Il treno che se n’è scappato senza macchinista
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Nonostante alcuni risvolti comici, non possiamo fare a meno d’interrogarci sulla potenziale drammaticità dell’evento di Paderno d’Adda ed a che cosa sarebbe accaduto se il treno fosse stato pieno di passeggeri o, nella sua folle corsa, non avesse rispettato un segnale di arresto. Probabilmente avremmo pianto l’ennesima strage di agosto. Ma in un Paese mediamente tecnologico non dovrebbe accadere che in un giorno di vacanze estive i ponti cadano all’improvviso e i treni ripartano da soli
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Lo scorso 19 agosto un convoglio regionale delle Ferrovie Trenord sulla linea Milano – Lecco è giunto in anticipo (evento di per sé già fuori dal normale…) nella stazione di Paderno d’Adda, sicché il macchinista e il capotreno ne hanno approfittato per fermarsi al bar o alla toilette, lasciando il treno momentaneamente incustodito.
Sennonché, mentre i due attendavano ai loro bisogni, il treno ha iniziato a muoversi acquistando man mano velocità, per circa dieci chilometri, senza pilota. A quel punto alla centrale operativa subito allertata non è rimasto altro da fare che organizzare il deragliamento del convoglio su di un binario morto della stazione di Carnate, un’operazione estrema che ha provocato il ferimento dell’unico passeggero che in quel momento era a bordo. Ma che cosa è accaduto esattamente e com’è possibile che un treno riparta da solo? In verità le ipotesi al vaglio degli inquirenti e della commissione interna delle Ferrovie Nord sono più di una, e vanno dal malfunzionamento dei freni ad un guasto meccanico o elettronico, dalla pendenza della stazione di Paderno ad un errore del macchinista.
Visto che l’accadimento per fortuna non ha avuto dei risvolti drammatici, ne rileviamo gli aspetti comici: è sembrato di assistere ad un episodio del cartoon di Disney degli anni Ottanta del secolo scorso “Il trenino Thomas”, un mezzo antropomorfizzato che se ne andava per i fatti suoi sull’isola immaginaria di Sodor. Ciononostante non possiamo fare a meno, poi, d’interrogarci sulla potenziale drammaticità dell’evento: che cosa sarebbe accaduto se il treno fosse stato pieno di passeggeri o, nella sua folle corsa, non avesse rispettato un segnale di arresto? Probabilmente avremmo pianto l’ennesima strage di agosto. Ma in un Paese mediamente tecnologico può accadere che in un giorno di vacanze estive i ponti cadano all’improvviso e i treni ripartano da soli?
Se non ricordiamo male, Marcello Veneziani ha fatto di questo episodio l’emblema del fallimento della pubblica amministrazione, ma noi andiamo perfino un poco più in là: è l’emblema del fallimento della gerarchia, come dire di coloro che hanno delle responsabilità, dirigenziali o di comando, che vuoi per quieto vivere, vuoi per malinteso cameratismo non vogliono assumersi fino in fondo. Il capotreno, infatti, non doveva consentire al macchinista di lasciare il mezzo incustodito e meno che mai doveva andarsene con lui al bar e alla toilette senza un altro macchinista di guardia a bordo.
Per fortuna a trarci dal vortice dei foschi pensiero che ci suggerisce l’accadimento di Paderno d’Adda, interviene la vignetta di Donato Tesauro nella cui eclettica matita c’è, di volta in volta, la corrosività di Forattini e il senso del colore di Beltrame.