Tra un Elevato e un Ribassato, quasi quasi è da preferire Renzi

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Dopo sette mesi dalla sua uscita dal governo Conte, domandiamoci con maggior serenità se non sia il caso di fare un monumento a Renzi, se non altro per aver tolto il pallino dalle mani di gente pericolosa, illiberale e incapace, sovrabbondante sia in casa grillina che nel PD. Il collante che fino a gennaio scorso ha tenuto insieme queste due forze politiche è stato il potere nella sua accezione peggiore, perduto il quale, grazie a Renzi, è saltato tutto
– Enzo Ciaraffa –

Devo confessarlo: non ho mai provato trasporto per Matteo Renzi, anzi. Le ragioni di questa pacata antipatia sono tante, ma la più pervasiva era la sua capacità di fare sempre il contrario di ciò che andava promettendo, ed il famigerato “Enrico sta sereno” ne è stato l’esempio più eclatante. Infatti, Enrico [Letta] dopo le rassicurazioni fu da lui fottuto ed esiliato in Francia. Capirete, perciò, con quanto disagio io mi accinga a tessere, oggi, le lodi del senatore di Rignano sull’Arno che negli ultimi mesi, oltre alla solita spregiudicatezza, ha evidenziato anche una bella dose di coraggio politico, come quando ha fatto cadere deliberatamente il governo del quale faceva parte, il Conte Due. E lo ha fatto, si badi bene, con un partito al 3%.

Fatta la tara sulle recondite mire internazionali, come la carica di Segretario Generale della NATO alla quale egli aspirerebbe secondo i ragionamenti un po’ contorti in verità di alcuni analisti, Renzi motivò il ritiro dei suoi due ministri dal governo Conte con concetti che più chiari non potevano essere, anche se la sintesi è mia: « È un incapace, non è stato in grado di far partire la campagna di vaccinazione, men che mai di stilare un decente Recovery Plan per investire i fondi europei».

Ricordiamo tutti che dopo la sua uscita dal governo, il Matteo fiorentino divenne l’uomo più criticato d’Italia in assoluto, soprattutto grazie al martellante, specioso vituperio dei media ammaliati (o foraggiati…) dal governo Conte, dal momento che era sotto gli occhi di tutti il fatto che, tra incapacità di mandare un credibile Recovery Plan a Bruxelles, banchi a rotelle, primule, pattini e cashback, il governo si era praticamente incartato su tutto. Talmente incartato che il numero dei nostri morti per la pandemia è stato tra i più alti al mondo in rapporto al numero degli abitanti.

Sorvolando sull’indecente mercato delle vacche che il duo Conte-Casalino aveva messo in scena per rimanere bullonato a Palazzo Chigi, e facendo finta che il nostro presidente della repubblica abbia agito alla luce del sole per mettere Draghi a capo di un governo di semi-solidarietà nazionale, dopo sette mesi domandiamoci con maggior serenità se non sia il caso di fare un monumento a Renzi, se non altro per aver tolto il pallino dalle mani di gente pericolosa, illiberale e incapace, sovrabbondante sia in casa grillina che nel PD. Il collante che fino a gennaio scorso ha tenuto insieme queste due forze politiche è stato semplicemente il potere nella sua accezione peggiore, perduto il quale, grazie a Renzi, è saltato tutto per aria. Infatti, Zingaretti ha dovuto lasciare la segreteria del PD e Conte, rimandato nel suo studio di avvocato, ha iniziato ad organizzarsi per sfilare il M5S a Grillo. Sennonché il comico genovese, l’ideatore del vaffa come programma politico, se n’è accorto ed ha mandato affanculo a sua volta l’ex presidente del consiglio, e lo ha fatto con dei giudizi che sono stati anche più duri di quelli espressi a suo tempo da Renzi: «… non ha né visione politica, né capacità manageriali». Aprendo così la via della frantumazione ufficiale del Movimento da lui creato assieme a Casaleggio padre. Poi sono intervenuti, in veste di pompieri, negoziatori del calibro di Fico e Luigi Di Maio e, infatti, non è cambiato niente: Grillo non vuole mollare il Movimento e Conte non vuole fare il suo segretario. Ma l’ex avvocato del popolo è un uomo per tutte le stagioni e, perciò, alla fine si piegherà ai diktat dell’Elevato.

Sicché il Movimento Cinque Stelle futuro potrebbe avere un Elevato in Grillo e un Ribassato in Conte. Quanto sarà elevata la figura del comico genovese dopo la fronda di molti dei suoi, di che cosa potrà decidere autonomamente Conte e quali pericoli correrà il governo Draghi, lo vedremo tra pochi giorni.

La iattura per Conte, però, non è Grillo ma, ancora una volta, Renzi. In una sua intervista al “Giornale”, infatti, il senatore di Rignano ha lasciato intendere di essere interessato ad un raggruppamento di Centro con fuoriusciti dal M5S, dal PD, da Forza Italia e magari anche i “responsabili” emersi durante la brutta agonia del governo Conte Due. Il primo segnale di questa svolta, molto probabilmente, Renzi lo darà quando si tratterà di votare in aula il ddl Zan contro l’omotransfobia, anche se un anticipo a riguardo lo ha già dato con una delle sue solite frasi ad effetto: «Mi sento più zen che Zan». Ebbene, se questi proponimenti sono musica per le orecchie di Matteo Salvini e di Giorgia Meloni, di certo costituiscono la marcia funebre per Conte perché lo pongono in una strada senza uscita: in caso di rottura definitiva con Grillo, chi glielo confezionerebbe un partito suo? E con quali fondi? Con quale simbolo? In quale elettorato andrebbe a pescare, stante che la Destra non gli lascia spazi sulle ali, il Centro intende occuparlo Renzi, e la Sinistra è colonizzata dal PD e dai populisti dal M5S? Sicché, comunque andrà, i sogni di gloria di Conte ne usciranno ridimensionati di brutto.

E Grillo nel frattempo cosa farà?

Quello che da un po’ di tempo gli riesce benissimo: finirà di distruggere il suo movimento pentastellato.