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Il boss Messina Denaro, nessuno lo conosceva però facevano sorridenti selfie insieme a lui

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boss Messina Denaro
Restano molti interrogativi non tanto sulla cattura di Matteo Messina Denaro, quanto sulla sua indisturbata latitanza in Campobello di Mazara, una cittadina con appena 11.000 abitanti e con una densità di 173,29 abitanti per chilometro quadrato. Come dire che ogni campobellese conosce anche il colore delle mutande dei suoi vicini, figurarsi se non si conosceva il mafioso più ricercato del mondo che, peraltro, se ne andava in giro con una rombante Giulietta Alfa Romeo nera

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Accantonate, per il momento, alcune perplessità sul fatto che la cattura del boss mafioso Matteo Messina Denaro sia avvenuta (pare grazie alle intercettazioni) proprio nel preciso istante in cui il governo ha iniziato a lavorare appunto sulle intercettazioni telefoniche, al fine di volerle disciplinare.

Pur sorvolando sul fatto che in concomitanza con la cattura del boss Messina Denaro è partita una sospetta raccolta di firme appoggiata dal Fatto Quotidiano di Travaglio per far dimettere il ministro della Giustizia Nordio, anche se non si è capito il perché, e che molto probabilmente la manovra a tenaglia sul ministro della Giustizia e sul governo è soltanto agli inizi perché l’Invencible Armada dei soliti magistrati ai quali sta stretta la suddivisione dei poteri ancora non ha levato le ancore, incominciamo già a provare un certo disagio interiore.

Sì, abbiamo provato disagio ascoltando parecchi abitanti di Campobello di Mazara che, interrogati dai cronisti sulla presenza del boss mafioso nel loro paese, hanno, in buona sostanza, fornito la risposta nella quale è racchiuso il dramma di una terra meravigliosa ostaggio della mafia: «Nenti sacciu, nenti vitti».

E che cosa dire dei responsabili di quelle strutture ospedaliere private, ma comunque facenti capo al servizio sanitario della Regione Sicilia, che hanno avuto in cura l’erede di Totò Riina senza comunicarlo a nessuna autorità. E non è vero che da quelle parti non lo conoscevano perché il personale si faceva anche i selfie col boss. E, d’altronde, il procuratore capo di Palermo, Maurizio De Lucia, lo ha detto chiaramente che «Una fetta della borghesia lo ha aiutato». E parliamo, evidentemente, di quella borghesia rappresentata da alcuni medici, direttori, capi reparto, infermieri e non ci stupiremmo se, nel corso dell’allargamento di verifiche e indagini, venissero fuori i nomi di altri professionisti compiacenti. 

Al momento restano molti interrogativi senza risposta non tanto sulla cattura del boss Messina Denaro, quanto sulla sua indisturbata latitanza in una cittadina di appena 11.000 abitanti e con una densità di 173,29 abitanti per chilometro quadrato. Come dire che ogni campobellese conosce anche il colore delle mutande dei suoi vicini, figurarsi se non conosceva il mafioso tra i più ricercati del mondo che se ne andava in giro con una rombante Giulietta Alfa Romeo nera. Chi, come noi, al Sud c’è nato e vissuto per molto tempo, capisce che alle nostre attuali latitudini sia difficile rendersi conto di come vadano le cose in quei piccoli centri dove, quando vi arriva un forestiero, dall’anziana pensionata solita sbirciare dalle feritoie della persiana, al segretario comunale, si conosca tutto di lui ancor prima che abbia attraversato la strada principale.

Ma se riusciamo a farci una ragione della “reticenza informata” dei nostri siculi connazionali e della dormiente Polizia Municipale del luogo (il cui Comandante ha fatto anche la sceneggiata a uso e consumo dei media quando il boss Messina Denaro è stato arrestato), non riusciamo a metabolizzare il fatto che i Carabinieri locali, la cui caserma non è molto lontana da vicolo San Vito e da via Toselli, dove sono stati individuati i primi covi del boss, ignorassero una presenza così ingombrante e così vicina a loro.

L’Alfa Romeo nera del super ricercato non era mai incappata in un posto di blocco? Possibile che nessuno dei loro informatori (ogni Comandante di stazione dei Carabinieri ne ha checché si dica ufficialmente…) avesse segnalato che in paese girava Messina Denaro o, quantomeno, uno sconosciuto sospetto? Mah… eppure il capillare controllo del territorio una volta era il fiore all’occhiello dell’Arma dei Carabinieri. Ecco, sedatisi gli entusiasmi per la sua cattura, adesso vorremmo sapere come mai il boss di Castelvetrano abbia potuto scorrazzare indisturbato per mezza Sicilia, anche perché egli non avrebbe potuto beffare la giustizia e le forze dell’ordine per trent’anni con la sola complicità di un geometra prestanome e di un povero Cristo che gli faceva saltuariamente da autista e, forse, gli procurava donnine allegre, Viagra e preservativi. Abbiamo il diritto di sapere chi, eventualmente, ha venduto il boss e a chi, e se la sua cattura sia da considerarsi un regalo per il governo in carica, oppure l’inizio di quel fuoco di controbatteria che tenterà di sfracellare la riforma della Giustizia annunciata dal ministro Carlo Nordio.

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