Tutto nasce dalla famiglia in crisi

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Pedofilia e prostituzione giovanile, due facce della medesima medaglia: la crisi della famiglia tradizionale che, tra le sue funzioni più importanti, aveva quella di educare i giovani. Le ragioni di una tale crisi sono molte, anche se taluni sociologi la fanno risalire allo sviluppo economico

– La Redazione –

Durante gli ultimi anni, fatti di cronaca riguardanti l’affiorante fenomeno delle baby squillo non è stato, secondo noi, correttamente inquadrato dalla maggior parte degli analisti. Ciò perché non si è riportato il fenomeno alla sua vera dimensione che non è tanto quello d’induzione alla prostituzione quanto di vera e propria pedofilia. Non sapremmo, d’altronde, definire diversamente un rapporto carnale tra un adulto, spesso anche anziano, e un adolescente irresponsabile di 14/15 anni di età.

Prima, però, di addentrarci nello scabroso argomento, cerchiamo d’individuare almeno alcune delle cause che sono alla base di un fenomeno – quello della prostituzione minorile – che credevamo fosse retaggio di Paesi sottosviluppati dei Caraibi e del Sudest Asiatico. Ebbene, una delle indirette cause di questo fenomeno è da ricercarsi nella famiglia, a partire da due domande: come mai le famiglie non si accorgono dei comportamenti adulti-formi dei loro piccoli? Com’è possibile (e perché è possibile) che un adulto possa abusare per mesi, se non per anni, di un bambino o di un’adolescente senza che le loro famiglie se ne accorgano?

L’argomento è sicuramente più che scabroso, ma ciò non esclude che debba essere compreso e risolto, sia sotto l’aspetto fenomenico che legislativo anche perché, ormai, quello della pedofilia è diventato un mostro a più teste.

Intanto dovremmo abbandonare la convinzione che, in generale, il pedofilo sia sempre un uomo di mezza età, disadattato, solo e povero, che attira i bambini nei giardini pubblici con giocattoli o caramelle. In realtà il pedofilo è un uomo benestante, di media età, mediamente istruito, inserito socialmente, spesso sposato e con figli come hanno confermato fatti di cronaca degli ultimi anni e che hanno visto coinvolto anche il consorte di una parlamentare in una sordida storia di prostituzione minorile.

L’aspetto più importante da prendere in esame nell’affrontare il problema è il ruolo della famiglia, non solo per capire le cause delle difficoltà nei rapporti familiari ma

Photo by ian dooley on Unsplash

anche per aiutare i genitori a difendere i loro figli.

Sono casi a rischio i bambini e gli adolescenti con possibilità finanziare ed interessi che non sono della loro fascia di età.

Per colmare la distanza mentale che separa gli adulti dai più piccoli e per diffondere un’autentica cultura dell’infanzia e dell’adolescenza che sia imperniata sulla comprensione, sul rispetto e sull’amore, gli strumenti più efficaci sono costituiti dalla vigilanza, dalla comunicazione e dal dialogo in famiglia. Sì, perché se è giusto prevedere pene più severe per i responsabili dell’orrendo crimine che è la pedofilia, ma anche la prostituzione minorile, è altrettanto giusto che la famiglia dedichi maggiore attenzione ai bambini, agli adolescenti, alle loro frequentazioni personali e sui Social.

A tal proposito, ciò che dovrebbe maggiormente stimolare il dibattito pubblico è l’uso improprio di Internet, che è diventato sì un potente mezzo d’informazione ma anche veicolo di contagio culturale. Pensate, pare che siano stati individuati, in tutto il mondo, più di quarantamila siti informatici pedo-pornografici! In molte aree tali siti sono utilizzati per stabilire contatti con chi opera nel rivoltante settore, finalizzati allo scambio di materiale attinente alla pedofilia e pornografia minorile, oltre che all’organizzazione d’incontri con pedofili o baby squillo.

In realtà, una soluzione standardizzata al problema non esiste, ma sicuramente si può drasticamente ridurlo e assoggettarne i responsabili ai rigori della legge, purché le varie parti sociali si facciano carico del grave fenomeno. Non ci troviamo, infatti, di fronte ad un problema che è solo di chi ne subisce gli effetti traumatizzanti immediati, cioè i bambini e gli adolescenti, o di riflesso i genitori; né riguarda soltanto la Magistratura, gli organi investigativi o la Scuola come mezzo di formazione delle coscienze e d’informazione culturale… non giriamoci più intorno e diciamola tutta: la famiglia è in crisi!

Per capire perché la famiglia sia in crisi, bisogna soffermarsi sulla sua principale funzione che è essenzialmente quella di replicare in formato ridotto la società che la esprime, sia sotto l’aspetto culturale, sia dal punto di vista sociale. Ed è proprio a questo punto che viene fuori il padre di tutti i problemi perché l’individuo di oggi, per dirla alla maniera di Bauman, vive in una società liquida che non ha più strutture ideali a sostenerlo come la nazione, la razza, la religione, il partito politico, il lavoro, il servizio militare, e si preoccupa soltanto del proprio benessere individuale, del suo piacere immediato.

Ciò soprattutto perché è venuto meno il ruolo della famiglia, in cui nascevano i legami duraturi, i desideri, i progetti e le speranze di tutti i suoi membri. Come mai? Perché si è esaurito il ruolo inclusivo della famiglia? Perché dal 1968 a oggi la famiglia ha subito trasformazioni che hanno avuto come conseguenza la degenerazione o l’allentamento dei legami esistenti nel gruppo familiare?

Nell’attuale società sembra non esserci più spazio per la famiglia che, tra le sue funzioni più importanti, aveva quella di educare i giovani. Beninteso che le ragioni di una tale crisi sono molte, anche se taluni sociologi la fanno risalire allo sviluppo economico, nel senso che più sta meglio la società dal punto di vista materiale, e tanto più va in crisi la famiglia tradizionale. Secondo noi questa è tra le disamine più attinenti alla realtà che sono state elaborate negli ultimi anni. E ciò in ragione del fatto che la famiglia tradizionale è diventata un handicap per una società che per sopravvivere a se stessa ma, soprattutto, per sopravvivere alla “dittatura del sistema”, si sta lasciando risucchiare in ritmi produttivi parossistici quanto non disumani o mortali (vedi i morti di cancro all’Ilva di Taranto ed i morti per amianto di Turbigo).

Si capisce che in un microcosmo che corre così velocemente, un figlio sia una palla al piede, ecco perché in Italia il tasso di crescita demografica è, ormai, pressoché uguale a zero. Fino agli inizi del Novecento, alla donna era assegnato ancora il ruolo di prendersi esclusivamente cura dei figli e della casa, e all’uomo quello di procacciatore della sussistenza e di protettore della famiglia. Nella seconda metà di quel secolo scorso, invece, tale sistema di relazione, che durava pressoché immutato dalla preistoria, ha visto via via sfumare i propri contorni a causa dell’industrializzazione oltre che dei movimenti culturali e politici tendenti all’emancipazione femminile, all’ingresso delle donne nel mondo del lavoro e nella politica, in campi considerati fino allora di esclusiva pertinenza degli uomini.

Peraltro, oggi che la famiglia dovrebbe essere creativa e produttiva per sopravvivere in un’organizzazione societaria che ti fa pagare anche l’aria che respiri, sono radicalmente cambiati i ruoli e i campi sia della donna, sia dell’uomo. I cambiamenti partono già dal quotidiano come, ad esempio, dalla suddivisione dei compiti domestici e dall’educazione dei figli, evidenziando un assunto di Milton Erickson, il più importante tra gli psicoterapeuti del Novecento: «Il ruolo del maschio è intrusivo, quello della donna, invece, inclusivo, come dire che nella famiglia l’uomo irrompe e la donne accoglie».

Come abbiamo rilevato, non senza una punta di polemica, in molti incontri avuti con associazioni femminili, la lotta femminista ha troppo insistito sul perseguimento dell’assurdo traguardo di ottenere che le donne fossero come gli uomini, uguali agli uomini. Bisogna individuare, invece, il sistema giusto affinché uomini e donne possano vedersi come sì diversi ma complementari e anche indispensabili alla famiglia, alla vita e alla sua conservazione.

Il guaio è che la parossistica esaltazione del femminile ha messo in crisi il maschio, che non sa più riconoscere il proprio ambito e, in qualunque modo si proponga si sente sotto accusa. Di contro, la donna è partita a testa bassa per riprendersi, nel giro di pochi decenni, tutto lo spazio perso nei millenni precedenti. Per anni le avanguardie femministe hanno svilito la specificità del ruolo femminile e materno alla ricerca di un’impossibile uguaglianza con l’uomo: l’eguaglianza è nei diritti, non nelle specificità connesse al sesso! Per carità, ogni cambiamento interiore degli esseri umani deve provocare una riformulazione dei rapporti con l’altro, però dobbiamo anche considerare che di fronte a donne sicure della propria identità sessuale, della propria appartenenza di genere, della propria dignità, anche gli uomini saranno indotti, a loro volta, a ridefinire criticamente quei valori virili, trasmessi dalla tradizione e spesso drammaticamente intesi e applicati. Ma così saremmo punto e a capo!

E se, invece, impostassimo un dibattito teso alla realistica, equilibrata ma differente incastellatura del rapporto uomo-donna nell’ambito della famiglia moderna?