In tre anni ci facemmo 8.760 chilometri a piedi per andare a scuola eppure fummo felici
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A momenti scoppia una crisi di governo perché una studentessa universitaria lombarda, Ilaria Lamera, per non farsi, comodamente seduta in treno, i 56 chilometri che separano Bergamo da Milano, si è accampata d’avanti al Politecnico di Milano in una tenda, subito imitata dai colleghi di altre università italiane
– Enzo Ciaraffa –
Causa l’assenza di collegamenti pubblici, per tre anni mi sono fatto – tra andata e ritorno – circa otto chilometri a piedi, ogni giorno, per recarmi a frequentare la scuola media in un paese vicino al mio. E non ero il solo a partire al mattino presto per essere in classe alle ore 8,00, perché altri adolescenti partivano con me o s’intruppavano col mio gruppo lungo il percorso. All’epoca lo zaino lo utilizzavano soltanto i militari e gli alpigiani, sicché i libri si portavano in mano tenuti fermi con un elastico. Nonostante tale ingombro, se pioveva ci proteggevamo con l’ombrello e andavamo avanti senza problemi, se invece nevicava calzavamo semplicemente gli stivali con meno pretensioni dell’onorevole Soumahoro.
Nessuno ci doveva tirare dal letto al mattino, nessun genitore ci poteva accompagnare perché poche famiglie avevano l’auto, sapevamo di doverci alzare per andare a scuola come il papà andava al lavoro: punto e basta! Eppure, credetemi, durante il percorso non avevamo l’aria cupa dei ragazzi di oggi mentre si recano a scuola, curvi sotto uno zaino da alpino della Grande Guerra. Infatti, scherzavamo, fumavano in tre o quattro qualche sigaretta sottratta di nascosto dal pacchetto di papà, ci raccontavamo barzellette sconce apprese dai fratelli maggiori, con l’aria da adulti malvissuti incominciavamo a scambiarci opinioni sul nostro “pesce” (così si chiama il bigolo nel Meridione d’Italia) iniziando, senza accorgercene, a diventare adulti fisicamente sani, caratterialmente equilibrati e psicologicamente senza complessi. Ciò perché i docenti di quel gruppo eterogeneo che ogni mattina partiva per il paese vicino erano stati la gioia di fare insieme un tratto della strada della vita, il sereno confronto, l’integrazione e l’interazione. Dopo questo tirocinio della strada uscimmo dalla scuola media più maturi e da giovincelli felici nonostante i circa 8.760 chilometri che ci eravamo fatti a piedi in tre anni.
Di contro, a momenti scoppia una crisi di governo perché una studentessa universitaria lombarda, Ilaria Lamera, per non farsi (comodamente seduta in treno) i 56 chilometri che separano Bergamo da Milano, per protesta si è accampata d’avanti al Politecnico di Milano in una tenda, subito imitata dai colleghi di altre università italiane. Non è parso vero alla Sinistra e ai Cinque Stelle di poter saltare in groppa al cavallo di questa protesta dimentichi – succede spesso alla Sinistra – che a tagliare i fondi per i nuovi posti letto nelle università sono stati dei governi che di destra proprio non erano, come dire quelli di Monti, di Letta, di Renzi, di Gentiloni e di Conte. Comunque, il problema degli alloggi universitari esiste e bene ha fatto il governo a stanziare 660 milioni per risolverlo al più presto possibile, ma i ragazzi in tenda stiano attenti a non diventare le nuove sardine di una Sinistra che è stata la prima grande tagliatrice di fondi per l’università quando era al governo.
(Copertina di Laura Zaroli)
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