Pur non essendo mai stati suoi estimatori, si può tranquillamente avere della riconoscenza per Amadeus – padrùn di Sanremo perché per cinque serate di fila, dopo un rapido collegamento con il teatro Ariston, ci si andava puntualmente a disintossicare con i documentari di quei canali televisivi che si occupano della natura e delle sue creature
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È certamente poco professionale scrivere un articolo parlando in prima persona, ma quando si deve esprimere un giudizio su qualcuno è da preferire. Qual è il giudizio? A me il signor Amedeo Umberto Rita Sebastiani, al secolo Amadeus, come conduttore dell’appena terminato festival di Sanremo non è mai piaciuto, anzi, vi dirò che in quel ruolo mi sta sullo stomaco più di un cavolfiore crudo. I fattori che nel tempo hanno giocato un ruolo importante in questa profonda antipatia nei suoi confronti sono la malcelata politicizzazione, la supponenza, la grossolanità, la furbesca tendenza ad inseguire sempre il peggio delle canzoni e dei personaggi del nostro panorama canoro e sociale, non per migliorare quello che – se ne ricorda qualcuno? – era nato come Festival della canzone italiana, ma per accrescere lo share e la sua “sinistrità” politica, costi quel che costi.
Al mio giudizio negativo non è estraneo neanche il confronto con quei formidabili presentatori radiofonici, televisivi e del festival di Sanremo che furono Nunzio Filogamo, Mike Bongiorno, Corrado Mantoni, Enzo Tortora e Pippo Baudo per citare i più blasonati. Questi, infatti, oltre ad essere degli insuperabili coordinatori della kermesse sanremese, erano anche dei gran signori pieni di cultura, di zelo professionale e soprattutto pieni di stile … lo stile di Amadeus al loro confronto ricorda, invece, il falso principe di Casador interpretato da Totò nella commedia teatrale napoletana “Miseria e nobiltà”.
Nonostante ciò che penso di lui, non mi ha sorpreso apprendere che quello che, ormai, è diventato il festival del signor Amadeus ha realizzato quasi undici milioni di spettatori e il 67,8 di share: egli è potuto diventare il capo guitto di Sanremo proprio perché, purtroppo, lo guardano e lo apprezzano in tanti! Costatarlo certamente mi angustia, ma non mi sorprende. Mi angustia perché questo personaggio senza carisma e senza talento, che ha zompettato sul palco dell’Ariston per cinque serate consecutive, è il condottiero perfetto di quegli italiani (e undici milioni non sono pochi!) che hanno delegato le app dello smartphone ad agire per loro, a ricercare per loro, a studiare per loro, a pensare per loro. Ebbene, questa cospicua fetta di nostri connazionali vive, ormai, in quella soporifera terra di nessuno che ha per opposti confini la negazione e l’estremizzazione della realtà, laddove o non si è più capaci di vedere il male dov’è, o si lancia un’auto a duecento all’ora su strada interna allo scopo di filmare una bravata da mettere sui tik tok.
Provo una gran pena per questi estremisti delle sensazioni, per gli onnivori morali incapaci di fare autocritica, incapaci di provare rimorsi, incapaci di ogni comparazione estetica. Ebbene, non so se essi siano davvero 11 milioni, certo è che il festival di Sanremo appena terminato era fatto apposta per loro che, ormai, si riprendono dal crescente torpore intellettuale una volta ogni tanto, quando l’Amadeus di turno mette loro sotto il naso non i sali profumati dell’arte canora, della cultura e del bello ma il fetore dei loro stessi cadaveri.
E il nostro Amedeo Umberto Rita Sebastiani sarà anche un guitto rifatto come presentatore ma di certo non è un fesso, ha capito benissimo che 11 milioni di italiani costituiscono un’ottima base elettorale dalle parti del Pd e, infatti, già alla prima serata si è dichiarato antifascista e si è messo pure a cantare Bella ciao… una sorta di coming out politico in vista di una candidatura? Si direbbe di sì visto come la sua spalla all’Ariston, Fiorello, ha concluso la serata di sabato sera: «Quest’uomo [Amadeus] ha fatto cose incredibili, sta facendo cose straordinarie, tu hai fatto il 67%: non sei più un partito, sei una coalizione da solo. Questo vince le europee e si prende l’Eurofestival, state attenti».
Ma, per quanto paradossale possa sembrare, ho motivo di essere riconoscente ad Amadeus perché nelle ultime cinque serate, dopo un fugace collegamento con il teatro Ariston, dopo aver dribblato le polemiche tra lui e Giulia Cecchettin (altro personaggio in odore di candidatura a sinistra…), dopo aver commiserato John Travolta mentre si esibiva nel “Ballo del qua qua” e scansato i collaterali talk show, correvo subito a disintossicarmi. Con che cosa? Con i riposanti documentari di quei due o tre canali televisivi che si occupano ancora della natura e delle sue creature. Sicché, a distanza di ventiquattrore, so a malapena che il festival di Sanremo 2024 è stato vinto da una certa Angelina Mango con la canzone dal titolo esemplificativo “La noia”, ma non so quanto abbia esborsato la Rai del nostro canone per pagare il divo Amadeus invece di citarlo in giudizio per danno d’immagine all’Italia, ma di sicuro so tutto sui leoni del Masai Mara e sulle scimmie. No ragazzi, è sleale, non mi mettete le parole in bocca: non alludevo a coloro che si sono esibiti a Sanremo ma alle vere scimmie proboscidate del Borneo.
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