Facebook datagate, vale a dire Pierino e il lupo
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Ma davvero qualcuno credeva che Facebook sarebbe potuto diventare il colosso multinazionale che è, semplicemente dandoci la possibilità di utilizzare la sua piattaforma gratuitamente?
– La Redazione –
Da giorni ormai non si fa altro che parlare del caso Cambridge Analytica e del furto dei dati raccolti su Facebook attraverso un test della personalità.
Ma in fondo in fondo, anche i non esperti possono affermare di non aver mai avuto il sospetto che le montagne di informazioni che riversiamo ogni secondo in Rete fossero acquisite e utilizzate per scopi commerciali e non?
Chi ha frequentato corsi sui social media forse ricorderà un avvertimento “vi dicono che è gratis, ma in realtà un forma di pagamento c’è: il corrispettivo per i servizi che utilizziamo sono le informazioni su di noi”.
Eh sì, si faceva un gran parlare di privacy e di big data tanto da far divenire questi termini quasi obsoleti, scontati, insomma, a forza di gridare “al lupo, al lupo” abbiamo fatto la fine di Pierino: non abbiamo più prestato la dovuta attenzione alla minaccia potenziale che si celava dietro la cessione volontaria dei nostri dati e alla fine il lupo ci ha mangiato…
Ma davvero qualcuno credeva che Facebook sarebbe potuto diventare il colosso multinazionale che è, semplicemente dandoci la possibilità di utilizzare la sua piattaforma gratuitamente?
Era ormai più che evidente, vista la possibilità di affinare lo strumento di advertising con estrema precisione fino a diventare quasi chirurgico, che questa possibilità era fornita dall’immenso contenitore di informazioni che immagazzina ogni momento il social blu. E che nel caso della pubblicità veniva sfruttato per rendere oltremodo appetibile alle aziende l’investimento su Facebook.
Questo era forse considerato da tutti noi un compromesso accettabile fino a ieri, fino a quando il caso Cambridge Analytica non ci ha fatto bruscamente aprire gli occhi su risvolti un tantino inquietanti: se i dati vengono utilizzati per inviarci messaggi elettorali e politici, è quindi possibile per qualsiasi entità astratta manipolare i risultati elettorali, manovrare governi e nazioni?
Qualcuno aveva ancora dei dubbi? Da quanto tempo circolavano i rumors sulle presunte manipolazioni delle elezioni statunitensi tramite i social?
Non sappiamo se veramente sia possibile arrivare a tanto, ma qualcuno ci prova questo è certo…
Ricordiamo un’intervista fatta a Rudy Bandiera in occasione della pubblicazione del suo libro “Rischi e opportunità del web 3.0” nel corso della quale abbiamo parlato off the record della (nefasta) possibilità che i big data cadessero nelle mani dei “cattivi”. Era il 2014 e riascoltandola adesso sembra anche piuttosto ottimistica…
E adesso? Adesso occorre capire se e come potremo mettere in sicurezza i nostri dati anche se riteniamo che, purtroppo, qualche falla potrà sempre prodursi e dovremo soltanto capire come rapportarci con scenari ancora una volta del tutto nuovi e nei confronti dei quali ci sentiamo tutti fragili ed esposti.
Crediamo che il titolo dell’articolo di Alessandro Plateroti pubblicato sul Sole24Ore “Datagate, la fine dell’innocenza dei social network e l’intervento dei regolatori” stigmatizzi in modo eccellente quello che stiamo vivendo in questi giorni, tra timori e ricerca di soluzioni.