Fuori i gay! Ma no, il papa scherzava
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Anche se qualche giorno dopo la sua uscita sulla “frociaggine” nei seminari ha precisato che nella Chiesa c’è posto per tutti, il papa ha comunque tagliato le gambe a quei prelati che volevano rendere ufficialmente tollerata l’omosessualità nella casa di Cristo in terra con uno di quei cavillosi distinguo per i quali il clero va famoso
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Presiedendo a porte chiuse l’assemblea generale della Cei, il papa avrebbe raccomandato ai vescovi di non accogliere nei seminari giovani d’incerto orientamento sessuale perché, parole sue, v’è già un eccesso di frociaggine in giro. Sono tante le cose che mi separano dalla Chiesa e in particolar modo da questo papa, tuttavia sono d’accordo con lui in questo caso anche se non posso fare a meno di pensare che, se avessi espresso io un pensiero del genere in modo così esplicito, mi avrebbero bannato perfino sugli elenchi della nettezza urbana, mentre trattandosi del papa…
Prima di andare avanti, però, vorrei ricordare un’antica locuzione latina: “Faber est suae quisque fortunae – Ciascuno è artefice della propria sorte”. Come dire, in parole più semplici, che nel campo della morale sessuale in generale e dell’omosessualità in particolare la Chiesa sta raccogliendo ciò che ha seminato.
Sulla morale della Chiesa visibile, voglio risparmiare a chi ci legge la tediosa elencazione di tutti gli errori e gli orrori commessi in duemila anni (roghi, massacri di eretici, Inquisizione, abusi sui bambini, persecuzione degli ebrei, la pena di morte per ghigliottina fino al 1870), per soffermarmi soltanto sul fatto che, in materia di sesso, almeno fino alla Controriforma, la Chiesa è stata qualcosa di diverso da ciò che imponeva ai fedeli, e non lo sostengo io ma un religioso, fra’ Girolamo Savonarola già nel 1496: «Fatti in qua, ribalda Chiesa, fatti in qua ed ascolta quello che il Signore ti dice […] Sei fatta meretrice sfacciata; tu sei peggio che bestia; tu sei un mostro abominevole». Com’era prevedibile, il papa Alessandro VI Borgia, al quale erano dirette le invettive, fece bruciare il Savonarola in piazza della Signoria a Firenze come eretico. E che dire dell’altro papa dichiaratamente omosessuale Giulio III che addirittura nominò cardinale il suo diciassettenne fidanzato? Ovviamente la Chiesa di Roma non è stata soltanto questo, ma è stata anche questo.
Oddio, non è che negli anni successivi i vizi carnali del clero siano cambiati, sono diventati soltanto più discreti, tant’è che, quando nel 1849 i garibaldini andarono a combattere per la Repubblica Romana, trovarono in alcuni palazzi requisiti ai monsignori scappati al seguito del papa molti sex toys dell’epoca, fatti di cuoio morbido rosato. Però, almeno fino a Benedetto XVI i preti avevano salvato la faccia e, strano a dirsi, a incoraggiare l’omosessualità nella Chiesa era stato proprio il papa che adesso si lamenta per l’eccesso di frociaggine nei seminari. Infatti, Bergoglio così rispose ai giornalisti del seguito che lo avevano stuzzicato sulle lobby gay in Vaticano durante il viaggio di ritorno da Rio de Janeiro nel mese di luglio del 2013: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?». Il pretone di campagna in talare bianca aveva dimenticato, evidentemente, che già dal 2015, pontefice Benedetto XVI, il dicastero vaticano per il clero aveva stabilito (e lui successivamente avallato) che “La Chiesa, pur rispettando profondamente le persone in questione, non può ammettere al Seminario e agli Ordini sacri coloro che praticano l’omosessualità, o presentano tendenze omosessuali profondamente radicate, oppure sostengono la cosiddetta cultura gay”. Ma tant’è…
Siccome l’amore, anche quello omosessuale, non conosce ragione e prudenza, forte di cotanto avallo, due anni dopo il teologo polacco Krzysztof Olaf Charamsa, segretario presso la congregazione per la dottrina della fede, pensate, fece coming out facendosi fotografare, tra l’altro, in abito talare e in teneri atteggiamenti col fidanzato.
Non ci vuole certo l’acume di Richelieu per capire che il termine adoperato dal papa (In un’assemblea della Cei a porte chiuse!) è stato fatto girare da uno o più cardinali per vendetta. Perché vendetta? Perché, anche se qualche giorno dopo la sua uscita sulla frociaggine nei seminari ha chiarito che nella Chiesa c’è posto per tutti, il papa ha comunque tagliato le gambe a quei prelati, e non sono pochi a quanto pare, che volevano rendere ufficialmente tollerata l’omosessualità nella Chiesa, con uno di quei cavillosi distinguo per i quali il clero va famoso, tra gli atti e le tendenze, come dire – per usare il linguaggio del sommo pontefice dei cattolici – che la frociaggine non è una controindicazione per la vita religiosa se un seminarista o un prete froci si astengono dal fare i froci. Lampante, no?
Come era prevedibile, il mondo Lgbt+, che fino a poco fa lo adorava, si è scagliato a testa bassa contro Bergoglio: “Il Papa arretra sui diritti Lgbt+ e discrimina i seminaristi gay – Se tale dichiarazione discriminatoria verrà confermata dalla Chiesa, chiediamo che il governo [che è ancora più antigay del papa – ndr] blocchi i fondi dell’8×1000 – Vorremmo capire come verranno identificati i seminaristi gay”. In effetti lo vorremmo capire pure noi e forse lo stesso papa costretto ad una marcia indietro sulla frociaggine dalla soffiata di un vescovo interessato a sabotare la sua controriformina sull’omosessualità, esattamente come furono sabotati gli intenti riformatori di Ratzinger sulla moralità della Chiesa.
(Copertina di Donato Tesauro)
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