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Il vaccino Mastella ha funzionato ma Conte non è più forte di prima

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Conte
Ieri al Senato si è svolto tutto come da copione sotto la regia occulta dei Mastella. Sicché, un po’ con le blandizie, un po’ col mercimonio, un po’ agitando il mostro pandemico, Conte, che assieme a quel genio di Arcuri non riesce a far vaccinare gli italiani, si è potuto vaccinare contro l’uscita da Palazzo Chigi, mentre sta per affluire nel nostro Paese una marea di soldi che, forse, ha avuto un precedente soltanto nel Piano Marshall del dopoguerra. Ma, paradossalmente, la vittoria rende più debole il premier perché lo consegna ostaggio alla sua stessa, raccogliticcia  maggioranza. Ma rimarrebbe debole, anzi lo sarebbe di più,  perfino se recuperasse Renzi
– Enzo Ciaraffa –

La discussione generale sulla comunicazione del presidente Conte al Senato, per contenuti e toni, non è stata molto diversa da quella fatta alla Camera l’altrieri e, a volerlo tradurre in poche parole, è stato un misto di autoreferenzialità, di minacce, di paradisiache promesse e di contraddizioni delle quali evidentemente non si è accorto il fido Casalino che gli prepara i discorsi. Infatti, il presidente del consiglio ha affermato, con insopportabile improntitudine, che la «… politica è stata chiamata ad assolvere alla sua più nobile missione, servono un governo e forze parlamentari volenterose», ben sapendo, lui e noi, che i volenterosi altri non potevano essere che dei traditori di un mandato elettorale e di una promessa fatta ai loro elettori: davvero una pessima compagnia per pensare di poter assolvere la sua nobile missione in maniera moralmente accettabile.

Ma, assieme ai toni patriottici più falsi di una cravatta di Gucci acquistata al mercatino tribale degli indios amazzonici, nel discorso di Conte c’erano anche molti richiami ai soldi del Recovery Fund (la cui gestione è stata la vera causa della rottura con Matteo Renzi), ovvero uno specchietto per le allodole per le truppe mastellate, ma niente sui piani di vaccinazione mai seriamente organizzati, che in questo momento addirittura sono bloccati per mancanza di dosi, niente di nuovo per la scuola e per gli insegnanti, e niente sui mancati indennizzi alle imprese. Tra le cose da farsi Conte ha inserito – come stanno facendo da trent’anni tutti i governi che lo hanno preceduto – la riforma della magistratura, un problema che, secondo lui, si risolve con maggiori assunzioni e non, ad esempio, con la separazione delle carriere dei magistrati.

Le dichiarazioni di voto e il dibattito che ne è seguito hanno avuto dei momenti di grande imbarazzo, come quando il senatore del M5S, Andrea Cioffi, ha tentato di spiegare che il “Sì” del suo movimento a Conte era dovuto all’amore verso il premier, frutto di una nebulosa e fabulosa combinazione di … azoto, di potassio e carbonio. Ha detto veramente così!

Ma il dibattito ha avuto anche momenti che definirei d’ilarità, se il momento lo consentisse, quando il senatore Bagnai, citando Orazio, ha detto che nella compagine governativa «All’arrivo del malloppo è cominciato l’intoppo», o quando Ignazio La Russa ha definito quella di Conte una palingenesi che lo ha trasformato da millantato avvocato del popolo a suo carceriere. E che cosa dire del poco edificante spettacolo offerto dal senatore ex grillino, ed ex no vax, Ciampolillo e dal senatore Nencini di Italia Viva i quali, o perché alle prese con una brutta diarrea, o perché impegnati in una trattativa dell’ultima ora, si sono presentati in ritardo alla votazione in Senato… mi terrorizza l’idea che il Paese sia finito nelle mani di questa gente.

In compenso il premier ha promesso qualcosa a tutti e il risultato di cotanta prodigalità, soltanto sulla carta per adesso, non si è fatto attendere molto perché la sua comunicazione ha ottenuto 156 voti favorevoli contro 140 contrari. Un peccato, un’occasione mancata per mandare a casa questo governo e ridare voce al popolo. Peccato soprattutto per Matteo Renzi che, pur avendo fatto un discorso oggettivamente appassionato, da statista, poi ha deciso di astenersi, buttando così nel cesso ogni parola detta prima.

Insomma, tutto come da copione sotto la regia occulta dei Mastella. Sicché, un po’ con le blandizie, un po’ col mercimonio, un po’ agitando il mostro pandemico, Conte, che assieme a quel genio di Arcuri non riesce a far vaccinare gli italiani, si è potuto vaccinare contro l’uscita da Palazzo Chigi, mentre sta per affluire nel nostro Paese una marea di soldi che, forse, ha avuto un precedente soltanto nel Piano Marshall del dopoguerra.

Ciò mentre attendiamo di capire quale missione si sceglierà colui che, secondo me, è il colpevole numero uno di quanto sta accadendo in questi mesi e che – lo affermo con rispetto istituzionale ma senza un briciolo di stima – è il presidente della Repubblica. Questi, infatti, si ostina a non voler capire che, al punto in cui siamo arrivati, non è più una questione di Destra o di Sinistra al governo ma di un nuovo patto istituzionale – come grosso modo avvenne nel 1946 – tra il Paese legale e quello reale, un patto che renda entrambi gli attori più responsabili. E questo, egregio presidente, lo si può ottenere soltanto inviando un messaggio fuori dai denti agli italiani, a reti televisive riunite (si faccia spiegare da Casalino come si fa…), sciogliendo subito dopo il Parlamento e indicendo nuove elezioni.

Sì, perché pandemia o non pandemia, il Covid-19 può, forse, uccidere alcuni di noi, presidente, ma il virus del dissolvimento morale e istituzionale ucciderà certamente il Paese se non farà, e al più presto, qualcosa di coraggioso.

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