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È Giorgia che ha dissacrato il Manifesto di Ventotene?

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Manifesto di Ventotene
Il Manifesto di Ventotene che, dopo la Costituzione è diventato il testo più sventolato dalla Sinistra e dai soliti quattro quotidiani che ormai le dettano perfino la linea politica, è un documento più noto che conosciuto e dubitiamo perfino che tutti i loro accesi pasdaran li abbiano mai letti

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Durante questo fine settimana crediamo di avere indirizzato pensieri poco amichevoli a Giorgia Meloni e ai suoi avversari politici. Il motivo? Siccome non siamo abituati a parlare senza prima documentarci, sabato e domenica scorsi li abbiamo dovuti passare a leggere e annotare, riga per riga, le ventidue pagine di una copia del “Manifesto di Ventotene” del quale, peraltro, non si conosce la stesura originale. Ciò a seguito del fatto che, durante il suo intervento alla Camera dello scorso 19 marzo, la premier ha letto un passo riguardante il futuro assetto europeo previsto da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e con la collaborazione di  Eugenio Colorni nel 1941, chiarendo che quella visione non corrisponde alla sua perché impossibile da conciliare con gli obiettivi dell’Europa democratica e liberale di oggi. Insomma, si è trattato di un attestato di fede nella democrazia e della legittima espressione di un giudizio. Ma tanto è bastato per provocare un vero e proprio pandemonio con l’ennesima reazione isterica della Sinistra e dei suoi corifei mediatici, così isterica che il deputato piddino, Federico Fornaro, s’è fatto venire addirittura una crisi di pianto. Per come la vediamo noi, la foto del piagnucolante onorevole ultrasessantenne peraltro, attorniato dai colleghi di partito corsi a consolarlo perché la Meloni gli aveva fatto buu, è l’emblema di come si è ridotta la Sinistra: che differenza tra Fornaro e il suo parente comunista, Gian Carlo Pajetta, che nel 1947 se ne andava ad assaltare le Prefetture per protestare contro l’attentato subito dal suo capo Palmiro Togliatti!

Ma ritorniamo alla pietra dello scandolo, ovvero a quel “Manifesto di Ventotene” che, dopo la Costituzione, è diventato il testo più sventolato dalla Sinistra e dai soliti giornali che ormai le dettano la linea politica. Ma, come la Costituzione, a Sinistra quel documento è più noto che conosciuto e a questo punto dubitiamo perfino che tutti i loro estimatori abbiano mai compenetrato entrambi i testi. Dopo averlo letto a noi, in verità, quel Manifesto non è sembrato un lavoro trascendentale anzi, man mano che andavamo avanti nella lettura, ci siamo persuasi che poteva essere stato scritto da qualsiasi bravo liceale del tempo e, tra l’altro, i suoi estensori si producono in più di una contraddizione. Infatti, mentre agli inizi sostengono che in democrazia l’uomo non dev’essere un mero strumento altrui, bensì un autonomo centro di vita (qualsiasi cosa questo voglia significare), verso la fine vanno a concludere che i democratici non sfuggono per principio alla violenza e che il «Popolo ha sì alcuni bisogni fondamentali da soddisfare, ma non sa con precisione cosa volere e cosa fare». In altre parole il popolo non capisce un cazzo. Poi, mentre si schierano contro lo Stato totalitario che li teneva prigionieri sull’isola laziale, ne auspicano un altro altrettanto totalitario dove, però, «I democratici non rifuggono per principio dalla violenza, ma la vogliono adoperare solo quando la maggioranza sia convinta della sua indispensabilità, cioè propriamente quando non è più altro che un pressoché superfluo puntino da mettere sulla i». Come dire che la violenza dello Stato retto da dittature non va bene perché essa è decisa da una sola persona, mentre la violenza democratica è giusta e santificante, anche se non si capisce in che cosa differisca da quelle esercitata dalle dittature. Ma andiamo avanti.

Se dopo l’uscita della presidente del Consiglio Meloni riusciamo perfino a comprendere le pagliaccesche performances riparatorie della Sinistra (come il pellegrinaggio a Ventotene-Lourdes), ci sfugge la presa di posizione della Chiesa che, per il tramite di Avvenire e Famiglia Cristiana, si è scagliata contro la premier per avere espresso in modo chiaro il suo pensiero. Eppure sarebbe stato lecito aspettarsi il contrario, posto che il “Manifesto di Ventotene” è pesantemente anticlericale tant’è che, nel suo punto centrale, si scaglia di brutto contro di lei propugnando l’abolizione del Concordato e delle varie guarentigie… che non l’abbiano letto neppure in Vaticano? Procedendo nella scorsa del testo, abbiamo anche rilevato che il terzetto dei ventotenesi, mentre si fa promotore di una federazione di Stati europei, dichiara di non avere una grande opinione di un’altra aggregazione di Paesi sovrani come la Società delle Nazioni (la mamma dell’attuale Onu) che, anzi, considera un organismo inutile e dannoso perché privo di un esercito per poter imporre le sue decisioni: lo stesso esercito auspicava per la futura Federazione Europea. Questo è il proponimento che hanno in testa oggi anche la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, il presidente francese Macron e il premier tedesco in pectore Merz, che è la stessa cosa che la maggior parte della Sinistra post comunista non vuole, così come non lo voleva il vecchio Partito Comunista, tant’è che nel 1957 in Parlamento votò contro la ratifica del Trattato di Roma che istituiva la Comunità Economica Europea. Insomma, gli europeisti à la carte nostrani non hanno un convincente pedigree per poter dare lezioni di europeismo alla Meloni.

Ma l’idea di un’Europa unita sbocciò veramente da quei fogli scritti a Ventotene tra una partita a briscola e l’altra dai litigiosi confinati del regime? Oddio, a noi italiani e alla Sinistra in particolare fa piacere crederlo, ma le cose non andarono affatto così perché l’idea di un’aggregazione sovrannazionale europea tesa a perseguire obiettivi comuni, allo scopo di evitare l’ennesima guerra mondiale partente dal Vecchio Continente, venne all’austriaco Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi che nel 1922 fondò l’Unione Paneuropea. Si cimentò in un progetto simile anche il ministro degli Esteri francese Aristide Briand nel 1928, il quale coinvolse anche il segretario di Stato americano Frank Kellogg: non ne venne fuori l’Unione Europea come la conosciamo noi, ma l’idea della sua realizzazione iniziava evidentemente a farsi strada. Parlare quindi di originalità delle proposizioni contenute nel “Manifesto di Ventotene” è un po’ forzare la storia… non siamo neppure in grado di sapere con certezza se i padri fondatori dell’Europa comunitaria come Jean Monnet, Robert Schuman, Konrad Adenauer e Alcide De Gasperi lo avessero mai letto per ispirarvisi. Comunque, a riguardo del controverso documento, l’approccio disordinato, confuso e ideologico ha impedito fino a oggi la sistematizzazione delle ricerche sulla sua originalità, e se fossimo stati capaci di farlo in modo bipartisan ci saremmo serenamente accorti che nel documento sono presenti tre inconciliabili istanze politiche: quella comunista di Altiero Spinelli, la socialista di Eugenio Colorni e quella liberale di Ernesto Rossi.

Prima abbiamo detto che il “Manifesto di Ventotene” avrebbe potuto scriverlo qualsiasi liceale politicizzato dell’epoca, anche se dubitiamo che ci avrebbe messo la stessa saccenteria che trabocca dalle sue pagine. Giudicate un po’ voi alcuni dei termini adoperati dagli autori in un testo scritto per il popolo proletario: ferula, aporia, logomachie, gora… e si poteva scrivere semplicemente bacchetta, impraticabile, dispute verbose e acqua morta! La verità è che gli intellettuali della Sinistra sono sempre stati snob, frequentano circoli snob, spiagge rigorosamente snob, al polso hanno il Rolex, vanno in giro con la Tesla da cinquantamila euro e, quando gli conviene, sono anche di elastica morale. A Ventotene, quando Eugenio Colorni fu spostato al confine di Melfi, il mitico Altiero Spinelli non trovò nulla di meglio da fare che rubargli la moglie, la bella Ursula Hirschmann. E siccome le disgrazie non vengono mai da sole, oltre a perdere la moglie, Eugenio Colorni da lì a poco perderà anche la vita perché, a seguito delle ferite procurategli dai fascisti della famigerata banda Koch, morì a Roma il 30 maggio del 1944 a soli trentacinque anni.

Purtroppo per la maturazione della classe politica di questo Paese, la Sinistra italiana è una grande costruttrice di totem ideologici che impediscono il confronto e puntualmente vanno in frantumi. Essa, tuttavia, non ammette che qualcuno possa metterli in discussione, che possa ragionarci sopra con un altro punto di vista come d’altronde fece lo stesso Spinelli col “suo” Manifesto nel dopoguerra. Peraltro, abbiamo maturato il sospetto che, dopo il 1943, il documento fu rimaneggiato, dal momento che riporta alleanze ed eventi militari che, ai tempi della sua stesura nel 1941, non si erano ancora sviluppati come, per esempio l’entrata in guerra dell’America e la vittoria dell’Urss alle prese da due mesi con gli invasori tedeschi era tutt’altro che scontata come si coglie nel documento. Per concludere, secondo noi non è stata Giorgia Meloni a offendere il “Manifesto di Ventotene” e i suoi estensori, ma quella Sinistra che si ostina a non volerlo leggere senza i paraocchi.

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