Dopo avere ascoltato le parole di Biden dal Castello Reale di Varsavia, molto probabilmente il presidente ucraino Zelensky ha realizzato che è più conveniente un accettabile compromesso con Putin, che i suoi alleati sa difenderli, piuttosto che continuare a sperare in efficaci aiuti militari che dall’Occidente e dagli Usa non arriveranno mai perché, di là delle belle parole e delle profferte di solidarietà, in Occidente nessuno vuole morire per la libertà dell’Ucraina
– Enzo Ciaraffa –
La democrazia ucraina non è perfetta (non lo è nessuna democrazia al mondo) e, tuttavia, di fronte all’immotivata aggressione della Russia siamo decisamente dalla sua parte e non di quella dell’aggressore, e il perché crediamo sia soverchio tentare di spiegarlo a delle persone in buonafede. Siamo anche a favore della concessione di ogni tipo di aiuto allo sfortunato Paese del presidente Zelensky, non esclusi quelli militari, senza per questo essere militaristi. E allora perché cosa? Perché più sarà alto il prezzo che l’esercito russo pagherà sul terreno degli scontri, maggiori saranno le possibilità di arrivare a un serio tavolo negoziale, anche perché i dittatori come Putin sanno bene che quando intraprendono una guerra poi sono condannati a stravincerla o a farsene bruciare. E siccome egli non può stravincere ormai e neppure intende farsene bruciare, dovrà per forza arrivare a più miti riflessioni.
In ogni caso Putin la guerra con l’Ucraina l’ha già persa a livello di immagine, comunque andrà sul terreno degli scontri, perché a quasi quaranta giorni dall’inizio dell’invasione, il terzo esercito più potente al mondo, non è riuscito neppure ad arrivare a Kiev mentre scriviamo. E, per quanto il nostro non sembri un uomo particolarmente incline alle letture storiche, immaginiamo che egli ricordi la fine che era toccata allo zar (quello vero), agli Asburgo, agli Hohenzollern, a Mussolini e a Hitler allorquando persero quella guerra che loro stessi avevano scatenato. E il solo fatto di non avere stravinto contro un piccolo esercito, composto per metà da volontari civili, per lui è già una rovina. Ragion per cui, di là delle smargiassate balistiche come quella di far lanciare razzi su delle località vicine al confine polacco durante la visita di Biden, l’uomo del Cremlino sa di non poter superare la linea rossa della Nato e, se non lo sa lui, lo sanno benissimo i suoi generali.
Neppure la minaccia nucleare di Putin ci impensierisce più di tanto, perché dalle parti di Mosca v’è la consapevolezza che chiunque schiaccerà il pulsante nucleare, difficilmente ne uscirà vivo assieme a milioni di persone innocenti del suo stesso Paese. Anzi, per quanto paradossale possa sembrare, in questo momento ci fa più paura il presidente americano che non l’esercito russo con tutti i suoi generali, brutali come il loro padrone ma piuttosto scarsi sul terreno. Non fraintendeteci, noi siamo e resteremo filoamericani fino alla fine dei nostri giorni e, tuttavia, sino dal principio non abbiamo avuto una grande considerazione per la banda arcobaleno che, a gennaio dell’anno scorso, ha preso possesso della Casa Bianca dopo aver cacciato Trump, scambiando, peraltro, il “ruolo imperiale” che la storia del Novecento ha assegnato agli Usa per quello di presidente di una qualsiasi Ong italiana. Infatti, nella compagine di Biden v’è di tutto, perfino un esperto nucleare, Sam Brinton, che si definisce una drag queen e si presenta in pubblico acconciato da donna: figuriamoci quanta paura possano, eventualmente, fare a un tipo come Putin le unghie smaltate di costui!
Ma in democrazia è la volontà del popolo sovrano che deve prevalere, anche se soltanto Dio sa perché la maggioranza degli americani abbia scelto un’ottantenne dal passo e dalla mente incerti come comandante in capo, dal momento che in questo preciso momento storico un vecchio non era proprio quello che ci voleva per guidare la prima potenza militare al mondo. Si obietterà che anche Roosevelt era messo fisicamente male eppure vinse la seconda guerra mondiale. Roosevelt, però, aveva alle spalle generali del calibro di Eisenhower, Bradley, Patton e l’inglese Montgomery, mentre adesso non sappiamo neppure chi sia il consigliere militare di Biden.
L’altrieri abbiamo attentamente seguito il discorso del presidente Biden dal Castello Reale di Varsavia e ne siamo rimasti a dir poco sconcertati: era il niente ben confezionato. Conteneva, infatti, un richiamo al papa polacco, Giovanni Paolo II, il ricordo della segretaria di Stato di origine ceca Madeleine Albright, più di un riferimento alla Nato, e un po’ di improperi all’indirizzo di Putin. Tutto qui. E l’Ucraina? Tanta ammirazione e pochi proponimenti concreti. Non è stato un caso il fatto che il giorno dopo il presidente Zelensky abbia fatto ripartire i negoziati con la Russia che si erano interrotti in Turchia: poveretto, deve avere finalmente capito che sulla Nato, sull’Europa e sugli Stati Uniti è inutile continuare a contare, perché di là delle sanzioni economiche e di pochi armamenti non andranno. Anzi, dopo avere ascoltato Biden dal Castello Reale di Varsavia, probabilmente Zelensky ha realizzato che forse è più saggio un accettabile compromesso con Putin (che i suoi alleati sa difenderli) piuttosto che continuare a sperare in aiuti militari mirati che dall’Occidente non arriveranno mai.
In altre parole, prima che militarmente, prima che politicamente, l’Ucraina la stiamo perdendo intellettualmente.
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