Ci mancavano i montoni fru-fru dei tedeschi
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Montoni gay? Speriamo intervenga la protezione animali a far cessare questa ennesima pagliacciata arcobaleno, stigmatizzando l’iniziativa del pastore Michael Stücke che puzza di violenza della natura animale e, visto che siamo in Germania, evoca, seppure capovolta, quella selezione eugenetica così cara al nazismo
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A ogni latitudine le donne, almeno quelle disinibite, hanno sempre inclinato, quando ne ricorrevano le circostanze, ad appioppare ai loro partner qualità figurate quali stallone, o toro, o montone, in presenza di dimensioni ragguardevoli e/o capacità di superlative prestazioni a letto. Da oggi, però, l’immaginario erotico femminile dovrà eliminare dalla triade figurata il montone a causa della sua attuale, equivoca collocazione di genere. Che cosa vogliamo dire? Vogliamo dire – in realtà lo ha scritto il settimanale Vanity Fair – che adesso pure i montoni stanno cedendo alle stravaganze queer. In che modo? Alcuni di essi sarebbero passati sull’altra sponda.
Infatti, lo scorso 24 settembre il sopramenzionato settimanale ci ha informati che sta per arrivare sul mercato la prima collezione di moda realizzata con il filato Rainbow Wool, ricavato dalla lana di montoni gay allevati in Germania. Diavolo, che novità epocale ci siamo detti! Ma chi li alleva sti montoni? Come si fa a capire quando un cornuto lanuto è carente di testosterone? Confessiamo di non avere una grande esperienza nello specifico campo e, pertanto, per le risposta ci dobbiamo giocoforza affidare ancora a Vanity Fair: “Il filato di Rainbow Wool proviene da una fattoria di Löhne, in Nord Reno-Westfalia, di cui si occupa il pastore Michael Stücke, membro dell’Associazione Gay farmer. Questo filato […] è prodotto con la lana di oltre 20 pecore gay che, al posto di essere macellate, nella fattoria arcobaleno possono godere di una lunga vita e fornire lana di alta qualità per look di tendenza”.
Di tendenza? In che senso? Sapete, questa cosa sta preoccupando non poco noi eterosessuali, perché s’inizia sempre così, per far tendenza … poi diventa imposizione. E, detto con macabra franchezza, noi speriamo di essere già passati a miglior vita quando in Italia il dichiararsi gay diverrà titolo di preferenza curriculare. Poi, proprio a proposito di lane particolari,ci siamo già passati e non ci portò granché bene. Durante il fascismo, nel periodo dell’autarchia, gli italiani al posto della lana ovina d’importazione furono costretti ad utilizzare indumenti di pelo di coniglio che, se non altro, è simpatico e seppure di ridotte dimensioni, è uno scopatore ortodosso e inarrestabile.
Pare di capire che il ricavato della vendita di capi realizzati con la lana dei montoni gay tedeschi andrà a finanziare le diverse attività della Federazione Queer Diversity (meglio conosciuta con la sigla Lsdv+), in Paesi ostili alla galassia delle identità sessuali, che immaginiamo siano quelli delle teocrazie islamiche. E allora, proseguendo nello sforzo immaginativo, già vediamo l’esultanza della guida suprema, l’ayatollah Khamenei, in Iran, o del capo dell’emirato talebano afghano, Hibatullah Akhundzada, alla notizia dell’arrivo di fondi per la causa queer provenienti dalla commercializzazione della lana di montoni passati sull’altra sponda, loro che i montoni li lasciano pascolare in santa pace e, purtroppo, i gay li condannano a morte.
Ma mica è finita qui. Il suddetto pecoraio propone l’adozione a distanza dei montoni … ehm … diciamo refrattari, che poi tali non sono perché – e lui dovrebbe saperlo – in un gregge dove ci sono diversi montoni in calore, nell’accoppiamento prevale il maschio più forte, e pertanto gli altri restano a bocca asciutta per necessità e non per scelta. La frociaggine (copyright del papa in carica), evidentemente non c’entra niente e la loro lana è uguale a quella dei montoni eterosessuali. Pertanto, non se la deve avere a male il signor Stücke, se noi assegniamo alla sua iniziativa la valenza di una gigantesca stronzata peraltro offensiva per i veri gay, quelli umani, che sono figli del mondo come tutti noi, non una “specie speciale” da separare dagli altri, da chiudere in un recinto mentale come suggerirebbe l’isolamento dei suoi montoni suppostamente gay e felici.
Confidando che, nel frattempo, intervenga la protezione animali tedesca (alla quale invieremo le nostre modeste riflessioni) a far cessare questa ennesima pagliacciata arcobaleno, magari stigmatizzando l’iniziativa di Stücke che a noi puzza di violenza della natura animale e, visto che siamo in Germania, evoca, seppure capovolta, quella selezione/separazione eugenetica così cara al nazismo.
(Copertina di Donato Tesauro)
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