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I nuovi sessantottini

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Sessantotto
Grazie alla dissennata politica migratoria portata avanti dalla Sinistra in questi anni, un’eventuale rinascita del terrorismo troverebbe terreno fertile in un fenomeno piuttosto sottovalutato, vale a dire la progressiva islamizzazione delle banlieue italiane, come ci ha anticipato la rivolta del Corvetto dello scorso novembre

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Esiste un proverbio orientale che molte persone in Italia farebbero bene a imparare, per il loro bene e per quello del Paese, ammesso che questo stia loro a cuore. Il proverbio recita così: “Quando liberi la tigre devi imparare a cavalcarla”. Ebbene, la tigre che hanno liberato la Sinistra, i media amici e il sindacato di Landini che addirittura parla di rivolta sociale, convinti di poterla dirigere contro il governo in carica, è il convincimento di riuscire a riesumare la storia. Essi, infatti, hanno iniziato a inseguire un altro Sessantotto senza che vi siano più gli ideali di cambiamento sociale che pure animarono molti sessantottini, ma soltanto teppaglia indigena e d’importazione che non vuole cambiare la società ma soltanto sovvertirla e poi dominarla in qualche modo. Infatti, una volta capito che l’ordinamento italiano e i poteri che ne derivano, a furia di essere ipergarantisti sono diventati pressoché imbelli contro la legge della jungla che stiamo importando prevalentemente dall’Africa e dal Medio Oriente, i movimenti potenzialmente eversivi hanno iniziato a tratteggiare una strategia il cui canovaccio si va rodando: un malmesso mix di rivendicazioni che vanno dall’antifascismo, in assenza di fascismo, alla difesa dei diritti del popolo palestinese, dalla “brutalità” della Polizia, alla vendetta per la morte accidentale di un giovane egiziano che non si era fermato a un posto di blocco dei Carabinieri, dalle occupazioni abusive di alloggi pubblici e privati al sabotaggio di opere pubbliche.

Temiamo stia per accadere quanto accadde agli epigoni del Sessantotto, allora che, dopo una scampagnata nell’agriturismo ideologico di un marxismo già in crisi, i ben pasciuti figli del benessere se ne ritornarono a casa, alla grassa società borghese che volevano abbattere che, però, garantiva loro agi, studi, la Cinquecento e la vacanza al mare. Il guaio fu che essi si lasciarono alle spalle le larve di un terrorismo sanguinario che può rinascere anche oggi, anzi, se ne annusa già la puzza nell’aria stante che le Ferrovie dello Stato hanno appena inviato alla Digos un esposto denuncia in cui si ipotizza il ripetuto sabotaggio della linea elettrica ferroviaria in orari prestabiliti. Attenzione tutti perché, grazie alla dissennata politica migratoria portata avanti dalla Sinistra in questi anni, la rinascita del terrorismo politico (e pure religioso) troverebbe terreno fertile nella progressiva islamizzazione delle banlieue italiane, come ci ha anticipato la rivolta del Corvetto lo scorso 25 novembre, dove immigrati nordafricani, antagonisti, anarchici, centri sociali e filo palestinesi, hanno messo quel quartiere a ferro e fuoco.

Perché i giovani delle varie Sinistre si sono ringalluzziti? Quando ha incominciato a prendere corpo questo lievitante ribellismo? Non siamo dei fanatici della periodizzazione storica e siamo ben consci che i nostri connazionali sono portati per la jacquerie più che per una rivoluzione organica e, nondimeno, vogliamo assegnare una data di nascita a tutto questo: il 23 febbraio del 2024. Sì, perché quel giorno, a Pisa, per impedire che dei giovani manifestanti violenti sfondassero il cordone di contenimento durante un corteo pro-Palestina non autorizzato dalle autorità, un reparto della Polizia dovette giocoforza ricorrere ai manganelli. Ebbene, quasi in tempo reale echeggiò la voce oracolare dell’inquilino del Quirinale a riguardo: «Con i ragazzi i manganelli esprimono il fallimento». Che patrocinio per quei facinorosi! Ovviamente, dopo cotanto autorevole cazziatone alla Polizia, la Magistratura mise subito sotto inchiesta un commissario, due dirigenti e sette agenti per lesioni aggravate ed eccesso colposo di uso delle armi, come dire che un manganello è da considerarsi un’arma al pari di una pistola, mentre i calci e pugni dei manifestanti violenti sono angeliche carezze.

Ci rendiamo agevolmente conto che tirare in ballo una personalità che gode della simpatia del 64% degli italiani non procura lettori, ma non possiamo farci niente se i fatti sono questi: noi ci limitiamo soltanto a riportarli.  E d’altronde il signor presidente non è nuovo a iniziative non proprio felicissime come quando, agli inizi della pandemia proveniente dalla Cina, per rispondere con un gesto eclatante a quei razzisti dei governatori di Centrodestra che chiedevano l’isolamento per le persone provenienti da quel Paese, a sorpresa, il 6 febbraio del 2020 si recò all’Esquilino a visitare la scuola “Daniele Manin”, considerata la più cinese di Roma. Forse gli era sfuggito il numero dei contagi che iniziavano a lievitare mostruosamente e il fatto che il governo aveva deliberato lo stato di emergenza sanitaria nazionale già da una settimana. Infatti, esattamente un mese dopo quella sua improvvida visita, l’Italia intera entrò in lockdown e avremmo contato i morti a camionate. 

Questo significa che il presidente della Repubblica è un untore incosciente e protettore dei facinorosi? No, ci mancherebbe, significa soltanto che qualche volta anche lui fa la pipì fuori dal vaso con imprevedute conseguenze. E, giusto per continuare sull’impervio sentiero della franchezza, ci domandiamo anche perché l’illustre inquilino del Quirinale, così addolorato per qualche manganellata sulla vuota cucurbitacea di giovani violenti, poi taccia sulle bombe carta e sulle le sbarre di ferro lanciate contro i padri di famiglia di Polizia e Carabinieri… per caso si è sentito Mattarella spendere qualche parola per i diciotto feriti tra le forze dell’ordine tra sabato e domenica scorsa a Roma e a Bologna? O sull’attentato incendiario alla caserma dei Carabinieri di Borgo San Lorenzo sul Mugello? O sui 273 agenti feriti dai manifestanti nell’anno 2024? Chissà, magari aspettando un po’…

Sappiamo già che il nostro appello alle Sinistre e ai loro pasdaran affinché riportino la tigre nella gabbia della dialettica democratica cadrà nel vuoto anche perché, da quando c’è Elly a capitanarle, esse sembrano un sasso cadente sul declivio dell’estremismo, che acquista sempre più velocità man mano che scende. E la storia ci insegna che i sassi rotolanti a valle fanno presto a trasformarsi in disastrose valanghe.

P.S. A proposito di tutela degli operatori della sicurezza, peggio dei silenzi quirinalizi e della Sinistra post sessantottina potrà fare soltanto il governo, se continuerà a insistere sullo scudo penale per le forze di polizia le quali, ogni volta che fanno un’operazione d’istituto, si ritrovano sotto la spada di Damocle dell’avviso di garanzia con tutte le conseguenze che ciò comporta per le loro carriere, stipendi e motivazioni. Ciò perché non si può impedire, con lo scudo penale, l’instaurarsi del procedimento in un Paese dove esiste l’obbligatorietà dell’azione penale. Pertanto, l’intento dall’esecutivo troverebbe certamente ostili, e stavolta con ragione, Mattarella e la Corte Costituzionale. Strano a dirsi, la proposta più concreta sul tema, la più fattibile secondo noi, è arrivata da Matteo Salvini che propenderebbe per un provvedimento più rapido e realistico, come la non sospensione dal servizio (e dallo stipendio) dei poliziotti finiti sotto inchiesta per ragioni di servizio e, in più, il patrocinio gratuito da parte dello Stato.

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