I pacifisti a giorni alterni
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Nel momento in cui risulta evidente che in Ucraina non operano forze militari dell’Unione Europea e della Nato, la retorica bellicista di prima delle elezioni, così come quella pacifista del dopo elezioni risultano del tutto prive di senso e pericolose per la credibilità e l’affidabilità del nostro Paese, dove i partiti politici prima vanno in Parlamento a votare gli aiuti militari a un Paese invaso e poi scendono in piazza per contestarli
– Francesco Cosimato* –
Le recenti manifestazioni per la pace svoltesi a Roma e a Milano ben si prestano a valutazioni sulla schizofrenia della politica italiana, visto che i partiti che sostenevano le operazioni militari in nome di tutta una serie di considerazioni ideologiche, ora sembrano aver mutato la loro postura solo perché non sono più al governo.
I latini, della cui saggezza molto ci rimane di scritto e poco di seguito, erano soliti sentenziare: Si vis pacem para bellum, se vuoi la pace preparati alla guerra.
La guerra, per chi è preparato a farla, anche se non la vuole, e per chi aggredisce, diventa il mezzo estremo per tutelare i propri interessi vitali presunti o reali che siano, da considerare non solo sul piano ideologico/giuridico, ma anche in termini complessivi.
L’intenzione dell’Ucraina di aderire alla Nato è un fatto legittimo se lo si considera in termini strettamente giuridici, ma i nostri politici non hanno voluto, sinora, considerare molti elementi connessi alla situazione dell’Europa orientale, con particolare riguardo alla disponibilità di aree vitali come il bacino del Mar Nero e quello del Baltico, la situazione energetica dell’Europa, la specularità delle ingerenze russe e americane lungo quello che gli analisti sono soliti chiamare “arco di crisi euroasiatico”.
La classe dirigente italiana, in tutte le sue componenti rappresentate in Parlamento, ha votato sinora alla quasi unanimità a favore delle sanzioni alla Russia e degli aiuti militari all’Ucraina.
In un momento in cui risulta evidente la mancanza di forze operative in campo dell’Unione Europea e della Nato, la retorica bellicista di prima delle elezioni, così come quella pacifista delle manifestazioni seguite alle elezioni politiche risultano del tutto prive di senso.
La guerra in Ucraina non è una faccenda che si può liquidare con l’affermazione secondo cui basterà portare Putin davanti al Tribunale penale internazionale per risolvere tutto. A riguardo è appena il caso di ricordare che a quella giurisdizione non aderiscono l’Ucraina, la Russia, gli Stati Uniti, la Cina, l’India e molti altri Paesi. La classe dirigente italiana, che non ha voluto seguire il motto “Si vis pacem para bellum”, non fa un grande affare a manifestare senza senso per le strade invertendo il motto, che diventa così “Si vis bellum para pacem”, se vuoi la guerra prepara (male) la pace.
Negli anni Novanta, la caduta del comunismo fece fiorire un insieme di iniziative per il controllo degli armamenti che, aggiungendosi ai trattati per il controllo delle armi nucleari, andavano a riguardare le armi convenzionali, quelle chimiche e altre misure che chiamammo “Mutual confidence and security building”, cioè la mutua confidenza e la costruzione della sicurezza. Con il tempo queste misure sono state sciaguratamente accantonate, forse perché davano alla Russia il ruolo di competitor degli Stati Uniti, cosa che lo zio Sam sembrava e sembra non più gradire.
Quelli che, come lo scrivente, hanno studiato queste cose, potrebbero permettersi di ricordare alle classi dirigenti di ogni colore, che una guerra come quella ucraina richiede un esame multidisciplinare che non riguarda solo l’aspetto giuridico, ma che potrebbe comprendere gli aspetti politici, diplomatici, energetici, etnici, religiosi, economici e molto altro ancora.
Sarebbe triste se le manifestazioni per la Pace dei pacifisti a giorni alterni, fossero solo funzionali a polemiche politiche, spesso interne alle attuali opposizioni. Il fatto che si svolga una guerra in Europa e che questo avvenga da mesi senza che sia stato posto in essere un qualsiasi (serio) tentativo diplomatico è un fatto che squalifica tutta la dirigenza politica italiana ed europea relegando il Vecchio Continente al ruolo di satellite degli Stati Uniti.
*Generale (r.) dell’Esercito Italiano
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