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Super Mario, Fofò e il Centro: i paradossi della politica italiana

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Mario Draghi non è Conte e non farà la ragazza pon pon di nessuno pur di rimanere attaccato alla poltrona e, magari, bruciarsi la chance per il Quirinale. Anzi, è probabile che andrà dritto per la sua strada e, stando gli apprezzamenti per lui dalla Bce, dal Fmi e dall’Unione europea, possiamo anche intuire quale sarà il suo percorso. È singolare il fatto che in queste ore i media ci stanno martellando timpani per informarci che la nomina di Mario Draghi è gradita a tutto il mondo, a momenti perfino a Domineddio, ma nessun accenno all’eventuale gradimento di quello che in democrazia è l’unico azionista di ogni governo: il popolo elettore
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Abbiamo smesso di contare quanti sono i partiti ed i gruppi politici che nel Parlamento italiano sostengono di rappresentare quell’area dello schieramento politico conosciuta come “Centro”, anche perché ad ogni crisi di governo nascono nuovi partitini, gruppi e movimenti che, pur attribuendosi nobili obiettivi, in realtà ne hanno uno solo… mantenere la cadrega con più veemenza di quella con la quale i nostri nonni mantennero la linea del Piave! Tutto il resto sono balle alle quali – con colpevole acquiescenza e per interessi diversi ma paralleli – tutti fingono di credere: i media, il presidente di una repubblica parlamentare non più tale da almeno un quarto di secolo, gli organismi sovrannazionali come l’Onu, l’Ue e perfino la Chiesa che, questa poi, fonderebbe la propria ragione di esistere sulla Verità e sulla Giustizia.

E, invece, questo maledetto Centro si è reso responsabile, sin dal 1946, dei peggiori misfatti della politica italiana, una sorta di “porta del tempo” attraverso la quale ogni politico può decidere che cosa essere nonostante il preciso mandato ricevuto dagli elettori. Per carità, il Centro può essere anche sinonimo di raccordo politico laddove, però, esiste una democrazia matura e senza fronzoli pedissequamente formali e normativistici com’è nei Paesi a tradizione anglosassone e dell’Europa settentrionale.

E, invece, in Italia la democrazia è così bizantina, così appesantita da norme fine a se stesse che proprio queste, durante la pandemia, hanno consentito a un capo di governo non eletto da nessuno, e sostenuto da forze politiche votate per fare ben altro, di governare il Paese come un dittatore sudamericano, bypassando continuamente il Parlamento con i famigerati Dpcm.

Peraltro, il Centro nostrano reca nel proprio dna il suo fallimento, laddove cerca di tenere in un unico contenitore politico conservatori e progressisti, rivoluzionari e riformisti, un tentativo che il più delle volte è diventato il buco nero nel quale sono finiti risucchiati idee, partiti e intenzioni anche quando – e succede raramente – esse sono nobili.

Però è innegabile che un siffatto Centro giovi al sistema di potere che si è strutturato in Italia secondo la morale gattopardesca del “tutto deve cambiare perché tutto resti com’è”. Tant’è che negli ultimi settant’anni nessun governo ha mai perseguito seriamente la deregulation, specialmente nella pubblica amministrazione e nella magistratura. Anzi, proprio nel campo giudiziario, un ministro della giustizia, più noto ai nostri contemporanei come “disk jockey Fofò”, ha introdotto delle norme come il blocco della prescrizione, il che renderà i processi eterni alla faccia della deregulation! D’altronde, la riprova dell’inaffidabilità di un Centro – contenitore di leader senza qualità e di confronti senza obiettivi – l’abbiamo avuta in queste ore con la rovinosa caduta del governo Conte Due che, non bisogna dimenticarlo, era sostenuto da un male assortito governo di Centro + Sinistra.

Ma tanto tuonò che alla fine piovve!

Il presidente della repubblica ha da poche ore conferito a Mario Draghi, che ha accettato, l’incarico di formare un nuovo governo, e il più entusiasta della scelta è stato il killer dell’avvocato del popolo, Matteo Renzi, che a sostegno dei suoi disegni già immagina un gigantesco inciucione col Centrodestra.

Attenzione a non farsi troppe illusioni sulle capacità salvifiche di super Mario, perché anche se soltanto alla notizia di essere stato convocato al Quirinale da Mattarella è schizzata in alto la Borsa e in basso lo spread, anche per lui il problema sarà ancora il Centro, dove tenteranno di strusciarsi la Sinistra per sembrare meno sinistra e a la Destra per sembrare meno destra. Il M5S è al momento fuori gioco, a meno che i brandelli di ciò che ne resterà non confluiscano anch’essi verso il Centro come, peraltro, pare stia già avvenendo con l’abbandono anche del moderato Emilio Carelli.

Ma oltre a rappresentare la definitiva débâcle della politica che ancora una volta non è riuscita a trovare nelle proprie fila la soluzione a un problema politico, la nomina di Mario Draghi dovrebbe indurre a mature riflessioni: l’uomo non è Conte e, pertanto, non farà la ragazza pon pon di nessuno pur di rimanere attaccato alla poltrona e, magari, giocarsi la chance per il Quirinale. Anzi, temiamo che andrà dritto per la sua strada, e dal fatto che in queste ore gli stiano arrivando gli apprezzamenti dalla Bce, dal Fmi e dall’Unione Europea, possiamo intuire quale essa sarà anche se, bisogna dirlo per onestà, come presidente della BCE, l’uomo ha già salvato una volta l’Italia costringendo l’istituto a comprare i titoli di Stato dei Paesi in difficoltà.

Pertanto, non possiamo, e non vogliamo, perdere la speranza in un futuro costruito da Draghi appena un po’ meglio di quanto non abbia saputo fare il suo velleitario predecessore a Palazzo Chigi, perciò concludiamo con il suo giusto esordio al momento di accettare l’incarico: «Con grande rispetto mi rivolgerò innanzitutto al Parlamento, espressione della volontà popolare». Come dire al popolo italiano.

Non sono le elezioni che auspicavamo ma è già qualcosa.

(Copertina di Donato Tesauro)

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