilio, che nessun occupante il soglio di Pietro è stato in grado di tracciare un programma morale, prima che spirituale, per la Chiesa futura: o perché non ha potuto, o perché non ha voluto, o perché non ha saputo farlo. Ciò in ragione del fatto che le aperture moderniste giovannee non ebbero un erede, dal momento che il suo successore, Paolo VI, si pose a metà strada tra la modernizzazione e la restaurazione della Chiesa, imperniandola sui cardini di tutela della fede e della vita umana, un programma poco rivoluzionario ma di certo capibile e rassicurante, perfino conformista secondo alcuni. Ma se non è conformista un’istituzione che regge la fede cattolica da oltre due millenni, chi può esserlo a questo mondo? E poi non dimentichiamo che il pontificato di Paolo IV dovette convivere con i disastri del Sessantotto, ponendosi in una posizione necessariamente para-conservatrice.
Ebbene, da quegli anni ad oggi, eccetto il teologo Joseph Ratzinger, sul soglio di Pietro si sono alternati papi con la tendenza a stupire, ricorrendo spesso ad ammiccamenti e a ruffianerie mediatiche, che hanno catalizzato battimani ed entusiasmo a Piazza San Pietro, hanno riempito gli stadi ma non le chiese, come non hanno portato aspiranti sacerdoti nei seminari o procurato pecorelle al gregge di Dio. Poi, dopo un nebuloso dimissionamento di papa Benedetto XVI, è arrivato il gesuita Bergoglio che, col suo stile di prete batacchione, ha fatto perdere molte posizioni alla Chiesa, specialmente laddove si è andato ad impegolare in attacchi diretti alla politica in generale e ai leader conservatori, democraticamente eletti dai loro popoli in particolare. Ma, fintanto che il papa si accaniva su conservatori e sovranisti, andava tutto bene per la Sinistra e per il mainstream, salvo quando ha preso posizione sull’orrendo Disegno di Legge Zan: quelli che fino a ieri parlavano di papa Francesco come del Che Guevara dei cattolici, oggi cominciano a gridare all’attentato all’autonomia dello Stato. Ma su questo argomento ritorneremo più avanti.
Che la Chiesa sia diventata una barca senza pilota lo si capisce anche dalle critiche che, in modo sempre più diretto, le muove l’intellighenzia che la sosteneva. Lo storico delle religioni, il professore Alberto Melloni, un catto-progressista che fino a ieri è stato un estimatore del papato bergogliano, oggi lo critica pesantemente, come ha fatto dalle pagine su Repubblica qualche giorno fa perché il papa, a suo parere «…comprime i diritti dei fedeli e fissa la liquidazione dei capi in nome di un bene definito ideologicamente». Insomma, aggiungiamo noi, il papa si adopera per la politica piuttosto che per l’affermazione delle virtù teologali come le fede, la speranza e la carità. In verità qualcosa del genere lo aveva scritto in un articolo, qualche anno fa, un altro uomo di pensiero, il filosofo Marcello Veneziani, secondo il quale, in fatto di fede, questo papa «Allontana i vicini e avvicina i lontani».
A rendere più indecifrabile la situazione oltre le mura leonine è partita, diretta al governo italiano, una nota della Segreteria di Stato Vaticana, secondo la quale il Disegno di Legge Zan violerebbe l’accordo di revisione del Concordato tra lo Stato italiano e la Chiesa, impedendo a quest’ultima di esercitare il proprio magistero: è la prima volta, negli ultimi otto anni, che la Santa Sede prende una posizione netta! Anche se, a questo punto, non si capisce più se questo papa sia progressista oppure conservatore. Secondo noi a definire realisticamente il pontefice regnante fu il defunto politologo Giovanni Sartori: «Per me, è una sciagura questo papa che straparla […] Il politologo fallo fare a me… tu occupati delle cose di cui si occupano i preti […] È un argentino furbacchione e avrebbe immense questioni su cui concentrarsi». E aveva ragione, non era di un papa filo-comunista e piuttosto abborracciato in materia di fede che aveva bisogno la Chiesa, ma della riformulazione del messaggio cristiano, senza rompere con una tradizione bimillenaria dall’oggi al domani, perché la Chiesa visibile è tra le più antiche costruzioni ideali dell’uomo e uno scossone troppo forte la ridurrebbe a pezzi.
Ecco perché il papa ideale d’inizio millennio sarebbe dovuto essere, secondo noi, Benedetto XVI in ragione del fatto che egli era un dogmatico, cioè quel che ci sarebbe voluto dopo un papa politico come Wojtyla. Ma la Chiesa, in preda ormai alle convulsioni dei diritti crescenti, del proliferare delle identità sessuali, del secolarismo, delle congiure e della corruzione, lo espulse come un corpo estraneo, un’espulsione alla quale, secondo una vulgata fanta vaticanista, pare non sia stato estraneo l’allora cardinale Bergoglio. Sta di fatto che, secondo padre Paul Kramer, esperto del mistero di Fatima e autore del libro La battaglia finale del Diavolo, la cattedra di Pietro sarebbe stata addirittura usurpata dal papa sedente. A riguardo, per quanto nella Chiesa mistero e fede convivono da millenni, noi non crediamo a congiure tipo film Codice Da Vinci.
Vero è che, avendo alimentato aspettative secondo cui la misericordia divina alla fine perdona ogni iniquità (imitato in questo dalla “giustizia” dello Stato laico in verità), l’attuale papa non può più prendere di petto i veri problemi che angustiano la società e la casa di Dio in terra, sicché invece di dar risposte nette alle angosce ed ai dubbi dei fedeli, almeno fino ad oggi, ha preferito rifugiarsi nell’abusata locuzione «Chi sono io per poter giudicare?». Che, poi, non è una gran risposta e, per come la vediamo noi, è addirittura una bestemmia da parte del vicario di Cristo che nel suo magistero avrebbe il dono dell’infallibilità, essendo direttamente guidato dallo Spirito Santo. Ma, da quanto traspare dalla nota vaticana diretta al governo italiano, sono gli eventi che stanno spiegando a Francesco Bergoglio chi egli sia e perché si trovi a quel posto: è il Pontefice Massimo della Chiesa cattolica e dei suoi valori non negoziabili!
Ma la confusione, lo smarrimento e soprattutto l’ignavia della Chiesa di Bergoglio hanno prodotto almeno, fino ad oggi, perversi effetti, come quello di voler rendere accettabile ed etico ciò che invece è inaccettabile per qualsiasi religione che abbia a cuore l’ordinato fluire sociale e la continuazione della specie umana sulla terra, e parliamo della Legge Cirinnà sui matrimoni gay. Se non a battersi per i suoi principi a che cosa serve, sennò, la Chiesa di un Dio che ci ha creati per essere imitato nel bene e nel giusto? Quando il teologo polacco operante nella Santa Sede, monsignor Krzysztof Charamsa, il 3 ottobre del 2015 dichiarò urbi et orbi di essere gay, probabilmente non aveva valutato che con la sua ammissione pubblica e la comparsata – in abito talare! – sui media assieme al tenero ed effusivo “fidanzato” stava imponendo una scelta perfino a questo papa: continuare con la politica del finto piacione e suicidare ciò che di buono restava della Chiesa tradizionale, o iniziare a tracciare la rotta morale per il nuovo secolo?
Quale delle due strade sarebbe stato costretto a percorrere alla fine Bergoglio lo intuimmo alla chiusura del non sereno Sinodo sulla famiglia del 24 ottobre 2015, dal quale emerse che la maggior parte dei cardinali non aveva gradito alcuni accenni di apertura sui divorziati e soprattutto sui gay. La possibilità di comunicarsi per i divorziati, ad esempio, passò per il rotto della cuffia, mentre nei confronti dei matrimoni gay vi fu la chiusura totale dei vescovi. Ma lo scontro finale tra rigoristi e neo modernisti era soltanto rimandato perché, prima o poi, sarebbe occorso far chiarezza sui doveri del cristiano come “soggetto biologico”, laddove si pensi che oggi esistono oltre una decina di identità sessuali come gender, transgender, cisgender, androgino, pangender, demiboy, demigirl, gender fluid, female to male, male to female. Perché la risposta che oggi si pone alla coscienza del credente è: «Può un cristiano costruirsi su misura un’identità sessuale sterile e poi andare a battersi il petto nella Chiesa di Colui che disse Crescete e moltiplicatevi – Non avrai con un uomo relazioni carnali come si hanno con una donna perché è cosa abominevole?».
Ma anche a volerlo inquadrare prescindendo dalla religione, da ogni religione, il matrimonio tra persone dello stesso sesso proprio non si coniuga con la sopravvivenza della specie umana sulla terra. Il matrimonio tra uomo e donna fonda, infatti, sulla loro capacità/volontà di poter procreare, non disgiunta, s’intende, dalla componente sentimentale, perciò non è vero che il sano vincolo matrimoniale riduce la donna ad una fattrice e l’uomo ad un animale da monta, anzi, assegna loro un compito sublime, quasi simile a quello di Chi ha fatto lo stampo della nostra creazione. Sono con noi anche la fisica e la chimica, perché non si sfugge al fatto che in natura si attraggono gli opposti e non i simili, anzi, ciò che esiste nell’universo conosciuto, esiste soltanto per il fatto che tutte le cose esistenti si compongono di segni opposti.
E, per chiudere, ritorniamo al ddl Zan contestato dalla santa sede, una contestazione alla quale Draghi ha risposto in Parlamento con una ovvietà: «L’Italia è uno Stato laico». Ciò, infatti, è incontrovertibilmente vero ma, allo stesso tempo, è anche una sciocchezza perché lo Stato italiano è così poco laico che alla Chiesa non fa pagare l’Ici sugli immobili tant’è che al riguardo si è beccato un cazziatone indiretto dalla Corte di Giustizia Europea. A tutto questo bisogna aggiungere che il 74% degli italiani si professa cattolico (sondaggio Ipsos del 2017) e siccome, giusto per parafrasare il don Camillo di Guareschi, nella cabina elettorale Dio ti vede e Draghi no, è facile prevedere come andrà a finire: la Chiesa ritornerà ad essere “mitologica” – come dovrebbero esserlo tutte le religioni ultraterrene – dopo questa sua presa di posizione ufficiale; il Centrosinistra arroccato sul ddl Zan perderà una barcata di consensi e il Centrodestra diverrà l’asse portante di Draghi… se prima, però, riuscirà a mettersi d’accordo con se stesso.
Ma siccome fino a questo momento abbiamo tenuto fuori dalla discussione il convitato di pietra, il Concordato, andiamo a vedere rapidamente come stanno realmente le cose secondo tale accordo. Il Concordato tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede (quello siglato da Craxi nel 1984 per intenderci) all’articolo 1 riconosce alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere il suo magistero pastorale, una libertà che, però, viene pesantemente limitata dal ddl Zan che, in verità, un po’ rassomiglia a certe leggi dei regimi comunisti. Ciò si concreta all’articolo 7 di tale disegno, dove non si esentano le scuole cattoliche dal dover per forza organizzare attività pertinenti durante la Giornata Nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia e la transofobia, andando così a limitare la libertà di pensiero dei cattolici ai quali, evidentemente, non si può imporre di andare contro il precetto fondante della Genesi di crescere e moltiplicarsi. Una situazione generale incasinata oltre ogni misura, non v’è che dire, però almeno sappiamo che c’è un papa a Roma. E questo non è poco per lo smarrito cattolico del terzo millennio. Di nostro possiamo soltanto aggiungere che ci sembra di stare ad assistere all’atto conclusivo della caduta dell’Impero Romano d’Occidente, e questo ci riempie di tristezza e di rabbia, anche perché nessuno storico scriverà mai che l’Italia perì sotto i colpi di coloro che, con guerriera pertinacia, si preoccuparono più delle malusate terga di un piccolo numero di persone invece che dei gravi problemi di sopravvivenza di sessanta milioni d’italiani.