Cosimato: non può esservi gestione di una crisi dove da anni c’è crisi di gestione
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Abbiamo affrontato l’emergenza coronavirus con una classe dirigente che non era in grado di far funzionare la pubblica amministrazione neanche prima. È imbarazzante sentir dire dai responsabili che il sito dell’INPS è stato attaccato dagli hacker proprio nel giorno in cui doveva ricevere le domande per l’ormai famoso, o famigerato, sussidio mensile da ottocento euro. È addirittura irritante poi andare in farmacia e non trovare le mascherine a cinquanta centesimi cadauna come ampiamente, e ripetutamente, assicurato dal governo nei giorni scorsi
– Enzo Ciaraffa –
Generale Cosimato, ho avuto il piacere di conoscerti, da commilitone, quando eri Capo Ufficio Stampa di una grande Unità della NATO, adesso ti trovo coordinatore del “Centro Studi Sinergie” che, mi pare di capire, si propone l’obiettivo di riscoprire e vivificare i valori fondanti della nostra civiltà, quale presupposto per rinnovare in senso umanistico la nostra classe politica e dirigente. Nessuno meglio di te, dunque, può spiegare ai visitatori del blog che cosa sta avvenendo nel nostro Paese al tempo del Covid-19. E parto subito con la prima domanda che, dati i tempi, troverai magari scontata: ritieni che fino ad oggi sia stata abbastanza efficace, o perlomeno coerente, l’azione del governo nel contrastare l’epidemia del coronavirus.
Non ci può essere gestione della crisi laddove c’è crisi della gestione, lo ripeto ormai da tempo. Abbiamo affrontato l’emergenza con una classe dirigente che non era in grado di far funzionare la pubblica amministrazione neanche prima. È imbarazzante sentir dire che il sito dell’INPS è stato attaccato dagli hacker proprio nel giorno in cui doveva ricevere le domande per l’ormai famoso, o famigerato, sussidio mensile da seicento euro. È sconfortante andare in farmacia e non trovare le mascherine a cinquanta centesimi. Il Centro Studi che io coordino emetterà dei giudizi ponderati sulla base delle risultanze che stiamo raccogliendo, ma i primi dati che osserviamo non prefigurano certo un quadro positivo
Il lockdown e l’arresto quasi totale del sistema produttivo era l’unica risposta possibile?
Vedi, quando eravamo in servizio, tu ed io, sapevamo che avremmo dovuto operare anche in ambiente contaminato, nel caso avremmo indossato una maschera anti NBC, un vestito protettivo, dei calzari e dei guanti, ma avremmo fatto ugualmente il nostro dovere, in ogni caso dovevamo assolvere al nostro compito. Ogni nazione ha risposto a modo suo, ma pare che la soluzione di prolungare la quarantena sia stata più dettata dall’incapacità di distribuire indumenti protettivi e curare i pazienti, spesso morti perché soccorsi troppo tardi, che per reale strategia anti pandemia. Con una classe dirigente così non si fa molta strada.
Fatta la tara sulla loro efficacia e comprensibilità, si può governare un Paese di sessanta milioni di abitanti a suon di circolari per sessanta giorni, come fosse un ufficio del catasto.
La quarantena è una situazione che, per ovvie ragioni contingenti favorisce chi ha il potere in quel momento, un governo traballante è diventato, perciò, improvvisamente solido ed onnipotente. Per adesso. La fluviale decretazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha sconvolto la gerarchia delle fonti del diritto provocando, peraltro tardivamente, la reazione dei giuristi, di solito così attenti a rimarcare l’intangibilità dei diritti costituzionali. Noi cittadini non possiamo manifestare, siamo intrappolati nell’ascolto di talk show generalmente manipolatori e siamo vittime della trappola dei social e, soprattutto, di what’sup, che ci ipnotizza nel gioco di ri-postare notizie di cui non si capisce più nulla. Ma la cosa più triste è il vedere che ad ogni richiesta di chiarimento il livello di confusione aumenta. Non mi appassionano i contenuti della definizione di congiunto e non mi diverte compilare un modulo di autocertificazione che presenta vari profili d’illiceità. Non sono neppure sicuro, a questo punto, che lo scopo del governo sia realmente quello di governare, mi pare che si trovi più comodo decretare all’infinito.
Al cospetto di circa trentamila morti da coronavirus, con alle viste una crisi economica come mai se ne erano avute, con intere categorie produttive messe a terra dal lockdown, con la prospettiva di un PIL che secondo stime dovrebbe arrivare a segnare il -20%, quello di una più numerosa presenza femminile nella task force di Vittorio Colao era il grande problema del momento.
La burocrazia reagisce sempre allo stesso modo, cioè moltiplicando le poltrone. Abbiamo una macchina amministrativa che è a dir poco sovradimensionata, sicché la nomina di consulenti esautora le strutture esistenti, aggiunge confusione, provoca duplicazioni, non fornisce reali servizi ai cittadini. Le quote rosa, poi, sono un feticcio ideologico, le donne in gamba s’impongono lo stesso. Ricordo d’aver incontrato una signora americana durante un viaggio di lavoro, sembrava la casalinga della porta accanto ma, come poi scoprii, era la massima esperta di missili anti-missile degli Stati Uniti! L’ho ammirata molto, non perché era una donna, ma per ciò che sapeva; le cose che ho imparato sull’argomento, in parte, le ho appreso da lei.
Pur senza volere essere partigiani di nessuno, la sensazione che abbiamo ricavato fino ad oggi è che questa compagine governativa non si senta all’altezza del compito che la sorte le ha assegnato. A riguardo, ritieni che la nomina di 14 task force governative sia un punto di forza del governo o la tacita, ma anche lampante, ammissione della sua totale incapacità di fronte all’epidemia da Covid-19.
Il consulente può servire quando si presenta un problema mai visto prima e si trova una persona che ha delle competenze assolutamente introvabili nell’amministrazione che dovrebbe operare in quel campo. Se si trova una persona così, tutti quelli che avrebbero dovuto fare ciò che al consulente si chiede, sono inutili per cui, per un consulente che viene inserito nella macchina dello Stato, ci deve essere almeno un dirigente da mandare a casa. La politica deve pensarci bene prima di nominare un dirigente, ma ci deve pensare ancor di più prima di nominare un consulente. Il termine task force, che nell’ambiente di lavoro da cui veniamo io e te aveva un significato molto specifico, in questo caso viene usato solo per non far sapere che abbiamo imbarcato nuovi membri della solita classe dirigente.
Per anni ci hanno spiegato che l’Italia da sola non avrebbe potuto affrontare le sfide del futuro fuori dall’Unione Europea e quando, poi, questa è stata chiamata a battere un colpo per tirar fuori economicamente i Paesi membri dalla peste del nuovo millennio con la monetizzazione della crisi, sono apparsi i primi distinguo e l’aperta ostilità dei Paesi del Nord Europa come Germania e Olanda.
I mantra sull’Unione Europea sono la spia di un problema che la classe dirigente italiana cerca di nascondere da anni: la subalternità alle tecnocrazie comunitarie. Mi piacerebbe che i nostri politici difendessero l’interesse nazionale nell’Unione Europea così come fanno i tedeschi, i francesi e tutti gli altri leader. Wolfgang Munchau, editorialista del Financial Times, ha recentemente dichiarato che «In Europa da 10 anni l’Italia va contro i propri interessi». Il fatto che il nostro governo non sia riuscito ad imporsi per ottenere un’iniezione di liquidità adeguata alla crisi del Covid-19 è molto grave e sembra dargli ragione. Peraltro, il tentativo di risolvere la crisi attraverso il ricorso al debito non ha senso. Le banche italiane oggi non prestano soldi a nessuno, anche se i prestiti sono garantiti dallo Stato.
A proposito della monetizzazione della crisi seguita alla pandemia, la Corte Costituzionale tedesca, poche ore fa, si è espressa contro l’acquisto di titoli di Stato fatti della BCE negli ultimi cinque anni, acquisti che oltre a non rientrare, secondo la corte tedesca, nelle competenze della stessa BCE «… potrebbero non avere validità in Germania». Non ti pare che, in qualche maniera, questa sentenza vada a mettere una pietra tombale sui Recovery bond e resusciti, invece, il MES e la “germanocentricità” dell’UE.
I Recovery bond si sono trasformati in Recovery initiative, per cui andranno valutati in base ai soldi che si metteranno e, soprattutto, quando arriveranno, si parla dell’inizio del prossimo anno. Il MES è bocciato da tutti gli economisti del Centro Studi che rappresento, come pure da quelli di tanti altri ambienti professionali. Il pronunciamento dell’Alta Corte tedesca ha costretto la Corte di Giustizia Europea a precisare che «Riaffermiamo il primato del diritto UE e il fatto che le sentenze della Corte di Giustizia della UE sono vincolanti per tutte le corti nazionali» … è uno spettacolo piuttosto desolante e deludente. La classe dirigente che vorrei io, invece, non declama come “sarà bella l’Unione Europea” ma si occupa di non imbruttire l’Italia.
E giusto per non farci mancare niente in un momento così difficile e complicato per il nostro Paese, è sopravvenuta in questi giorni anche la rivelazione del magistrato Nino Di Matteo a proposito di una probabile (tacita…) trattativa Stato-Mafia per la cessazione delle rivolte nelle carceri in cambio dalla fine del regime del 41 bis per i boss di mafia e di camorra.
La tendenza culturale a trasformare il diritto nel refugium peccatorum dei delinquenti è una cosa che i cittadini non capiscono, perché la cultura lassista del diritto che si allontana dal buon senso coinvolge unicamente politici e magistrati. I giuristi che incontro mi dicono, invece, che il diritto deve riscoprire la moralità e rigettare l’ideologismo che lo ha contraddistinto sinora. Non capisco perché i politici ed i magistrati litighino, mi sembrano così simili …
E vengo all’argomento inizialmente introdotto e dal quale pareva ci fossimo allontanati, con una domanda precisa: con tali chiari di luna ritieni esistano margini di manovra per il “Centro Studi Sinergie” di rinverdire i valori fondanti della nostra civiltà e per rinnovare in senso umanistico la classe dirigente.
Quanto chiudevi la botola del tuo carro armato per iniziare l’assalto carrista non ti chiedevi se avresti vinto o se saresti tornato a casa, partivi dritto verso il tuo obiettivo lasciando sotto i tuoi cingoli il nemico della tua patria. Quando io saltavo giù dall’aereo per colpire i miei obiettivi a terra sapevo che l’ambiente era ostile e la missione difficile, ma sapevo anche come fare a compiere la missione e tornare a casa. Insomma coloro che si mettevano tra noi e i nostri obiettivi avevano più di qualche motivo per aver paura di noi. Ora pare sia diverso. Per iniziare a fare il soldato di professione ci vogliono almeno diciotto anni, quelli della maggiore età, mentre per fare una classe politica e dirigente ce ne vuole il doppio, ma bisognerebbe saperla scegliere sulla base di risultati ottenuti, del suo background e non per l’appartenenza ai diversi gruppi di potere. Come vedi, oltre allo spirito di servizio e all’amore per l’Italia non v’è proprio niente di rivoluzionario nei nostri programmi.
«Spirito di servizio e amore per l’Italia …», se non è rivoluzione questa!