Kamaleonte Harris
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Non possiamo criticare la vice presidente americana Harris per aver messo, sebbene tardivamente, la sicurezza del suo Paese al primo posto dell’agenda politica durante la visita in Guatemala, ma la mancanza di coerenza, un vero e proprio camaleontismo in tema d’immigrazione sì. Come pure critichiamo la Sinistra e l’informazione mainstream per aver veementemente attaccato Donald Trump quando sull’immigrazione diceva le stesse cose che dicono oggi Biden e la sua vice presidente senza che se ne scandalizzi nessuno
– Enzo Ciaraffa –
Quando sono in campagna elettorale i politici di ogni latitudine sono capaci di promettere qualsiasi cosa, anche – come sosteneva il leader sovietico Nikita Krusciov – di voler costruire un ponte dove non c’è un fiume. Ricordiamo che durante le ultime elezioni presidenziali americane, sullo scottante tema dell’immigrazione sia Biden che la sua vice Kamala Harris promisero di voler «… porre fine alla vergogna nazionale dell’amministrazione precedente» che, in realtà, stava validamente contrastando l’immigrazione illegale proveniente dall’America Latina attraverso la frontiera messicana, come peraltro Donald Trump aveva promesso durante la campagna elettorale che lo portò alla Casa Bianca.
Ebbene, la vice presidente Kamala Harris, che essa stessa è figlia d’immigrati, durante il suo primo viaggio all’estero, in Guatemala per la precisione, ha smentito le promesse fatte in campagna elettorale sull’immigrazione con parole che non si possono prestare ad equivoci: «Voglio essere chiara con le persone di questa regione che stanno pensando di intraprendere quel pericoloso viaggio verso il confine tra Stati Uniti e Messico: non venite. Non venite – Gli Stati Uniti continueranno a far rispettare le loro leggi e a proteggere i nostri confini».
Non voglio soffermarmi sulla mancanza di coerenza della vice presidente democratica in fatto d’immigrazione di per sé evidente, né posso d’altro canto criticare i legittimi proponimenti di un politico che, sebbene con ritardo, intende mettere la sicurezza del Paese al primo posto della sua agenda, ma una domanda posso farla, e non alla Harris, bensì ai signori della Sinistra italiana e dell’informazione mainstream: «Sapete dirmi perché quando queste cose le diceva Donald Trump gli davate addosso come una bavosa canea mentre adesso ve la cavate con degli asettici, insulsi, servizietti?». Peraltro, nessuno di costoro ha osato scrivere che l’amministrazione Biden non ha affatto intenzione di smantellare il muro di confine di Tijuana, una barriera contro l’immigrazione clandestina fatta costruire nel 1990 dal presidente repubblicano George Bush padre (non dal bieco Trump) e proseguita col democratico e sponsor di Biden, Bill Clinton, il puttaniere dello studio ovale e adesso padre nobile dei democratici americani assieme a Barack Obama.
Come scrivemmo in un articolo dello scorso 7 novembre del 2020 pubblicato sul nostro blog “Addio mister president“, la verità che nessuno ha voluto raccontare è che quelli di Trump alla presidenza degli Stati Uniti sono stati anni buoni per molte ragioni, soprattutto perché, a differenza del suo predecessore, al quale fu dato pure il Nobel per la pace, dopo appena sei mesi di permanenza alla Casa Bianca, il finto-chiomato presidente non ha esportato guerre in giro per il mondo. Neppure ha occupato nessun Paese, non ha voluto imporre a nessuno la democrazia a suon di bombe, come aveva fatto Obama in Libia, e le conseguenze di tale atto sconsiderato le stanno pagando, Italia in testa, i Paesi che affacciano sul Mediterraneo non essendoci più un governo libico forte e, perciò, capace di impedire le partenze dell’immigrazione illegale dalla sponda nordafricana.
Aspettiamo di vedere quale altra sorpresa ci riserverà la camaleontica vice presidente americana, quale sembianze assumerà la prossima volta che si parlerà di temi divisivi come l’immigrazione e le tasse: di questo passo, lungi dall’essere la marcia in più dell’attempato presidente grazie alla sua giovane età, diverrà un problema della sua strategia comunicativa. Anche se, secondo il politologo americano Edward Luttwak, dal Guatemala Kamala Harris ha voluto lanciare un messaggio forte sull’immigrazione pensando alle elezioni di medio termine che si terranno il prossimo anno negli Stati Uniti, allora che l’Amministrazione democratica, che già non ha la maggioranza al Senato, se non corregge la linea sull’immigrazione, potrebbe perderla anche alla Camera, rimanendo così ostaggio perfetto del Congresso a maggioranza repubblicana fino allo scadere del mandato.
Sicché i democratici americani, che sono camaleontici almeno quanto i Grillini nostrani, si rimangeranno tutto ciò che hanno promesso al loro elettorato durante la campagna elettorale, pur di conservare la maggioranza in almeno una delle due Camere. L’unica differenza con la situazione italiana è che in America uno come Giuseppe Conte, al massimo, potrebbe fare l’addetto agli ascensori della Casa Bianca perché da quelle parti decide il popolo da chi vuole essere governato, un popolo che, solitamente, ha una buona memoria e non dimentica i tradimenti.