Il proletario con i calli alle mani e toscanello tra le labbra vive soltanto nella visione tardo-ottocentesca dei nostalgici del comunismo che, alle ultime elezioni, hanno preso una mazziata tale che dovrebbe averli convinti a cambiare mestiere
Poiché figlia del socialismo, la Sinistra è nata con una tara che poi ha trasmesso a tutti i suoi eredi nel tempo: l’utopismo. Ci provò Marx a riportare i suoi adepti a dimensioni più pedestri, come dire ad un “socialismo scientifico” che fosse calato nella realtà sociale dei tempi, ma non vi dovette riuscire visto il successivo proliferare di marxisti, anarchici, trotzkisti, leninisti, comunisti, stalinisti e maoisti. La prima scissione ufficiale nel movimento socialista non poté che avvenire nella terra dei Guelfi e dei Ghibellini: nel gennaio del 1921 la frazione che avversava il riformismo, nel corso del XVII congresso tenuto a Livorno, si scisse dal socialismo, fondando il Partito comunista italiano. E quella non sarebbe stata l’unica scissione perché, nel giro di meno di mezzo secolo, in Italia ve ne furono almeno altre quattro, con il Socialismo democratico, il Socialismo proletario, Sinistra ecologia e libertà e, ultimo arrivato, Liberi e uguali.
Secondo lo storico del comunismo Stéphane Courtois, le diverse interpretazioni del socialismo avrebbero fatto novantacinque milioni di morti in tutto il mondo in meno di un secolo. Per carità, non vogliamo addentrarci nella polemica corrente circa la precisione o meno delle cifre fornite da Courtois ne “Il libro nero del comunismo” e, tuttavia, dobbiamo dire che un imprecisato numero di milioni di vittime ci fu per davvero. Ciò, secondo noi, avvenne perché il socialismo applicato recava in sé i germi della malattia che lo avrebbe ucciso, come dire la trasformazione del proletario che, una volta affrancato dalla fame e dalla miseria, diventava incompatibile con la società collettivista perché ormai portatore di aspirazioni borghesi.
Fatta la tara su personaggi, effetti e diverse conseguenze storiche, la sinistra italiana, inglobata nel Pd, sta commettendo gli stessi errori del passato, laddove – dati i tempi e le tecnologie – avrebbe avuto copiosi elementi di giudizio e di valutazione per capire che ha perso il popolo proletario perché il popolo che essa immagina non esiste più, se non nella visione romantica di alcuni suoi capataz.
Il proletariato oggi è il ceto medio, e non più quello con i calli alle mani e il toscanello tra le labbra che, ormai, sopravvive soltanto nella visione ottocentesca dei vari Grasso, D’Alema, Pisapia, Bersani, Speranza, Fratoianni, Civati e compagnia cantante.
In realtà, l’attuale Pd è diventato un partito di destra che finge di far cose di sinistra per problemi di equilibri interni e per giustificare la sua esistenza in vita, tant’è che il massimo del consenso elettorale lo ha ottenuto quando il suo allora segretario Renzi lo trasformò in un Forza Italia versione rosso pallido, con lo stesso numero d’inquisiti, di corrotti, di voltagabbana e d’incapaci.
Un esempio dell’incapacità della Sinistra di capire i tempi, difatti, è venuto proprio nelle ultime settantadue ore. Mentre ieri il presidente Mattarella stringeva la mano a Di Maio e Salvini, dopo averne firmato la nomina a ministri a mente dell’art. 92 della Costituzione, il Pd inscenava una semi-abortita manifestazione a Milano in difesa della medesima Costituzione e del medesimo presidente Mattarella messi in pericolo, secondo loro, dai due neo ministri che, nel frattempo, facevano la foto ricordo col presidente.
Signori della Sinistra tornate alla realtà e provate a riflettere sul fatto che le critiche da voi mosse al governo appena insediatosi sono pressoché identiche a quelle che muove Berlusconi.
*Nella foto: il XVII Congresso del Partito socialista italiano che si tenne al Teatro Carlo Goldoni di Livorno dal 15 al 21 gennaio 1921