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I Carabinieri così antichi eppure così moderni

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Carabinieri
Anche di questi tempi, nonostante qualche mela marcia che capita ogni tanto nelle loro fila, i nostri eroi hanno mantenuto un saldo spirito di corpo, una tradizione professionale plurisecolare, uno stile e un ardore difficilmente riscontrabili in altri Corpi di polizia

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Anche se dal 1920 la giornata nazionale dell’Arma dei Carabinieri viene celebrata il 5 giugno, giorno della concessione della prima medaglia d’oro al valor militare alla bandiera, in realtà la sua fondazione risale ad altro giorno e ad altro anno, precisamente al 13 luglio del 1814. In questa data il re sabaudo Vittorio Emanuele I emanò le Regie Patenti istitutive del Corpo (decreti), ma per un organismo che misura la propria storia in secoli queste sono quisquilie. Pensiamo, piuttosto, al fatto che dal 1814 ad oggi i Carabinieri sono presenti e radicati in ogni città, paese o borgo d’Italia, sempre a loro agio in qualsiasi ruolo, da mastini pronti ad addentare le chiappe dei malavitosi al ruolo di pacieri tra un marito e moglie turbolenti, da salvatori di bambini in procinto di affogare al milite senza macchia e senza paura, capace d’immolarsi per salvare le vite degli altri come, per citarne alcuni, Salvo D’Acquisto, Alberto La Rocca, Vittorio Marandola e Fulvio Sbarretti. Ma il loro maggior radicamento è avvenuto nel cuore di dieci generazioni d’italiani e lo dimostra la simpatica aneddotica e le barzellette che da due secoli ci raccontiamo sul loro conto.

Anche in tempo di guerra i Carabinieri dimostrarono il loro valore, perché non vi fu battaglia durante le guerre risorgimentali in cui essi non si posero in evidenza. L’episodio più rievocato è quello della carica di Pastrengo dove, il 30 aprile del 1848 (Parliamo della I Guerra d’Indipendenza), per rimediare ad un’avventatezza sul campo del re Carlo Alberto, che si era fatto sorprendere dall’artiglieria austriaca che tirava sul suo seguito dal borgo di Pastrengo, il Maggiore Alessandro Negri di Sanfront dovette ordinare e guidare, ripetute volte, la carica di ben tre squadroni di Carabinieri, sloggiando l’artiglieria nemica a sciabolate.

Anche di questi tempi, nonostante qualche mela marcia che capita ogni tanto nelle loro fila, i nostri eroi hanno sempre mantenuto un saldo spirito di corpo, una tradizione, uno stile e un ardore difficilmente riscontrabili in altri Corpi di polizia. Per capire di cosa stiamo parlando ci piace ricordare un episodio accaduto proprio nel corso della citata carica di Pastrengo, quando il Sottufficiale di uno dei tre squadroni, avendo avuto il cavallo ucciso nel primo assalto, pur di partecipare al secondo non esitò a saltare sulla giumenta senza sella di alcuni contadini della zona, a dorso della quale si lanciò di nuovo nella mischia della carica, roteando la sciabola.

Voi non ci crederete, ma quell’ardimentoso Sottufficiale si beccò un cazziatone tremendo dai suoi superiori per “…aver impiegato una cavalcatura non degna di un Carabiniere”. E meno male che non era saltato su di un asino per partecipare ai combattimenti, sennò addirittura lo fucilavano! Esageratamente ligi al dovere? Troppo attaccati alle tradizioni? Può darsi, ma questi sono i Carabinieri che amiamo noi, lanciati in un’eterna carica contro i nemici dello Stato, contro i trasgressori della legge fin dalla loro fondazione.

Ma chi, secondo noi, rese il giusto onore e con le giuste parole all’Arma dei Carabinieri fu Costantino Nigra, un diplomatico italiano del Risorgimento, ed è con alcuni versi estrapolati dalla sua poesia “La rassegna di Novara” che chiudiamo questo ricordo della Benemerita all’alba del suo terzo centenario di vita: “Schiavi sol del dover, usi obbedir tacendo/ E tacendo morir, terror de’ rei […] E grandi, anime salde in salde membra/ Mostran nei volti austeri, nei securi/ Occhi, nei larghi lacerati petti/ Fiera, indomata la virtù latina/ Risonate, tamburi; salutate/ Aste e vessilli. Onore, onore ai prodi Carabinieri!”. Che cos’altro potremmo aggiungere ai versi di Nigra? Niente, possiamo soltanto inchinarci davanti al ricordo dei caduti dell’Arma Benemerita.

(Le vignette sono di Donato Tesauro)

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