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Invece di offenderli prendiamoli ad esempio

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El Alamein
In tempi in cui tutti tradiscono tutti: i giuramenti fatti alla Patria, le istituzioni, la Costituzione e la democrazia, certe critiche sul senso del dovere e dell’onore dei nostri soldati nella II Guerra Mondiale, un eroismo che certuni confondono col bellicismo, sono ridicole anche perché provengono da un pulpito ampiamente screditato

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Lo scorso 23 ottobre, giorno dell’ottantaduesimo anniversario dell’inizio della seconda battaglia di El Alamein, sono scoppiate le solite, stupide polemiche, stavolta da parte dell’Anpi di Abbiategrasso, secondo la quale tale ricorrenza non andava celebrata perché in quella battaglia i soldati italiani uccisero e si fecero uccidere per difendere i regimi fascisti e nazisti. Al di là del livore antipatriottico che ormai è diventato quasi l’unico patrimonio “culturale” dell’Anpi e della Sinistra, un’affermazione del genere è gratuita e antistorica. Ciò perché essa non tiene conto del fatto che i soldati di El Alamein (che, non dimentichiamolo, facevano parte di un esercito di leva), combatterono con le unghie e con i denti, non per il cosiddetto duce, ma per un’idea risorgimentale di Patria e, poi, ieri come oggi i soldati non si scelgono le guerre da andare combattere, ma vanno laddove li manda il governo e ce li tiene il loro senso del dovere. Che poi a governare vi sia Mussolini, oppure De Gasperi conta solo fino a un certo punto, perché è sempre l’uomo, con i suoi valori interiori e con il suo coraggio, a decidere con quale spirito affrontare le battaglie del suo Paese.

Consentiteci un accenno fugace a quell’avvenimento di ottantadue anni fa, in modo da far capire meglio a chi ci segue (specialmente se giovane) di che cosa stiamo parlando. La seconda battaglia di El Alamein, località in territorio egiziano, durò dal 23 ottobre al 5 novembre del 1942. Ebbene, quel titanico scontro militare è ricordato per due principali ragioni. La prima fu quella che, assieme alla sconfitta di Stalingrado, esso segna l’inizio della fine per gli italo tedeschi in Africa e la costituzione del primo trampolino di lancio per l’invasione dell’Italia e dell’Europa da parte degli Alleati. In buona sostanza possiamo dire che l’Asse perse la II Guerra Mondiale a El-Alamein e, poi, a Stalingrado.

La seconda ragione fu l’eroismo – che a Sinistra scambiano spesso per bellicismo – dei soldati italiani, costretti a battersi in condizioni di netta inferiorità materiale e sotto il comando di Generali (quelli italiani…) che è generoso definire soltanto scalzacani. Sicché, proprio in questi giorni di ottantadue anni fa, i nostri padri e i nostri nonni, pur consumati dalla fame e dalla sete nel deserto libico-egiziano, assieme ai tedeschi, stavano dando filo da torcere ai militari degli eserciti appartenenti al Commonwealth britannico e alla Francia Libera. E, pensate, la stragrande maggioranza di essi non era neppure di fede fascista! Erano soltanto uomini del loro tempo.

Ma noi, per ricordarli con rimpianto, affetto e tanta ammirazione, non vogliamo ricorrere alla prosa intrisa di vuota retorica che solitamente si utilizza in questi casi, anche perché se lo facessimo di certo non renderemmo realmente onore agli eroici ma umili combattenti italiani d’Africa, tra i quali si segnalarono per la prima volta al mondo i paracadutisti della Divisione “Folgore”. Insomma, non vogliamo fare l’errore uguale e contrario a quello dell’Anpi abbiatense, ecco perché, per ricordare coloro che combatterono ad El Alamein fianco a fianco dei folgorini, abbiamo scelto di ricorrere al pensiero di soggetti al di sopra di ogni sospetto: gli ex, supponenti alleati di allora e perfino i loro nemici!

Il Feldmaresciallo tedesco Erwin Rommel, la volpe del deserto, che disprezzava profondamente i Generali italiani, così si espresse sui nostri soldati il 2 marzo 1941: «Gli italiani, qui in Africa, sono degli ottimi camerati e dei bravi e valorosi soldati. Se avessero i nostri mezzi e la nostra disciplina, potrebbero gareggiare con le nostre migliori truppe».

La radio inglese del Cairo l’8 novembre 1942: «La Divisione Folgore ha resistito al di là di ogni possibile speranza».

Winston Churchill alla Camera dei Comuni il 21 novembre 1942: «Dobbiamo davvero inchinarci davanti ai resti di quelli che furono i leoni della Folgore…».

La Bbc di Londra negli stessi giorni: «Gli ultimi superstiti della Folgore sono stati raccolti esanimi nel deserto. La Folgore è caduta con le armi in pugno».

Dopo di che, di che cosa pensi l’Anpi di Abbiategrasso a riguardo dei nostri valorosi combattenti di El Alamein, ce ne possiamo tranquillamente fottere. Sia i vivi che i morti.

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