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Don Mattia Bernasconi e la Messa in ammollo

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don Mattia Bernasconi
Il papa, che ormai passa la maggior parte del tempo ad andare in giro a chiedere scusa a qualcuno per le malefatte che la Chiesa ha accumulato in oltre duemila anni, e la Magistratura, sempre pronta a incriminare chicchessia, perfino chi non ha saputo prevedere un terremoto, cosa stanno facendo per fermare l’una, la deriva nichilista dei fedeli, l’altra, la speculazione sul costo delle merci e generi di prima necessità con la scusa della guerra in Ucraina? Sarebbe davvero interessante saperlo

– Enzo Ciaraffa –

V’è un detto napoletano che spiega più di mille libri perché quando alcune cose non vanno bene bisogna cercarne le responsabilità tra chi sta al vertice della piramide decisionale: “O pesce fete ‘ra capa». E questo vale anche, e soprattutto, per la Chiesa dal momento che nei confronti della giurisdizione civile essa si pone (e la condiziona!) come un’istituzione morale con un piede nel mondo ultraterreno. Ma procediamo per gradi curando di restare lontani da ogni diatriba teologica.

La Procura della Repubblica di Crotone ha scritto nel registro degli indagati don Mattia Bernasconi, parroco nella Parrocchia di San Luigi Gonzaga a Milano.

L’ipotesi di reato a suo carico?

 Offesa a una confessione religiosa.

Ciò perché, al termine di un campo di volontariato di giovani scout cattolici e in costume da bagno, lo scorso 27 luglio don Mattia Bernasconi ha celebrato la Messa semi-immerso nel mare di Crotone, utilizzando un materassino gonfiabile come altare. Per questa iniziativa, oltre alla Procura crotonese, che ne avrebbe di cose serie delle quali occuparsi in terra di ‘ndrangheta, è intervenuta anche la curia milanese che, a quel punto, non si è potuta sottrarre al compito di stigmatizzare l’iniziativa di don Mattia.

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Emotivamente quest’accadimento non mi coinvolge come fedele perché è da lungo tempo che mi sono allontanato dalla Chiesa di Roma e, tuttavia, ritengo che un rito religioso debba celebrarsi con trasporto e serietà, se non altro per non banalizzare un concetto che è senza confini: il divino.

Ma come premesso agli inizi, «O pesce fete ‘ra capa» e, per il caso in specie, ne spiegherò il perché ricorrendo a un accadimento non troppo lontano nel tempo.

Andando sulle immagini del sito Dagospia del 27 aprile 2014, il giorno della canonizzazione a Roma di Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII, nella rubrica “Cafonal” possiamo ancora ammirare delle foto che definire vomitevoli è un signorile eufemismo. Infatti, quel giorno di otto anni fa, accadde che un gruppo di vip e manutengoli vari assistesse alla canonizzazione dei due papi ingozzandosi di stuzzichini innaffiati con colorati cocktail sul terrazzo della Prefettura Vaticana, mentre un milione di fedeli in varie parti del mondo, dopo aver bivaccato per tutta la notte nei sacchi a pelo o sulla nuda terra, assisteva alla celebrazione composto e rapito.

Tra “quelli della terrazza” si notavano il decano dei giornalisti della Rai, Bruno Vespa, il più stretto collaboratore del capo del governo di allora, Marco Carrai, il presidente dello Ior, Ernst von Freyberg, e altri centocinquanta tra vip, vippini e vipponi che guardavano la gente ammassata in piazza San Pietro dall’alto in basso, se non altro per l’altezza alla quale essi si trovavano rispetto al “popolino”.

Siccome al peggio non v’è mai fine, quel 27 aprile alla soperchieria modello Marchese Onofrio del Grillo si aggiunse l’oltraggio, allorché il disinvolto segretario della Prefettura (troppo disinvolto come narreranno le cronache vaticane successive…), monsignor Angel Vallejo Balda, improvvisò una somministrazione dell’Eucaristia estraendo il “corpo e sangue di Cristo” da un bicchiere da vino raccattato su di un tavolo del buffet.

E soltanto adesso magistrati e curia milanese s’indignano?

Ma per piacere, siate seri e cercate di essere vicini, Magistratura e Chiesa, a quella povera gente che sta per essere schiacciata dalla più grave crisi politica, economica e militare che l’umanità ricordi dal 1939 a oggi.

Il papa, che ormai passa la maggior parte del tempo ad andare in giro a chiedere scusa a qualcuno per le malefatte che la Chiesa ha accumulato in oltre duemila anni, ha capito, oppure no, di trovarsi a capo di un’istituzione religiosa che ormai ha perso la sua vocazione apostolica perché, maggiormente sotto di lui, la Chiesa sta mollando uno alla volta i suoi capisaldi morali?

E la Magistratura, sempre pronta a incriminare chicchessia, perfino chi non ha saputo prevedere un terremoto, cosa sta facendo per fermare l’aggiotaggio, cioè la speculazione (proibita per legge) sul costo delle merci e dei generi di prima necessità con la scusa della guerra in Ucraina?

Queste sono le risposte che ci piacerebbe leggere da qualche parte.

E invece dobbiamo ammorbarci sulla vicenda di un prete che ha deciso di celebrare un rituale ritenuto sacro tenendo le palle in ammollo nel mare di Crotone.

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