Draghi e il suo esercito: il condottiero e i mentecatti
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Nonostante le molte riserve sul modo con il quale è arrivato al potere, cioè nominato dal capo dello Stato invece di essere scelto dal Parlamento, in questo momento che è in pericolo il presente e il futuro del nostro Paese, Draghi andrebbe sostenuto in ogni modo perché è l’unico italiano ascoltato all’estero nelle istituzioni del potere, lo è fino al punto che in qualsiasi Paese sarebbe l’inarrivabile comandante in capo, mentre in Italia è il contestato comandante di un esercito di impediti funzionali
– Enzo Ciaraffa –
Quando impugnò il trattato della Triplice Alleanza che l’aveva legata all’Austria e alla Germania per vent’anni, allo scopo di smarcarsi dagli alleati che avevano scatenato la I Guerra Mondiale, negli ambienti diplomatici europei iniziò a girare un pensiero che non ci fa onore: «L’Italia non finisce mai una guerra con chi l’ha iniziata». Infatti, giusto per non smentirci, la guerra successiva la iniziammo assieme alla Germania nazista e la concludemmo contro di essa.
A proposito della guerra scatenata dalla Russia, lo scorso mese di marzo, il Parlamento italiano ha approvato misure per l’invio di armi all’Ucraina e per l’accoglienza dei suoi profughi che scappavano inseguiti dai missili di Putin. Nella circostanza la Lega, per bocca del suo capogruppo al Senato, Massimiliano Romeo, ha dichiarato che “Il governo italiano ha il dovere di prestare tutto l’aiuto necessario al popolo ucraino, aiuti militari compresi, anche rispettando il patto atlantico”. Bene – abbiamo pensato – per gente che andava a baciare la pantofola di Putin a Mosca per averne, sostiene ancora qualche Procura, camionate di rubli.
Una similare dichiarazione ha fatto la capogruppo del M5S, Mariolina Castellone: “Oggi votiamo convintamente la fiducia a questo provvedimento, non abbiamo mai messo in discussione la nostra fiducia al governo Draghi o la certezza che l’Europa e la Nato vadano sempre difese e rafforzate”.
Si respirava, insomma, un clima di unità di fronte a un problema che l’Europa non aveva dovuto più affrontare dal 1938: l’annessione con la forza di uno Stato sovrano! Ma, sebbene condita di qualche precisazione di troppo, appariva talmente unanime la volontà politica di aiutare il presidente Zelensky e il suo martoriato Paese, erano talmente accorati i toni di patriottismo intraeuropeo dei vari leader, che non ci saremmo sorpresi affatto se da qualche parte fosse spuntata anche la versione moderna della Bella Otero che, avvolta nella bandiera ucraina, cantava “Kiev, bel suol d’amor”.
Che cosa è cambiato da marzo a oggi? È cambiato che, grazie agli aiuti dell’Unione europea, dei singoli Paesi europei ed extraeuropei, della Nato e degli Usa, l’Ucraina resiste e, anzi, sta facendo pagare, in termini di vite umane, un prezzo salato agli invasori russi, i quali alla fine non perderanno la guerra che hanno scatenato ma, paradossalmente, non la vinceranno neppure, indipendentemente dal risultato sul terreno.
Ebbene, nonostante questo andamento della lotta di un Paese che veniva dato per soccombente ai russi nel giro di 48/72 ore, è iniziata progressivamente a venir meno la solidarietà dichiarata della Lega e del M5S verso l’Ucraina… un assurdo, non trovate? Del partito di Grillo (ma ormai è di Conte per usucapione) abbiamo smesso quasi di occuparci da un po’, perché riteniamo sia tempo perso tentare d’individuarvi sprazzi di coerenza e di una visione del futuro di questo Paese che non siano le solite stronzate populiste, alle quali è andata appresso per troppo tempo una rilevante percentuale d’Italiani che, stando ai sondaggi, pare si stia ravvedendo. Non ci sorprende per niente, quindi, il fatto che il M5S, contrariamente a quanto ha dichiarato a marzo scorso, abbia iniziato a mettere in discussione l’operato del governo Draghi del quale fa parte, e della stessa Nato sull’Ucraina. Anche perché, tentare d’immaginare con questa gente un futuro che partendo dalla guerra in atto fondi sul progetto di costruire un’Europa che sia più consapevole di se stessa, sarebbe pura follia. V’è soltanto da sperare che, come accadde per un altro movimento populista, Il Fronte dell’Uomo qualunque, quello dei Cinque Stelle ritorni da dove è venuto: nel recesso dei nostri sensi di colpa nazionali.
Per carità, quando si ha a che fare con i grillini ci aspettiamo di tutto e il contrario di tutto, a sorprenderci semmai è la Lega, anzi Salvini, che già sostenitore della legittima difesa e del diritto di armarsi dei cittadini con facoltà di sparare al ladro che entra in casa, non vuol riconoscere questo stesso diritto al popolo ucraino invaso da una banda di feroci predoni. Infatti, subito dopo che la Lega ha votato la fiducia al governo sugli aiuti all’Ucraina, anche lui ha iniziato prima col dirsi contrario all’invio di armi letali (le armi sono tutte letali…), poi ha alzato l’asticella sostenendo che era anche contrario all’invio di armi offensive (le armi sono tutte offensive se utilizzate per offendere…), e pare che adesso abbia detto addirittura “Basta!”, mentre il capo del governo, Mario Draghi, era in volo per portare al presidente Biden le decisioni di un governo coeso almeno sulle scelte generali dell’Alleanza Atlantica. Questo mentre assieme a Giuseppe Conte, con un inedito asse post-Papeete, il segretario della Lega ha fatto a gara a tagliare l’erba sotto i piedi al capo del governo mentre si recava a Washington a rappresentare la posizione dell’Italia sulle sanzioni alla Russia e, sotto sotto, le posizioni dell’Unione europea.
Ma ha senso tutto questo mentre ci troviamo nel pieno di una crisi sanitaria, sociale, politica e militare, di come non se ne vedevano dalla fine della Grande Guerra?
Qual è il fine ultimo che si prefigge Salvini con la sua ondivaga linea politica, se le sue azioni possiamo ancora ascriverle nel novero della politica e non della psichiatria? Il fine è la pace? Tutti vogliamo la pace, ma si faccia spiegare dall’amico Putin come e quando. Ma, poi, è possibile la pace tra il lupo e l’agnello se quest’ultimo non dimostra che, all’occorrenza, è capace di resistere alle sue zanne fino al punto di rendergli problematico il pasto?
Peraltro, nonostante le nostre riserve sul modo con il quale è arrivato al potere, cioè nominato dal capo dello Stato invece che essere scelto dal Parlamento, in questo momento che è in pericolo il presente e il futuro del nostro Paese e dell’intera Europa, Draghi andrebbe sostenuto in ogni modo perché è uno dei pochi premier ascoltato all’estero nelle istituzioni del potere. Lo è fino al punto che in qualsiasi altro Paese sarebbe l’inarrivabile comandante in capo, mentre in Italia è il contestato comandante di un esercito di impediti funzionali, i quali sono così stupidi da non aver capito che egli è andato a Washington non col cappello in mano come essi sostengono, ma per ribadire al potente alleato d’Oltreoceano che da oggi i conti si fanno anche con l’Unione europea della triade Germania – Francia – Italia. Insomma l’ex banchiere Draghi sta tentando di portare l’Italia a volare alto nel panorama politico internazionale, specialmente quando si fa suggeritore, peraltro a casa del suo defunto ideatore, di un Piano Marshall per l’Ucraina. Ma anche la posizione di Draghi sulla necessità di continuare ad aiutare l’Ucraina e, allo stesso tempo, adoperarsi per far sedere a un tavolo negoziale Putin e Zelensky non è proprio quella di uno che si è recato da Biden per esservi comandato a bacchetta.
E se, nonostante questa schifezza di “esercito” che si ritrova Draghi riuscirà anche a pilotare dignitosamente e con costrutto il nostro Paese fuori dalla palude della guerra e delle sanzioni, andremo a piedi fino a Roma e ci accamperemo d’avanti a Palazzo Chigi fin quando non ci avrà dato la possibilità di stringergli la mano. E il giorno dopo, magari, ritornare a criticarlo per essere un capo di governo imposto al Parlamento dall’alto. Sì, perché quando è in gioco la sorte del proprio Paese (possiamo dire anche patria?), le contestazioni al capo del governo impegnato in vitali bilaterali all’estero vanno almeno rimandate. Ed è strano che questo non lo capisca uno che fino a ieri, scimmiottando la “America first” di Trump, andava gridando “Prima l’Italia e gli italiani”!
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