Di Maio se ne va e Conte resta a prendere schiaffoni
Share
Stiamo per assistere a un paradosso: mentre Conte dovrà farsi carico di errori non suoi, come quelle spinte luddiste del M5S del recente passato che ci hanno consegnato nelle mani del primo delinquente capace di produrre energia su grande scala, uno dei colpevoli di tutto ciò, Di Maio, siederà gomito a gomito con i grandi della terra impegnati a reperire nuove fonti energetiche. Peccato siano le stesse che gli ambientalisti e i grillini dei suo anni d’oro avevano fatto chiudere in Italia
*****
Scimmiottando la parte finale del bollettino della vittoria di Diaz del 4 novembre 1918, verrebbe da dire che i resti di quello che fu uno dei movimenti populisti più forti d’Europa ha risalito, diviso e senza speranza di recuperare i passati consensi, le scale di Palazzo Chigi per depositare ai piedi di Draghi le spoglie a brandelli del M5S, che da oggi non è più neppure la prima forza politica del Parlamento. Ciò perché, assieme a una sessantina tra deputati e senatori, Luigi Di Maio ha lasciato il M5S in disaccordo col (quasi) presidente del movimento sul secondo mandato e sull’atteggiamento del governo italiano segnatamente all’invio di armi all’Ucraina, per aiutarla nella lotta contro l’invasore russo.
Oddio, la notizia dell’abbandono del Giggino nazionale era già da mesi nell’aria e, secondo noi, alla base della decisione non c’è né il secondo mandato, né la guerra in Ucraina, anche se la particolare e complicata contingenza internazionale gli ha fornito un alibi “nobile” per abbandonare Conte & C. al loro prevedibile, triste destino: la sua adesione senza se e senza ma all’alleanza euro atlantica e per dar vita a una nuova realtà politica da dove siano banditi, parole sue, “Odio, populismi, sovranismi, personalismi e superficialità”.
Azzz… questo non è l’abbandono di una linea politica, ma la polverizzazione di ciò che si è stati fino al giorno prima! Anche per questo suo mettere carichi da novanta su di una scelta dovuta a motivi di opportunismo tattico, Giggino resta un giovanotto furbo di Pomigliano d’Arco il quale, avendo capito che la nave del M5S è destinata fatalmente ad affondare, ha scelto il momento migliore per abbandonarla, facendo pure finta di voler salvare donne e bambini dal naufragio annunciato. Ipocrita, dunque, il nostro ragazzotto ma anche un po’ menagramo vista la scelta di chiamare Insieme per il futuro il nuovo gruppo al quale intende dar vita.
Perché menagramo?
Perché un esperimento simile, benché avesse basi più culturali come il movimento Fare futuro, poi divenuto Futuro e libertà, non portò bene a uno dei due fondatori, Gianfranco Fini che, pochi anni dopo averlo fondato, passò da leader di Alleanza Nazionale a scendiletto di Silvio Berlusconi, da immobiliarista fraudolento a Montecarlo a signor nessuno. Sempre che il nostro Giggino non abbia in mente d’imitare quei futuristi italiani che riuscirono a dare una scarica adrenergica alla stagnante cultura europea d’inizio Novecento. In questo caso, però, gli mancherebbero gli equivalenti di Marinetti, di Carrà, di Boccioni, assieme a un attributo indispensabile per portare avanti scelte innovative e coraggiose: le palle.
La verità, secondo noi, è che nell’ultimo anno nel M5S sono avvenute due metamorfosi, una più farlocca dell’altra: quella di un inveterato borghese con la pochette (Conte) che, per conquistare la residuale anima populista del movimento, si è rapidamente trasformato in un capopopolo proletario che sta più a sinistra della stessa sinistra; e quella di un proletario autentico (Di Maio) che, avendo in questi anni di governo sperimentato i vantaggi politici di appartenere all’élite, è diventato perfino più borghese e liberale di Boris Jhonson.
E, come spesso accade nel corso della storia, tra poco ci troveremo ad assistere a un paradosso: mentre Conte dovrà farsi carico di errori non suoi, come le spinte luddiste del M5S del recente passato che ci hanno messo nelle mani del primo delinquente capace di produrre energia su vasta scala, uno dei colpevoli di tutto ciò, Di Maio, siederà gomito a gomito con i grandi della terra impegnati a reperire nuove fonti energetiche. Anzi, proprio oggi il governo di Kiev si è prodotto in sperticati elogi per la sua iniziativa definendolo addirittura un uomo che cammina con la storia. Peccato che le fonti energetiche che oggi ci mancano siano le stesse che gli ambientalisti e i grillini dei suo anni d’oro avevano fatto chiudere in Italia. Come anche volevano fare con il gasdotto Trans-Adriatico, meglio conosciuto con l’acronimo di Tap.
A questo punto, se Conte fosse veramente un politico quale si picca di essere, mollerebbe tutto per ritornare a fare il professore e l’avvocato, lasciando il cadavere del M5S nelle braccia dell’unico responsabile della sua morte: Beppe Grillo.
(La copertina è di Donato Tesauro)
Potrebbe interessarti anche Con le panchine inclusive i diseredati rimarranno tali