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Come la zia bizzochera

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bizzochera
La neo segretaria del Pd tende a rassomigliare ogni giorno di più a quella zia, di solito vedova o bizzochera, sempre vestita di nero, tutta casa e chiesa, che molti italiani di una certa età hanno conosciuto. Era, quasi sempre, una sorella della nonna o del nonno la cui presenza in famiglia era desiderabile e utile sotto molti punti di vista logistici e affettivi: peccato che non le andava mai bene niente e aveva in uggia la modernità

– Enzo Ciaraffa –

Pur essendo un liberale (ma forse proprio perché tale…) non accolsi con preconcetti l’elezione della trentottenne radicale di sinistra americana naturalizzata svizzera, Elly Schlein, alla segreteria del Pd perché, pensai allora, la politica italiana ha bisogno di volti nuovi e di nuove idee, e una giovane intelligente alla guida del maggior partito di opposizione avrebbe potuto dargli una vera impronta socialdemocratica sul modello laburista inglese e non cripto marxista: mai speranza fu più mal riposta.

E sì, perché a distanza di pochi mesi dalla sua elezione alla guida del Pd ho dovuto cambiare idea, iniziando a guardare con crescente sconcerto all’operato di questa segretaria che, pur essendo giovane di età, rassomiglia ogni giorno di più a quella zia, vedova o bizzochera, sempre vestita di nero (allora l’armocromista non c’era), tutta casa e chiesa, che molti italiani della mia generazione hanno conosciuto. Era, la zia bizzochera, di solito una sorella della nonna o del nonno, la cui presenza nelle famiglie allargate, come erano quelle di un tempo, era utile sotto molti punti di vista logistici e affettivi: peccato che alle zie in questione non andava mai bene niente, specialmente la modernità.

Infatti, se noi ragazzi di casa indossavamo pantaloni a zampa di elefante, come andava di moda negli anni Sessanta, essa aveva da ridire; se nostro fratello maggiore organizzava un balletto a casa con i compagni di liceo costui diventava una specie di depravato e i nostri genitori dei permissivi guardoni; se nostra cugina accorciava la gonna di qualche dito era destinata a un futuro da zoccola; se la domenica mattina non andavamo a messa l’inferno era assicurato; se papà e mamma ci davano la paghetta settimanale, sempre secondo lei, commettevano il principe di tutti gli errori educativi: «Se la devono sudare… dovete mandarli a lavorare!».

Ecco, Elly si è rivelata essere come quella zia bizzochera rompipalle dalla quale noi ragazzi stavamo alla larga, perché con una sola parola era capace di fare ammosciare anche l’obelisco di piazza San Pietro. Così si sta ammosciando il cosiddetto effetto Schlein e il numero degli elettori che stanno alla larga da un Pd tassaiolo e piagnone, guidato da lei che, nonostante le buone premesse, non è stata in grado di predisporre un credibile programma per battere il Centrodestra alle urne, segnalandosi unicamente per il radicalismo e per l’appiattimento sulle posizioni spesso irragionevoli della Cgil. In verità, a voler essere completi nel giudizio, bisogna soggiungere che proprio in questi giorni la Schlein un ectoplasma di programma lo avrebbe abbozzato, il guaio è che lo ha basato su nuove tasse, come quella sui redditi e sulle rendite catastali cioè le abitazioni. Per tutto il resto ha deciso di campare alla giornata, preferendo invocare un giorno nuove tasse per (sic!) risollevare l’economia, un giorno imprecando contro Ignazio La Russa, un giorno contro Salvini, un giorno contro la Meloni, un giorno contro Nordio, un giorno contro la Santanché e un giorno contro… basta, non ne se ne può più di quel dito talebano sempre puntato contro qualcuno!  

Detto quanto sopra, mi sono dovuto convincere che di questo passo, e con tale guida, il Pd non uscirà mai, ma proprio mai, vincitore da una regolare consultazione elettorale perché – e non averlo previsto è stato il grande errore della Schlein – il suo elettore medio è meno “liquido” della società che lei ha in testa: è semplicemente e banalmente normale. Pertanto, la segretaria che nessuno avrebbe visto arrivare, e per evitare che nessuno la veda quando se ne andrà, la smetta di dirci almeno dieci volte al giorno come usare le nostre terga per poterci definire progressisti e, finalmente, scriva un programma capace di guardare al domani e non alle baruffe di oggi, perché è la leader del primo partito di opposizione e non il Sergente Matt Baker del gioco elettronico Brothers in Arms che dà la caccia ai suoi avversari uno alla volta.

Il guaio è che, come quella nostra zia bizzochera degli anni giovanili, Elly Schlein non si rende conto di essere diventata una rompipalle per i suoi stessi elettori che vorrebbero almeno sognarlo un futuro migliore invece di galleggiare sui suoi deliri onirici e che, perciò, farebbe meglio a dir loro come intende rendere più leggera la bolletta dell’elettricità o aumentare i soldi in una busta paga che è la più “leggera” in Europa, invece di ripetere il mantra che essere gay, immigrazionista e contro il progresso tecnologico è da… progressisti. Tra l’altro, abbiamo motivo di ritenere che – per le candidature alle elezioni europee – quelli che oggi dentro il Pd masticano amaro e tacciono sul suo castrante radicalismo allo scopo di non precludersi uno strapuntino a Strasburgo, creeranno non pochi problemi alla segretaria sull’applicazione del manuale Cencelli interno.

(Copertina di Laura Zaroli)

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