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Attenzione agli abbagli: la signora Elly Schlein non è Rosa Luxemburg

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Elly Schlein
Nel Pd, accortisi finalmente che l’unica segretaria di un partito e prima capo di un governo nella storia d’Italia sono state espresse dalla Destra, hanno pensato bene di scusarsi per il ritardo eleggendo a segretaria, per la prima volta anch’essi, una donna sconosciuta fino a pochi mesi fa e che si è appena tesserata nel partito che dovrebbe dirigere

– Enzo Ciaraffa –

La vittoria di Elly Schlein alle primarie per l’elezione del segretario del Pd, sul piano emotivo non mi ha coinvolto in modo particolare, anzi come notizia l’avrei addirittura ignorata privilegiandone altre più drammatiche, se non fosse che tale avvenimento ne ricorda un altro riguardante due festival di Sanremo di qualche tempo fa. Oddio, per come è stato concepito e portato avanti in questi anni, il suddetto festival si poteva organizzare anche a Via del Nazareno a Roma, ma non è mia intenzione polemizzare con la cassa di risonanza sanremese del Pd: voglio soltanto fare dei raffronti.

Il 14° festival di Sanremo del 1964 fu vinto da una candida esordiente, Gigliola Cinquetti, con una canzone che avrebbe mandato in estasi perfino Santa Rita da Cascia: “Non ho l’età”. Anche se la strepitosa vendita di dischi toccò, poi, alla bella canzone di un artista escluso dalla finale, Bobby Solo, con una “Una lacrima sul viso”.

L’anno dopo, la giuria della 15° edizione del festival pensò bene di assegnare la vittoria a un’orrenda canzone dello stesso Bobby Solo, dal titolo “Se piangi, se ridi”: fu fin troppo chiaro l’intento di rimediare alla cantonata dell’anno prima, ma la toppa fu peggiore del buco perché la scelta avvenne a discapito di canzoni molto più belle.

Secondo noi, qualcosa del genere è avvenuto dalle parti del PD dove, accortisi finalmente che l’unica segretaria di un partito e prima capo di un governo sono state espresse dalla Destra nella storia d’Italia, hanno pensato bene di scusarsi per il ritardo, eleggendo, per la prima volta anch’essi, una donna a segretario.

È stata la tardiva smarcatura di una casella?

Sembrerebbe proprio di sì, perché – e siamo in molti a pensarlo – la guida del maggior partito della Sinistra in mano a una demagogica massimalista, senza idee in testa che non siano quelle solite di dannare la vita dei ricchi per (non) aiutare i poveri, farà saltare gli equilibri interni al partito e darà inizio alla diaspora dei moderati verso Calenda e Renzi che, a giudicare dai commenti a caldo di alcuni piddini di area cattolica, è già iniziata.

La nostra vignettista Laura Zaroli ritiene, invece, che due signore – Giorgia Meloni ed Elly Schlein – rispettivamente alla guida del governo e del maggior partito di opposizione, potrebbero ritrovarsi paradossalmente alleate nell’intento di ramazzare la vecchia (fallace…) fallocrazia e con essa tutti gli incapaci della prima, seconda e terza repubblica.

Noi, in verità, la vediamo in tutt’altro modo perché da oggi, lungi dal vedere finalmente in circolazione un articolato programma della Sinistra per il governo del Paese che sia alternativo a quello del Centrodestra, assisteremo soltanto a quotidiane lamentanze. Come quelle per i “perversi” istinti di quei politici che avversano il Ddl Zan e i maschietti italiani che non negano di sentirsi tali, alle accuse contro i sionisti israeliani che userebbero violenza a quelle mammolette dei palestinesi, alle ragioni di Putin nel massacrare gli ucraini e alla crescente disaffezione di cittadini che non vogliono diventare ostaggi delle paranoie, dei riti e delle cause assurde di un arretrato ceppo politico, che in Elly Schlein crede di aver trovato la propria Rosa Luxemburg e che, invece, è soltanto la versione femminile di Giuseppe Conte. Infatti, il programma con il quale la neo-segretaria del PD si è presentata agli elettori interni e sul palcoscenico politico nazionale e internazionale è populistico perché promette un sacco di cose senza dire dove trovare i soldi per finanziarle, un programma dannatamente simile a quelli del disinvolto Giuseppi, tanto che qualcuno ha già previsto che, sotto la sua guida, il PD diventerà la sesta stella del partito grillino.

Ecco perché, più che Rosa Luxemburg, temiamo che il PD abbia trovato la sua becchina, che per un’infinità di ragioni non ha nulla a che vedere con la turgida eroina di Cecco Angiolieri.

(La copertina è di Laura Zaroli)

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