Niente paura: è ritornato Capitan America!
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Non bisogna temere il ritorno di Trump alla Casa Bianca, ma piuttosto il pericoloso convincimento dei democratici americani di essere, essi soltanto, gli unti del signore delle democrazie. Bisogna temere il loro rigido dogmatismo, quando governano, che non è molto diverso dalla rigidità psichica della Sinistra italiana e dei suoi supporter
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Dobbiamo preliminarmente confessare che a noi non piaceva né la candidatura (meglio sarebbe dire designazione dinastica) di Kamala Harris, né quella di Donald Trump anche se, dovendo scegliere per forza tra i due, avremmo votato per il Tycoon. Ciò per due ragioni fondamentali: Kamala Harris è un contenitore pieno di tutto, cioè di niente, con l’aggravante che votando lei avremmo regalato, in modo surrettizio, il quarto mandato a Barack Obama, il terzo finirà con la presidenza di Biden che, essendo da tempo sulla soglia della demenza senile, era eterodiretto da lui e avrebbe avuto lo stesso potere su Kamala presidente stante la sua vacuità programmatica.
Ciò che è accaduto, che si è ripetuto dovremmo dire, in queste elezioni stelle e strisce dovrebbe riproporre alla Sinistra – se fosse responsabile e al passo con i tempi – il suo dramma, in America e in Italia: i ceti popolari non si fidano più di loro! Lo abbiamo visto laddove i benestanti dell’East Coast e l’establishment miliardario hanno votato in massa la Harris, mentre le classi popolari, quelle che il rintronato Biden ha definito spazzatura perché votano Trump, hanno dato la loro preferenza ai repubblicani anche nel voto popolare. Il Tycoon ha certamente l’eloquio meno raffinato dei fighettoni democratici provenienti dalle Università di Harvard e di Yale, ma per i ceti popolari egli ha il dono di andare al sodo nelle questioni e, cosa molto importante, si fa capire perché parla lo stesso loro linguaggio, anche quando hanno cercato di tappargli la bocca con le sentenze dei tribunali (guarda un po’ come è piccolo il mondo…) o a fucilate.
A riguardo, fu memorabile, lo scorso mese di luglio, il suo pugno chiuso verso il cielo mentre, digrignando i denti e col viso sanguinante per un attentato, esortava la sua gente come soltanto lui poteva fare: “Lottiamo, lottiamo, lottiamo”! Ciò mentre gli agenti della sicurezza, inefficaci e piuttosto impacciati, lo portavano via ferito dal palco di Butler, in Pennsylvania, dove un giovane attentatore gli aveva appena sparato… sembrava un gigante rispetto al fragile Biden e alla petalosa Harris che prenderà il suo posto come candidata dei democratici.
È troppo presto per fare analisi credibili su quella che sarà la sua presidenza, anche per il fatto che la geopolitica è piuttosto cambiata da quando egli ha lasciato la Casa Bianca, ma se tanto ci dà tanto, possiamo ben sperare. Sì, quelli di Donald Trump presidente potrebbero essere anni costruttivi anche perché, a differenza del suo sovrastimato predecessore, il bombardatore Obama, al quale fu dato pure il Nobel per la pace dopo appena sei mesi di permanenza alla Casa Bianca, Donald Trump, durante la sua prima presidenza non ha portato nessuna guerra in giro per il mondo, ha tenuto a freno la Cina, il dittatore nordcoreano, Putin e ha promosso la pace in Medioriente col Patto di Abramo.
Noi non abbiamo paura di un ritorno di Trump alla Casa Bianca, ma piuttosto del pericoloso convincimento dei democratici americani di essere, essi soltanto, gli unti del signore delle democrazie. Temiamo soprattutto il loro rigido dogmatismo, quando governano o fanno opposizione, che, ahinoi, non è molto diverso dalla rigidità psichica della Sinistra italiana e dei suoi supporter (certa magistratura, certa finanza, certi organi d’informazione, certi servizi, certi funzionarti statali, certi sindacalisti che incitano alla rivolta sociale) che sono disposti a mandare gambe all’aria il loro Paese pur di far cadere un governo di destra democraticamente eletto. È indubbio che con l’elezione di Trump alla Casa Bianca l’asse conservatore globale ne esca rinforzato, ma i democratici americani e quelli italiani impareranno qualcosa da queste elezioni? Crediamo proprio di no, essi continueranno a spiegare al popolo (bue secondo loro) quanto sarebbe bello un mondo perfetto ma irrealizzabile, mentre il popolo vorrebbe sentir parlare di lavoro, di buste paghe, di pensioni, di sicurezza e di inflazione. Peggio per loro perché, come dimostra l’elezione di Trump, ci si rompe sempre le corna a sottovalutare il potere d’interdizione del “popolino”, quel popolino che se ne fotte del woke, della cancel culture e degli artisti miliardari che fanno il tifo per i ricchi democratici.
(Copertina di Laura Zaroli)
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