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Gli ecoattivisti vogliono salvare il mondo distruggendo la bellezza

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Come tutti i giacobinismi anche quello ambientale si sta spostando rapidamente, troppo rapidamente, verso posizioni estremiste con gente che, per salvare il mondo, distrugge ciò che di bello il mondo ha creato. Infatti, dopo avere gettato, per protesta, delle schifezze su opere di artisti quali Van Gogh, Monet e Andy Warhol, qualche giorno fa i cosiddetti ecoattivisti hanno lanciato della vernice nera contro il capolavoro di Gustav Klimt “Morte e vita” esposto al Leopold Museum di Vienna

– Enzo Ciaraffa –

Non sono moltissime le cose per le quali meritiamo di essere ricordati dai posteri, una di esse è certamente la capacità che hanno avuto (e che hanno) alcuni nostri consimili di “sentire dentro”, nel cuore e nella mente, ciò che la maggior parte dei mortali riesce a stento a percepire con lo sguardo. È stata questa facoltà che gli dei hanno dato a pochi, purtroppo, che ci ha consentito di emergere dalle tenebre della preistoria e via via scoprire il senso dell’estetica: le abbiamo dato il nome di arte.  

Ma l’arte non è soltanto la creatività in tutti i campi della conoscenza, è soprattutto la capacità di trasmettere quelle emozioni e quei messaggi che, come semi miracolosi, sono stati capaci fin dai primordi di far nascere negli esseri umani quel senso del bello che, in meno di ventimila anni, li ha portati dalle pitture rupestri delle grotte di Lascaux alla Cappella Sistina.

Per la sua natura meditativa l’arte, per svilupparsi, ha bisogno di contesti sociali sereni, dove non allignino la violenza dell’uomo sull’uomo, cioè la guerra: non risulta, infatti, che dei regimi violenti come quello comunista e nazista abbiano prodotto dei grandi artisti. Ma l’arte e il bello sono così coinvolgenti che perfino alcuni generali tedeschi mostrarono rispetto per essi quando, contravvenendo all’ordine impartito da Hitler, nell’agosto del 1944 si rifiutarono di distruggere Parigi e tutte le sue opere d’arte, prima di ritirarsi sotto l’incalzare di gollisti e alleati

Potrebbero bastare anche soltanto episodi come questi per dimostrare che l’arte ha migliorato il mondo e i suoi abitatori ma, per fare un altro esempio più vicino a noi, negli anni Sessanta del secolo scorso si diede vita a una gara di solidarietà globale, tangibile e ben coordinata, per salvare il bello e il patrimonio della memoria insieme, ovvero un sito archeologico dell’Egitto e del Sudan che stava per essere sommerso dalla nuova diga di Assuan.

Poi è arrivata una ragazzina svedese che, invece di andare a scuola, preferiva arringare le folle per salvare il pianeta (che in verità non versa in buone condizioni di salute), facendoci sentire tutti delle merde soltanto perché avanzavamo qualche timido dubbio sul fatto che, ritornando alla vita bucolica, avremmo fermato il deterioramento del pianeta e il cambiamento climatico. E questo per due incontrovertibili motivi, uno più impeditivo dell’altro: per fermare le emissioni nocive per l’atmosfera dovremmo chiedere ai Paesi maggiormente industrializzati di bloccare i loro processi di evoluzione tecnologica, e a quelli in via di sviluppo di rimanere nella condizione attuale, cioè di sottosviluppo.

Ebbene, invece di elaborare una dottrina capace di andare oltre i summit che non approdano mai a niente di concreto e immediato che non siano pale eoliche, specchi solari e auto a batteria, ci stiamo accanendo con spirito giacobino contro lo stesso concetto di bello e di modernità, senza i quali saremmo ancora Homo homini lupus, alle prese col vaiolo, con la peste e con la tubercolosi.

Come tutti i giacobinismi, anche quello ambientale si sta spostando rapidamente verso posizioni estremiste con gente che, per salvare il mondo, distrugge ciò che di bello il mondo ha creato. E mi riferisco a quei delinquenti con le sembianze di ambientalisti che si fanno chiamare ecoattivisti, i quali per richiamare l’attenzione sul problema dell’ambiente si stanno scagliando contro il patrimonio artistico dell’umanità. Infatti, dopo avere gettato, per protesta, delle schifezze su opere di artisti quali Van Gogh, Monet e Andy Warhol, qualche giorno fa questi ecoattivisti del menga hanno lanciato della vernice nera contro il capolavoro di Gustav Klimt “Morte e vita” esposto al Leopold Museum di Vienna.

Ma che razza di ambientalismo è questo! È come se, per fermare la speculazione sui prodotti medicinali, andassimo a bruciare il trattato De Medicina di Aulo Cornelio Celso.

Siccome il giacobinismo (e l’indulgenza…) finisce per produrre puntualmente il “terrore”, prima che a qualche pariglia di stronzi venga in mente di prendersela anche col Colosseo, con la Cappella Sistina o con la Pietà di Michelangelo che già fu oltraggiata da un pazzo il 21 maggio del 1972, cerchiamo di correre ai ripari. Per questo confido molto nel nuovo ministro della Cultura, che ebbi il piacere di conoscere a Napoli quando dirigeva il Roma, e nel governo affinché anticipi il problema con un decreto legge, magari come quello sfornato in quattro e quattr’otto per impedire i rave party illegali.

Anche se personalmente, lo confesso, sarei per un paio di pedagogici calcioni nel sedere. Ovviamente calzando scarpe con suola rigorosamente ecologica.

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