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Il Generale Cosimato e l’anno che sarà

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Il Generale Cosimato
Il Generale Cosimato, al di là di ciò che la propaganda occidentale costruisce, ritiene che l’Occidente attraversi una crisi di valori che sta portando ad una disgregazione morale, sociale ed economica. Ed aggiunge, inoltre, che in questo scenario l’Europa dell’Unione è particolarmente debole dal punto di vista politico

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Credo che neppure il 1962 – l’anno della pericolosa crisi dei missili sovietici a Cuba – abbia avuto un epilogo più fosco e con tanti punti interrogativi confrontandolo con questo che stiamo per lasciarci alle spalle. Ciò premesso, ringraziamo il presidente del Centro Studi “Sinergie”, il Generale Francesco Cosimato, per avere accettato di compendiarci dal suo punto di vista sia l’anno che volge al termine, sia quello che bussa tumultuosamente alle porte. Questa la nostra prima domanda, Generale, una domanda che forse avremmo dovuto farti alla fine dell’intervista. Partendo dalla coda dei problemi, però, spesso si facilita la comprensione del lettore. L’anno termina assieme ad una feroce dittatura, quella siriana, eppure siamo perplessi, stando i precedenti jihadisti dei nuovi padroni: non è che la Siria sia caduta dalla padella alla brace?

La Siria è sicuramente caduta dalla padella alla brace.  Le milizie islamiste, denominate “Hayat Tahrir al Sham”, sono la semplice copertura di un’operazione di cambiamento del regime che risale a ben altre responsabilità.

Come hanno potuto le bande di Abu Mohammad al Jawlani, dotate quasi esclusivamente di armamento individuale, abbattere in dieci giorni un regime che durava da oltre mezzo secolo e militarmente sostenuto dalla Russia?

Perché la Russia e l’Iran non hanno potuto sostenere Assad fino in fondo, probabilmente perché impegnate, com’è noto, in tutt’altre vicende. Questa milizia, che era sconosciuta ed ininfluente, non avrebbe potuto ottenere un simile risultato da sola. Ritengo pertanto che si sia trattato di un’operazione occidentale.

A parte la Turchia e i curdi, che peraltro si sono sempre mossi alla luce del sole, ritieni dunque che la galoppata dei soliti pick-up verso Damasco sia stata favorita anche da Israele e dagli Stati Uniti nonostante la dichiarazione del presidente uscente, Biden, nella quale egli asserisce che gli americani non vi consentiranno l’insediamento di un regime islamista.

Forse non è noto al grande pubblico che la Cia non è soltanto un servizio di intelligence, ma un organismo dotato di una grande capacità di svolgere operazioni paramilitari, di combattimento sotto copertura ed altre amenità del genere. I media Usa hanno riferito che in Ucraina c’erano dodici basi di tale agenzia per esempio, e qualcosa di simile era anche in Siria. Se non ricordo male, questo organismo si è chiamato per molti anni “Special Activities Command” (Sac) che, al di là del nome, si tratta di un’attività del tutto illegale, propria delle potenze maggiori, particolarmente sviluppata nei Paesi di tradizione anglosassone. La Turchia e Israele hanno sicuramente aiutato i ribelli. Le dichiarazioni di Biden sono sostanzialmente prive di significato.

Stante la premessa, non credi che dovremmo considerare due date per cominciare a imbastire una previsione per il futuro? Le date che intendo sono quelle del 24 febbraio 2022 e del 7 ottobre 2023.

La conflittualità russo-americana inizia ben prima del 24 febbraio 2022. L’Ucraina è un pretesto per fare una guerra per procura, quella che abbiamo iniziato a conoscere come “proxy war”. Io sostengo da tempo che l’Occidente ha perduto questo tipo di guerra nei confronti di Russia e Cina. Stante la situazione sul terreno, l’Ucraina può solo arrendersi o affrontare una sconfitta completa. A riguardo la decisione maturerà nel corso del 2025, ma avremo dei contraccolpi anche in Georgia, in Moldavia, e in altre aree del Caucaso. Spero che i Paesi europei, soprattutto la Polonia e i Paesi Baltici, si rendano conto della loro posizione di debolezza e non procedano negli atteggiamenti bellicisti, anche se temo che i media mainstream occidentali continueranno a cercare di convincerci che la Russia ci attaccherà, cosa che non credo probabile, stanti le difficoltà che la Russia ha avuto finora.

E il 7 ottobre 2023 come lo inquadri.

Il 7 ottobre 2023 non è la data da cui partire per analizzare la conflittualità in Medio Oriente perché il fallimento della missione della Risoluzione numero 1701 del 2006 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu e della conseguente missione “Unifil” sono alla base del conflitto attuale. La vittoria israeliana, pur non completa, potrebbe produrre una fase di stasi determinata dalla stanchezza dei contendenti, almeno si spera. Peraltro, gli arsenali di Israele e degli Usa sono stati alleggeriti un bel po’, quindi vi è la necessità di rimpolparli.

Nel 2022 Putin attaccò l’Ucraina pensando di farne un boccone nel giro di qualche settimana e affermare, così, la sua leadership imperiale; nel 2023 l’Iran pensò d’infliggere un duro colpo a Israele tramite Hamas prima e Hezbollah dopo.

Purtroppo la Russia, nonostante le evidenti difficoltà, sta ottenendo l’acquisizione della cosiddetta “Nuova Russia”, che era il suo obiettivo primario. L’estensione della Nato a Est è bloccata e l’Europa giace esausta, senza energia, senza forze militari e deindustrializzata, con gli Usa che, tendenti all’isolamento, potrebbero lasciarci nei guai. Ampi e ambiziosi programmi di riarmo non gioveranno a un continente che non ascolta i suoi cittadini ragion per cui le cui lobby stanno perdendo tutte le elezioni, inclusa quella in Romania, falsamente e frettolosamente giudicata come influenzata dai russi.

Sì, però, a distanza di due anni e dieci mesi, Putin si trova ancora impantanato nel Donetsk e il suo esercito, che pare abbia avuto fino a oggi uno spropositato numero di morti, riesce a operare solo grazie agli aiuti della Cina, della Corea del Nord e dei droni iraniani.

Le manchevolezze logistiche dei russi sono state evidenti e, tuttavia, essi sono in fase offensiva dalla fine dello scorso anno, quando l’Occidente sperava di riconquistare Crimea e Donbass all’Ucraina. La penetrazione ucraina a Kursk ha avuto un evidente effetto propagandistico, ma è in fase regressiva. Il fatto che Russia e Cina, con i Paesi dei Brics, stiano cooperando, è un grave problema per noi europei e, più in generale, per tutto l’Occidente.

Che cosa si sta opponendo a tale cooperazione.

Il cosiddetto “gruppo di Ramstein”, che intruppa 55 Paesi i quali si riuniscono ogni mese in Germania e che non è riuscito a far prevalere l’Ucraina contro la Russia: questo è un fatto grave che andrebbe attentamente considerato. Se noi occidentali non abbandoneremo l’attuale guerrafondaismo, non riusciremo di certo ad analizzare freddamente una situazione che ci vede, già ora, piuttosto soccombenti.

In meno tempo dei russi gli ayatollah di Teheran, che avevano in Medio Oriente le stesse mire imperiali di Putin, sono stati riportati con i piedi per terra dagli israeliani che hanno saputo combattere e vincere su tre fronti. Insomma, l’unico vincente certo della partita che si gioca su due poli sembra essere il premier israeliano Bibi Netanyahu che, secondo me, non vede l’ora di somministrare agli Houti dello Yemen lo stesso trattamento riservato ad Hamas e Hezbollah.

Gli equilibri della regione mediorientale sono fragili e ondivaghi. Da quelle parti i conflitti sono quasi sempre del tipo asimmetrico, per cui non è sempre possibile stabilire in modo netto chi abbia vinto. Sotto la cenere continuerà a covare il fuoco che porterà a improvvisi ritorni di fiamma. Gli israeliani hanno indubbiamente rafforzato le loro posizioni, ma dovrebbero seriamente pensare a non farsi troppi nemici nell’area.

Dato il periodo, la domanda di chiusura è d’obbligo: stante che tra venti giorni avremo Trump alla Casa Bianca, il quale sui dossier cinesi, mediorientali e russo-ucraini è più deciso o meno malleabile del suo predecessore, secondo te che cosa accadrà sullo scacchiere geostrategico mondiale nel 2025.

Non voglio fare previsioni che potrebbero essere spazzate via dai fatti, come la disfatta della Russia che preconizzavamo. Mi permetto, però, di osservare che, al di là di ciò che la propaganda occidentale costruisce, la verità è che l’Occidente attraversa una crisi di valori che sta portando a una disgregazione morale, sociale ed economica. In questo scenario l’Europa è particolarmente debole, mentre gli Usa dovranno al più presto risollevarsi dal degrado che la cultura liberal, che non è liberale per niente, e il credo woke (svegliarsi, in inglese) che non sveglia, ma semmai intorpidisce spiriti e attivismo politico.

Generale, ciò che mi ha sorpreso in questa intervista è il fatto che, mentre sull’Ucraina mantieni una posizione che non si discosta molto da quella delle sinistre liberal, poi ritieni le medesime causa del degrado che sta affossando l’Occidente. Come mai quest’apparente dicotomia.

Vedi, io sono un professionista di stampo liberaldemocratico che per oltre quarant’anni ha servito un Paese liberaldemocratico inserito in un’alleanza militare liberaldemocratica, ma questo non mi impedisce di fare analisi oggettive: il soggetto/non soggetto, che i russi chiamano “Occidente collettivo”, non ha persone e mezzi in grado di combattere tutte le guerre che programmano le élite radical chic! E questo bisogna dirlo, perché come Occidente abbiamo già perso in Ucraina, e potremmo perdere anche nell’Indo Pacifico, dove siamo molto deficitari. La prudenza che i cinesi vi hanno esercitato fino a oggi potrà andare avanti ancora per un po’, anche se non credo per molto. A questo punto, se permetti, voglio chiudere con gli auguri di buon anno agli italiani tutti, agli amici del blog e – in particolare come papà – ai genitori di Cecilia Sala sperando che gli iraniani mettano al più presto fine al sequestro della figlia per finalità politiche.

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