Carabinieri: il controllore non può essere peggio del controllato
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Visto che la rapina di Bologna non è stato il primo episodio di devianza tra le fila della Benemerita, dovremmo interrogarci al più presto sul perché un Carabiniere, pressoché sessantenne e con una quarantina d’anni di servizio sulle spalle, ha voluto dare un calcio all’onore, al giuramento prestato e alla reputazione della sua famiglia, nonostante fosse immerso in un contesto ideale e professionale che da due secoli fonda sulla granitica fedeltà allo Stato e alle sue leggi
– Enzo Ciaraffa –
Talvolta nella nostra vita accadono fatti che mettono a dura prova certi convincimenti sulla fede, sugli ideali e sullo spirito di sacrificio portati fino alle estreme conseguenze, e l’istituzione italiana che fino a oggi ha incarnato questi tre sentimenti è stata indubbiamente l’Arma dei Carabinieri, definita anche Benemerita e Fedelissima nel corso di oltre due secoli di vita operativa in pace e in guerra, due aggettivi sulla cui validità in questi giorni si stanno interrogando parecchi italiani.
Io stesso d’altronde, per scrivere questo contributo riguardante l’Arma dei Carabinieri che fanno ancora parte dei nostri miti dell’infanzia, per la prima volta nella mia vita, ho pensato bene di mettere in premessa quella che invece andava in conclusione – il loro glorioso passato – allo scopo di riuscire ad antagonizzare il disgusto e lo sgomento seguiti alla notizia che, lo scorso 3 novembre, un Maresciallo dei Carabinieri in servizio presso la sede della Banca d’Italia di Bologna ha rapinato una farmacia pistola alla mano. E, dopo la rapina, come se niente fosse, è entrato in una pizzeria nella cui toilette si è cambiato d’abito per ritornare tranquillamente al posto di lavoro.
Per fortuna, grazie alle telecamere della zona e al pizzaiolo che l’ha riconosciuto, cotanto Maresciallo è stato arrestato in poco tempo dalla Polizia. Il bottino della rapina era stato di settecento euro e pare che le motivazioni alla base del gesto fossero i debiti accumulati per finanziare vizi e un tenore di vita superiore alle sue possibilità. Ma è stato quando ho appreso dell’età dell’inedito rapinatore che stavo per andare in deliquio: cinquantanove anni! Dunque, quello di Bologna non è stato l’atto inconsulto di un giovane Carabiniere al quale stava stretta la paga dell’Arma per poter continuare a coltivare vizi che, magari, aveva quando era borghese fino a qualche anno prima, ma la deliberata scelta di un Sottufficiale molto anziano che, a spanna, deve avere quarant’anni di servizio alle spalle.
Ed ecco che mi sovviene la prima domanda: visto che la rapina di Bologna non è stato il primo episodio di devianza di appartenenti alla Benemerita, dovremmo interrogarci al più presto sul perché un vecchio Carabiniere ha dato un calcio all’onore, al giuramento prestato, alla reputazione della sua famiglia e forse alla pensione, nonostante operasse in un contesto ideale e professionale che da due secoli fonda sulla granitica fedeltà allo Stato e alle sue leggi. Forse perché non era più sostenuto dall’abnegazione e dalla fierezza che, uniti alla fedeltà e alla solidarietà, facevano del Carabiniere un poliziotto sui generis?
E questo interrogativo innesca la seconda domanda: che cosa sta venendo a mancare all’Arma dei Carabinieri? E qui la risposta è piuttosto facile: sta venendo progressivamente a mancare la gerarchia (qualcuno tra i superiori del “rapinatore” si era mai accorto della sua vita balorda?), sta venendo a mancare la rigida selezione del personale, la scelta uno per uno degli uomini, e oggi anche delle donne, che rendeva unici e incorruttibili i nostri militi del dovere, una selezione che forse l’Arma ancora Benemerita e un Parlamento con dubbie benemerenze dovrebbero riprendere di nuovo in mano se vogliono arruolare a difesa della legalità il meglio della società italiana, quei giovani d’illibatezza personale e familiare dei quali il nostro Paese di certo non difetta del tutto.
Già, l’illibatezza morale di un Parlamento che al momento ha una quarantina di rappresentanti del popolo, tra deputati e senatori, che hanno pendenze con la giustizia.
(Copertina di Donato Tesauro)
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