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L’incubo di Giorgia e la lezione da apprendere

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Giorgia
Senza progetti coraggiosi è inutile farsi illusioni sulla soluzione indolore del problema immigrazione, perché gli accordi che la premier Giorgia Meloni sta cercando di portare avanti con alcuni Paesi nordafricani per frenarla, sono destinati a non funzionare, dal momento che non si capisce perché tali governi dovrebbero tenersi in casa torme di diseredati turbolenti e potenzialmente eversivi

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Ai tempi della troppo vituperata prima repubblica la Democrazia Cristiana, il Partito Socialista, il Partito Repubblicano e il Partito Liberale governarono insieme il nostro Paese per molti anni, pur essendo partiti piuttosto disomogenei e, bisogna dire, quelli non furono gli anni peggiori della nostra vita. Questo poté accadere perché essi costituivano una coalizione di partiti che, eccetto la colpa di non aver saputo fermare il fascismo nel 1922, non avevano fantasmi nell’armadio della memoria o, se preferite, complessi di colpa storici. All’epoca non si poteva dire la stessa cosa del Partito Comunista Italiano e del Movimento Sociale, i quali, non potendo esibire lo stesso pedigree, rimasero a lungo (almeno ufficialmente…) esclusi dai governi fino all’irruzione nella scena politica di Silvio Berlusconi che sdoganò la Destra e, indirettamente, anche i comunisti sotto mentite spoglie.

Ma mentre l’anima rossa dell’erede del Partito Comunista Italiano, il Pd, ha potuto contare in questi anni sulla sbianchettatura del suo brutto passato, operata dai più affermati media, dall’Europa di Bruxelles, dagli istituti finanziari, da molti settori istituzionali, dal mondo industriale e perfino dalla Chiesa, il Movimento Sociale Italiano, poi Alleanza Nazionale, poi Popolo della libertà, poi Fratelli d’Italia invece non soltanto non è riuscito a liberarsi dei sensi di colpa del passato, ma neppure di quelli più recenti. E questo costituisce un’autentica pastoia per un governo dove l’azionista di maggioranza è proprio Fratelli d’Italia la cui leader/premier, nel prossimo autunno, assieme ai suoi alleati dovrà affrontare, oltre ai rinnovati attacchi di una sinistra in verità populista e sgangherata, i contraccolpi della guerra in Ucraina, le elezioni europee, la seconda legge di bilancio, la sfida strutturale contro il lavoro povero, l’attuazione del Pnrr che procede con difficoltà, la stessa Europa sull’accennato patto di stabilità e il nuovo decreto immigrazione. Ebbene, per quanto l’affermazione possa sembrare esagerata, stante le altre severe problematiche alle viste, l’autunno prossimo la credibilità del governo Meloni si giocherà proprio sull’immigrazione.

Perché proprio sull’immigrazione?

Perché il contrasto all’immigrazione irregolare è stato per FdI (e per la Lega) una cifra identitaria, è parte integrante del suo programma politico, a fronte del fatto che mentre essi sono al governo, da gennaio scorso a oggi in Italia sono arrivati all’incirca 100.000 migranti che non sanno più dove mettere: numeri mai visti, neppure con i lassisti della Sinistra al governo! A questo bisogna aggiungere l’aggravante che, trattandosi di migranti economici privi di qualsiasi specializzazione per poter essere immessi nel mercato del lavoro di un Paese tecnologico, nel giro di qualche mese li ritroveremo, nella migliore delle ipotesi, a zappare in campagna per quattro soldi oppure, e avviene nella maggioranza dei casi, dediti ad attività delinquenziali.

Insomma, proprio con quel governo di destra-centro, che voleva combattere l’immigrazione selvaggia con i suoi perversi effetti collaterali sulla società civile, è stato messo ancora più a rischio l’equilibrio societario, sottraendo altre risorse al welfare degli italiani che già era alla canna del gas: è folle pensare che le nostre tasse possano essere a lungo spese per mantenere dei giovani e forti (e nullafacenti!), provenienti per la maggior parte da Paesi dove non c’è la guerra, sottraendole agli anziani, ai pensionati, agli ammalati, alla scuola, eccetera. 

L’assurdo di cui sopra incomincia a emergere in tutta chiarezza perché, dopo aver predicato per anni che bisognava accogliere tutti senza nessuna selezione in entrata, adesso anche il Pd territoriale si sta rendendo conto che, con il ritmo di centomila/duecentomila arrivi d’irregolari spalmati sui Comuni ogni anno, l’elementare ordito amministrativo del nostro Paese se ne andrà a puttane, perché risorse per accogliere, vestire, sfamare e magari dargli anche il reddito di cittadinanza a tutti non ve ne sono più e, da Monti in poi, di risorse economiche da Roma ne arrivano sempre meno ai Comuni.  Per il resto è inutile farsi illusioni sulla risoluzione a breve di questo problema, perché gli accordi che la premier Meloni sta cercando di concludere con alcuni Paesi nordafricani per frenare la partenza dei migranti dalle loro coste non può funzionare per una semplice ragione: perché tali governi dovrebbero tenersi in casa torme di diseredati recalcitranti, oltre che potenzialmente eversive? Hanno, evidentemente, tutto l’interesse a farli partire e, magari, incamerarne anche le rimesse dall’estero assieme a quelle elargite da alcuni governi europei con l’illusione di comprarsi qualche anno di tranquillità.

Ma se per varare una nuova politica contro l’immigrazione selvaggia la Meloni non avrà più pregiudizialmente contro i sindaci del Pd, resta comunque il nome di una località che continua a procurarle incubi notturni: Cutro. Come ben ricorderanno gli italiani, d’avanti alle coste di questa località calabrese, lo scorso 26 febbraio si arenò e affondò un cacicco carico di migranti, determinando la morte di 94 di essi. Ancora oggi non si è capito come andarono effettivamente le cose quella notte a Cutro tra il Viminale, l’Agenzia Europea della Guardia di Frontiera e Costiera, nota come Frontex, e il governo, sta di fatto che la circostanza, abilmente strumentalizzata dalla Sinistra, procurò non pochi problemi al governo e gli incubi notturni a Giorgia Meloni. Per cui, temiamo che, almeno sull’immigrazione, in autunno non succederà nulla per non aprire un contenzioso con l’Europa mentre si dovrà discutere del Pnrr e negoziare il mantenimento dell’attuale patto di stabilità.

Però, nessuna miliardaria erogazione di fondi (peraltro da restituire con gli interessi), nessun patto di stabilità sarà sufficiente per mantenere a galla la barca Italia se non si uscirà, al più presto, dalla perversa illusione che un Paese con un debito pubblico stratosferico come quello nostro possa provvedere alle esigenze degli italiani e accogliere-mantenere mezza Africa. Ed era esattamente questo che aveva promesso di voler fare il governo in carica a trazione FdI composto, in pratica, dagli stessi partiti che, grazie alla triade NapolitanoSarkozyMerkel, nel 2011 se ne ritornarono a casa con le pive nel sacco pur avendo stravinto le elezioni. E, stando a quanto rivelato dal pregiudicato ex presidente francese Sarkozy nel libro “Les temps des combats”, un’evenienza del genere è sempre dietro l’angolo per quei governi che hanno paura di decidere e che, nei momenti difficili, tendono a disgregarsi come avvenne all’epoca, invece di compattarsi.

Non siamo certo in grado di suggerire al governo che cosa fare per l’immigrazione ma, dopo avere ascoltato attentamente quanto ha detto Giancarlo Giorgetti al meeting ciellino di Rimini sulle pensioni, forse è giunto il momento delle decisioni coraggiose come quella di selezionare – regolarizzare – formare qualche milione di nuovi lavoratori pescandoli tra gli immigrati meritevoli di essere regolarizzati anche con la concessione di nazionalità: sarebbero questi nuovi italiani a pagare le nostre pensioni. È vero, sarebbe una rivoluzione copernicana per la destra, ma fece qualcosa di simile anche Angela Merkel che proprio di sinistra non era.

Peraltro, così facendo l’Italia avrebbe anche le carte in regola per poter “imporre” agli altri Paesi europei di fare la loro parte in materia d’immigrazione e di accoglienza. Ma per questo ci vorrebbe tanta lungimiranza e, soprattutto, la capacità e il coraggio di trarre insegnamenti anche dagli incubi.

(La copertina è di Laura Zaroli)

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