E se tornasse la poesia a salvare le nostre vite?
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Il verseggiare della gente comune è come il parlare di un cuore ad altri cuori, grazie a pensieri che prendono vita ed imprimono nella nostra percezione esistenziale tinte di speranze nel futuro e di accettazione del presente
– Sergio Belvisi –
Chi più, chi meno abbiamo la devastante consapevolezza di stare a vivere in una società quasi del tutto priva di coscienza umana e civile perché sta scomparendo il rispetto verso i propri simili, verso la Res Publica e la natura che, sempre generosa, continua a sostenerci ed a proteggerci. I doveri hanno perso il loro valore di selezione morale e, di conseguenza, la dignità di ogni essere vivente è calpestata senza ritegno in nome di bassi interessi e di ogni futile causa. Il denaro è diventato l’unità di misura del terzo millennio, una sorta di Moloch che se non stiamo attenti divorerà ciò che di libero ancora resta agli uomini: il pensiero.
La follia delle stragi di religione è entrata nella nostra quotidianità e le iniquità, le frodi ed i favoritismi che si perpetrano nella società sono diventati l’accettabile alterità di un’accomodante concezione dell’esistenza. La piaga della droga, l’uso indiscriminato delle armi, l’abuso di alcool tra i minori, la violenza sessuale ed i femminicidi non fanno più notizia perché dopo il trambusto suscitato dai media l’oblio cala misteriosamente su tali eventi e la stampa, e noi stessi, siamo già pronti per gli avvenimenti successivi, come in un tragico «Avanti, si cambia!».
Sicché nessuno di noi possiede più certezze morali ed economiche e molti italiani per mangiare vanno a rovistare tra i rifiuti dei mercati, l’accattonaggio è dilagante e molti bambini crescono nel degrado più totale. Tutto ciò mentre i giovani, che sentono di non avere più prospettive esistenziali, si abbandonano ad una vita di frustrazioni e d’interminabili giornate senza scopi. La gran parte di essi è immune da colpe poiché trovare un’occupazione è oggi difficile, e dietro l’angolo si nasconde il demone tentatore del guadagno facile e dei comportamenti illegali.
Per fortuna nella nostra vita è rimasto un angolo in cui rifugiarsi, un approdo che riesce a procurarci un sollievo interiore, una distensione spirituale che libera i pensieri buoni. Ne ho avuto conferma da una ragazzina di 13 anni nel corso di un incontro che, sulla poesia, ho avuto con gli studenti delle Scuole Medie “Enrico Fermi” di Fagnano Olona in provincia di Varese: «Quando mi sento sola scrivo poesie, della gioia, del valore dell’amicizia, della pace nel mondo…». Parole semplici se volete ma grandemente pedagogiche. I versi, infatti, sono espressione di sentimenti, di emozioni che si srotolano sulla pergamena dell’anima dove la storia della nostra vita non è stata ancora del tutto scritta.
Qualcuno potrebbe anche chiedersi: «Ma conviene incoraggiare i ragazzi a scrivere poesie? I poeti riescono a vivere con la poesia?». Poeti non si diventa per convenienza o per scelta, poeti si nasce, “si è”! Anche se mi risulta che nessun poeta è mai diventato ricco con i propri versi. D’altronde gli antichi che la sapevano lunga sulla vita, sostenevano che “Carmina non dant panem” e vi assicuro che è ancora così: con i versi non si mangia! Però si può diventare migliori e qualcuno perfino immortale.